Recitativo
Ismene
Questo è l'amor, Farnace, questa è la fè che mi giurasti? E
quando varco provincie
e regni, e al mar m'affido sol per unirmi teco, di conoscermi appena
tu mostri, ingrato,
ed io schernita amante ti trovo adorator d'altro sembiante?
Farnace
Che vuoi, ch'io dica, o Principessa? È vero che un tempo
t'adorai. Da te lontano
venne l'ardor scemando a poco a poco, si estinse alfin, e a un nuovo
amor diè loco.
Ismene
Anch'io da te lontana vissi finora, e pur...
Farnace
Questi d'amore sono i soliti scherzi, e tu più saggia, senza dolerti tanto de'tradimenti miei, sprezzami infido e consolarti dei.
Ismene
Inver deve assai poco la perdita costar d'un simil bene: ma nata
al soglio Ismene deve
un altro dovere aver presente. Non basta alle mie pari chi le disprezza
il disprezzar.
Richede o riparo o vendetta quell'oltraggio ch'io soffro, e a
Mitridate saprò chiederla
io stessa.
Farnace
Ad iritarlo contro un figlio abborrito poca fatica hai da durar: ma
tanto non sperar,
no che possa il suo rigore da nuova vita ad un estinto amore.
No. 11 Aria
Va, l'eror mio palesa,
e la mia pena affretta,
ma cara la vendetta,
forse ti costerà.
Quando si lieve offesa
punita in me vedrai
tu stessa accuserai
di troppa crudeltà.
[parte]
Ismene
Perfido, ascolta... Ah Mitridate!
Mitridate
In volto abbastanza io ti leggo, o Principessa, ciò che vuoi dir,
ciò che tu brami.
Avrai di Farnace vendetta. Egli del pari te offende e il genitor. Solo
una prova mi basta
ancor de'suoi delittim e poi decisa è la sua sorte, nè esser
figlio il salverà da
morte.
Ismene Parli di morte? Ah Sire.
Mitridate
Vanne, e comincia a scordarti di lui. Più degno sposo forse in
Sifare avrai.
Ismene
Ma quello non sarà , che tanto amai.
Mitridate
Diletta Aspasia, le sventure maggiori saran dolci per me, se pur sventura per te non fosse il mio ritorno. Assai mi son teco spiegato, e il pegno illustre che porti di mia fè, quanto mi devi ti rammenta abbastanza. Oggi nel tempio anche la tua mi si assicuri: Altrove la mia gloria ne chiama, ed io ritorno farò teco alle navi al nuovo giorno.
Aspasia
Signor, tutto tu puoi: chi mi diè vita del tuo voler schiava mi
rese, e sia sol
l'ubbidirti la risposta mia.
Mitridate
Di vittima costretta in guisa adunque meco all'ara verrai.
Barbara, intendo: Tu sdegni
un infelice. Più che non credi io ti comprendo, e vedo che il ver pur
troppo a me fu
detto. Un figlio qui ti seduce e tu l'ascolti, ingrata. Ma di quel
pianto infido poco ei
godrà. Custodi. Sifare a me.
[escono due guardie, ebe ricevuto l'ordine si ritirano]
Aspasia
che far pretendi? Ah Sire. Sifare...
Mitridate
Il so, m'è fido e forse meno arrossirai. se d'un malnato
affetto potesse un figlio
tal esser l' ogetto. Ma che tenti Farnace sin ripirmi la sposa, e che
tu adori un empio
ed un audace, che privo di virtù, senza rossore...(a Sifare, che
giunge] Vieni, o
figlio, è tradito il genitore.
Sifare
Signor, che avvenne?
Mitridate
Amante è il tuo german d'Aspasia , essa di lui. Tu la cui fè
non scuote d'un german
d'una madre il vile esempio, dalle trame d'un empio libera
Mitridate, a quest'ingrata
rammenta il suo dover, dille che tema d'irritar l'ire mie, che amor
sprezzato può
diventar furore in un momento, e che tardo sarebbe il pentimento.
No. 12 Aria
[a Sifare]
Tu, che fedel mi sei,
serbami, oh Dio! quel core:
[a Aspasia]
Tu, ingrata, i sdegni miei
lascia di cimentar.
[parte]
Sifare
Che dirò? Che ascoltai? Numi! e fia vero, che sia di tanto sdegno
sol Farnace cagion,
perchè a te caro?
Aspasia
A me caro Farnace? A Mitridate, che del mio cor non penetrò
l'arcano, perdon un tal
sospetto, non a Sifare, no.
Sifare
Or qual è mai il rival fortunato?
