VITTORIO AMADEO CIGNA-SANTI / WOLFGANG AMADEUS MOZART

Mitridate, Rè di Ponto

ATTO I



Scena I

Piazza di Ninfea, con veduta in lontano dalla porta della città. Sifare con seguito d'uffiziali e soldati, ed Arbace coi Capi de'cittadini, uno de'quali porta sopra un bacile le chiavi della città.

Arbate
Vieni, Signor. Più che le mie parole l'omaggio delle schiere, del popolo il concorso, e la dipinta sul volto di ciascun gioia sincera abbastanza ti spiega in questo giorno quanto esulti Ninfea nel tuo ritorno.

Sifare
Questi di vostra fede contrassegni gradisco. Altri maggiori però ne attesi, e non dovea ricetto qui Farnace trovar.

Arbate
Del regno adunque può già la gelosia render nemico Sifare del german?

Sifare
La bella Greca che del gran Mitridate gli affetti meritò, di questo seno fu pur anche la fiamma, ed è la prima cagion, benchè innocente delle gare fraterne.

Arbate
Oh quanto ti precorse colle brame e coi voti il dolente suo cor!

Sifare
Se il ver mi narri, molto a sperar mi resta, e tutto io spero, se di Roma fra il servo e fra'l nemico osa Arbate appigliarsi al partito miglior.

Arbate
Se l'oso! E puoi dubitarne , o Signor? Quel zelo istesso, che al tuo gran genitore mi strinse, in tuo favore qui tutto impegno, e tu vedrai Farnace, mercè del mio valor, della mia fede, girne altrove a cercar e sposa e sede.

[parte col seguito]

Scena II

Sifare
Se a me s'unisce Arbate, che non posso ottener?

Aspasia
Il tuo soccorso, Signor, vengo a implorar. Afflitta, incerta, vedova pria che sposa al miglior figlio di Mitridate il chiedo. Ah non sia vero, che il sangue che t'unisce al tuo germano d'una infelice al pianto prevalga in questo dì. Barbaro, audace, ingiurioso al padre, egli al mio core ch'è libero, che l'odia , impone amore.

Sifare
Regina, i tuoi timori deh calma per pietà. Finch'io respiro, libero è il tuo voler, e andrà Farnace forza altrove ad usar. Ma chi t'adora, se chiami deliquente, sappi ch'io son di lui meno innocente.

Aspasia
Che ascolto, oh Ciel!

Sifare
Non ti sdegnar: diverso dall'amor del germano di Sifare è l'amor. No, mia conquista, se da lui ti difendo, non diverrai. Ma quando t'avrò resa a te stessa, abborrirai quanto il nemico di difensore? Ed io, per premio di mia fè per compiacerti, risolvere dovrò di non vederti?

Aspasia
Dello stato, in cui sono prence, se sei cortese, tanto non t'abusar.

Sifare
Io non ne abuso, allor che ti defendo senza sperar mercè, quando prometto, bell' Aspasia, ubbidirti, e poi celarmi per sempre agli occhi tuoi.

Aspasia
Forse prometti ciò ch'eseguir non sei capace.

Sifare

E ad onta de'giuramenti miei dunque paventi, ch'io possa teco ancora tiranno divenir?

Aspasia
Contro Farnace chiedo aita, o Signor, dall' empie mani salvami pria:Quest'è il mio voto. Allora d'usarmi iniquia forza d'uopo non ti sarà, perch'io t'accordi di vedermi il piacer, e tu fors'anche meglio conoscerai qual sia quel core, ch'ora ingiusto accusar puoi di rigore.

No. 1 Aria

Al destin, che la minaccia,
togli , oh Dio! quest'alma oppressa,
prima rendimi a me stessa
e poi sdegnati con me.
Come vuoi d'un rischio in faccia,
ch'io risponda a'detti tuoi?
Ah conoscermi tu puoi
E'l mio cor ben sai qual è.