Aspasia
Ancor nol sai? Dubiti ancor? Dì, chi pregai poc'anzi. Perchè
mi fosse scudo contro
un'ingiusta forza? E chi finora senza movermi asdegno di parlarmi
d'amor, dimmi fu
degno?
Sifare
Che intendo! Io dunque sono l'avventuroso reo?
Aspasia
Pur troppo, o Prence , mi seducesti, e mio malgrado ancora sento,
che questo cor sempre
t'adora. Da una legge tiranna costretta io tel celai, ma alfine....
Oh Dei! Che reca
Arbate?
Sifare
Oh momento fatale, che mi fa de'viventi il più felice, e'l
più misero ancor? Che
non tacesti, adorata Regina? Io t'avrei forse con più costanza in
braccio mirata al
genitor.
Aspasia
Deh non cerchiamo d'indebolirici inutilmente. Io tutto ciò, che
m'impone il mio
dover comprendo, ma di tua fede anche una prova attendo.
Sifare
Che puoi bramar?
Aspasia
Dagli occhi miei t'invola, non vedermi mai più.
Sifare
Crudel commando!
Aspasia
Neccesario però. troppo m'è nota la debolezza mia; forse
maggiore di lei non è la
mia virtù: potrebbe nel vederti talor fuggir dal seno un indegno
sospiro, e l'alma poi
verso l'unico e solo suo ben, da cui la vuol divisa il cielo, prender
cosi furtivamente
il volo. Misera qual orrore sarebbe il mio! Quale rimorso! E come
potrei lavar macchia sì
rea giammai se non col sangue mio! Deh se fu pura la fiamma tua, da un
tal cimento, o
caro, libera la mia gloria. Il duro passo ti costa, il so, ma questo
passo, oh quanto
anche a me costerà d'affanno e pianto!
Recitativo accompagnato
Sifare
Non più, regina, oh Dio! non più. Se vuoi Sifare ubbidiente, a
questo segno tenera
tanto ah non mostrarti a lui. Delle sventure altrui, del tuo cordoglio
l'empia cagione io
fui svelandoti il mio cor, portando al soglio del caro genitore
l'insana smania d'un
ingiusto amore. Ah perchè sul mio labbro, o sommi Dei, con fulmine
improvviso annientar
non sapeste i detti miei! Innocente morrei...
Aspasia
Sifare, e dove impeto sconsigliato ti trasporta? Che di più vuoi
da me? Ritorna, oh
Dio! alla ragion, se pur non mi vuoi morta.
Sifare
Ah no; perdon, errai. Ti lascio in seno all'inocenza tua. Da te
m'involo, perchè tu
vuoi così, perchè lo chiede la fede, il dover mio, la pace del tuo
cor... Aspasia,
addio.
No. 13 Aria
Lungi da te mio bene
se vuoi, ch'io porti il piede,
non rammentar le pene
che provi, o cara, in te.
Parto, mia bella , addio,
che se con te più resto
ogni dovere obblio
mi scordo ancor di me.
[si ritira]
Aspasia
Grazie ai Numi partì. Ma tu qual resti, sventurato mio cor! Ah
giacchè fosti di
pronunziar capace la sentenza crudel, siegui l'impresa, che ti
dettò virtù. Scorda un
oggetto per te fatal, rifletti alla tua gloria e assicura cosi la tua
vittoria. Ingannata
ch'io son! Tentar lo posso e tenterò poichè 'l prescrive, ahi
lassa tanto giusto il
dover, quanto inumano;ma lo sperar di conseguirlo è vano.
No. 14 Aria
Nel grave tormento,
che il seno m'opprime,
mancare già sento
la pace del cor.
Al fiero contrasto
resister non basto;
e strazia quest'alma
dovere ed amor.
Recitativo
Mitridate
Qui, dove la vendetta si prepara dell'Asia, o Principessa, meco
seder ti piaccia.
[siedono Mitridate ed Ismene]
Ismene
A' cenni tuoi pronta ubbidisco. Ma Farnace?
Mitridate
Ancora, mercè di tue preghiere, pende indeciso il suo destino. Al
cielo piacesse
almen, ch'oltre un rivale in lui non trovassi un traditor!
Ismene
Che dici!
Mitridate
Forse pur troppo il ver. De' miei nemici ei mendica il favore per
quel che intendo, ed
ha Romano il cuore.
Ismene
Che possa, oh dei! Farnace d'attentato sì vil esser capace?
Mitridate
Tosto lo scorgerò. Vengano Arbate, i figli a me.
E troppo noto a voi Mitridate, per creder, ch'egli possa in ozio vile passar più giorni ed aspettar, che venga qui di nuovo a cercarlo il ferro ostile. Il terribile acciaro, riprendo, o figli.
E da quest'erme arene cinto d'armi, e di gloria l'onor m'affretto a vendicar del soglio, ma non già su Pompeo, sul Campidoglio.
Sifare
Sul Campidoglio?
Farnace
- Oh van consiglio!-
Mitridate
Ah forse cinta da inaccessibili difese Roma credete, o vi spaventa
il lungo disastroso
sentiero? All'Asia non manchi un Mitridate, ed essa il trovi,
Farnace, in te. Sposo ad
Ismene i regni difendi, e i doni suoi: passa l'Eufrate, combatti, e
la sua sette colli
ov'io eretto avrò felicemente il trono di tue vittorie a me poi
giunga il suono.
Farnace
Ahi qual nemico nume si forsennata impresa può dettarti , o
Signor?Ma quanta de'tuoi
regni parte illesa riman! Questa piuttosto sia tua cura a serbar. Se
t'allontani , chi
fido resterà? Chi m'assicura del volubile Parto e come...
Sifare
È giusto che là donde le offese vengono a noi, della vendetta il
peso vada a cader.
Solo ti piaccia a men canuta etade affidarne la cura, e mentre in Asia
la viltà di
Farnace ti costringe a restar, cedi l'onore di trionfar sul tebro al
mio valore.
Farnace
Vana speranza.A Roma siamo indarno nemici. Al tempo, o padre, con
prudenza si serva, e
se ti piace, si accetti, il dirò pur, l'offerta pace.
Mitridate
- Brami, Ismene di più? L'empio già quasi da se stesso si scopre.- E chi di questa è il lieto apportator?
Mitridate
Cieli! Un Roman nel campo? [si alza impetuosamene dal sedere, e
seco si alzano
tutti]
Sifare
Ei con Farnace venne in Ninfea.
Mitridate
Ed io l'ignoro!
Arbate, si disarmi Farnace, e nel profondo della torre maggior, la pena attenda, dovuta a'suoi delitti.
[Arbate si fa consegnare la spada di Farnace]
Marzio
Almen...
Mitridate
Non odio chi un figlio mi sedusse. Onde venisti, temerario, ritorna.
Il tuo supplicio
sopendo sol, perchè narrar tu possa ciò che udisti e vedesti alla
tua Roma.
Marzio
Io partirò; ma tuo malgrado in breve colei, che sordo sprezzi e
m'invia, ritroverà
di farsi udir la via. [parte]
Ismene
Lascia il rossore a chi nel concepir sì reo disegno d'un tanto
genitor si rese
indegno.
No. 15 Aria
Ismene
So quanto a te dispiace
l'error d'un figlio ingrato:
ma pensa alla tua pace,
questa tu dei serbar.
Spettacolo novello
non è, se un arboscello
dal trono donde è nato
si vede tralignar.
[parte seguita da'suoi Parti]
Farnace
Ah, giacchè son tradito, tutto si sveli omai. Per quel sembiante
che fa purtroppo il
mio maggior delitto ad oltraggiarti , o padre, sappi, che non fui solo.
È a te rivale
Sifare ancor, ma più fatal; che dove ripulse io sol trovai, sprezzi e
rigore, e di me
più gradito ottenne amore.
No.16 Aria
Farnace [a Mitridate]
Son reo; l'error confesso;
e degno del tuo sdegno
non chiedo a te pietà.
Ma reo di me peggiore
il tuo rivale è questo.
[accennando Sifare]
Che meritò l'amore
dalla fatal beltà.
Nel mio dolor funesto
gemere ancor tu dei;
ridere a danni miei
Sifare non potrà.
[parte dondotto via da Arbace e dalle guardie reali]
Sifare
E crerderai, Signor...
Mitridate
Saprò fra poco, quanto creder degg'io. Collà in disparte ad
Aspasia, che viene,
celati e taci. Violato il cenno, ambi vi renderà a degni di morte.
Udisti?
Sifare
Udii. - Deh non tradirmi, o sorte.- [si nasconde dietro al
padiglione).
Mitridate
Ecco, lìngrata. Ah seco l'arte s'adopri, e dal suo labbro il
vero con l'inganno si
tragga. Alfin, Regina, torno in me stesso, e con rossor ravviso, che il
volerti mia sposa
al mio stato, ed al tuo troppo disdice. Grave d'anni, infelice,
fuggitivo e rammingo io
più non sono che un ogetto funesto, e tu saresti, congiunta a
Mitridate, sventurata per
sempre. Ingiusto meno egli sia teco, e quando guerra e morte parte a
cercar, con miglior
consiglio per isposo ad Aspasia offra un suo figlio.
Sifare
- Che intesi!-
Aspasia
- Oh ciel!-
Mitridate
Non è Farnace: Invano vorresti unirti a quell'indegno e questa
destra, che tanto amai
per mio tormento, solo a Sifare io cedo.
Sifare
- Oh tradimento!-
Aspasia
Eh lascia di più affliggermi, o Sire. A Mitridate so, che fui
destinata, e so
ch'entrambi siamo in questo momento all'ara attesi. Vieni.
Mitridate
Lo veggo. Aspasia: a mio dispetto vuoi serbar per Farnace tutti gli
affetti del cuore
ingrato. E già l'odio, il disprezzo passò dal padre al figlio
sventurato.
Aspasia
Io sprezzarlo , oh Signor?
Mitridate
Più non m'oppongo. La vergognosa fiamma siegui a nutrir; e
mentre illustre morte in
qualche del mondo angolo estremo vo' col figlio a cercar, col tuo
Farnace tu qui servi ai
Romani. Andiamo , io voglio di tanti tuoi rifiuti vendicarmi sul campo
con darti io stesso
in braccio a un vil ribelle.
Sifare
- Ah, seguisse a tacer, barbare stelle!-
Aspasia
Pria morirò.
Mitridate
Tu fingi invano.
Aspasia
Io, Sire? Mal mi conosci e poichè alfin non credo , che ingannarmi
tu voglia...
Sifare
- Oh incauta!-
Aspasia
Apprendi, che per Farnace mai non s'accese il mio cor, che prima
ancora di meritar l
'onor d'un regio sguardo quel tuo figlio fedel, quello che tanto
perchè simile al
padre, e a te diletto...
Marzio
L'amasti? Ed ei t'amava?
Aspasia
Ah fu l'affetto reciproco, o Signor... Ma che? Nel volto ti cangi
di color?
Mitridate
Sifare
Aspasia
- Oh Dio! Sifare è qui? -
Sifare
[facendosi avanti]
Tutto è perduto.
Aspasia
[a Mitridate]
Io dunque fu tradita, o crudel?
Mitridate
Io solo son finora il tradito. Voi nella reggia, indegni, fra breve
attendo. Ivi la mia
vendetta render pria di partir saprò famosa colla strage de'figli e
della sposa.
No. 17 Aria
Già pietà mi spoglio
anime ingrate, il seno:
per voi già sciolgo il freno,
perfidi al mio furor.
Padre ed amante offeso
voglio vendetta, e voglio
che opprima entrambi il peso
del giusto mio rigor.
[parte]
Aspasia
Sifare, per pietà stringi l'acciaro, e in me de' mali tuoi
punisci di tua man la rea
sorgente.
Sifare
Che dici, anima mia? N'e reo quel fato, che ingiusto mi presegue.
Egli m'ha posto in
ira al padre, ei mio rival lo rese, ed or l'indegna via di penetrar
nell'altrui cor gli
apprese.
Aspasia
Ah se innocente, o caro, mi ti mostra il tuo amor, non lascia almeno
d'esser meco
pietoso. Eccoti il petto, ferisci omai. Di Mitridate , oh Dio, si
prevenga il furor.
Sifare
Col sangue mio, sol che Aspasia lo voglia, tutto si sazierà. Ah
mia Regina, sappiti
consigliare: a compiacerlo renditi pronta, o almen ti fingi: alfine
pensa, ch'egli m'è
padre; a lui giurando eterna fede ascendi il trono, e lascia che nella
sorte sua barbara
tanto sifare non ti costi altro che pianto.
Recitativo accompagnato
Aspasia
Io sposa di quel mostro, in cui spietato amore ci divide per
sempre?
Sifare
E pur poch'anzi non parlavi così.
Aspasia
Tutta non m'era la sua barbaria ancor ben nota. Or come un tale
sposo all'ara potrei
seguir: Come accopiar la destra a una destra potrei tutta fumante del
sangue, aimè, del
trucidato amante? No, Sifare, perdona, io più nol posso e invan mel
chiedi.
Sifare
E vuoi...
Aspasia
Sì, precederti a Dite. A me non manca per valicar quel passo e
coraggio, ed ardir; ma
non l'avrei per mirar del mio ben le angoscie estreme.
Sifare
No, mio bel cor, noi moriremo insieme.
No. 18 Duetto
Sifare
Se viver non degg'io,
se tu morir pur dei,
lascia, bell'idol mio,
ch'io mora almen con te.
Aspasia
Con questi accenti, oh Dio!
cresci gli affanni miei,
troppo tu vuoi, ben mio,
troppo tu chiedi a me.
Sifare
Dunque....
Aspasia
Deh taci.
Sifare
Oh Dei!
Aspasia, Sifare
Ah, che tu sol tu sei.
Che mi dividi il cor.
Barbare stelle ingrate,
ah, m'uccidesse adesso
l'eccesso del dolor!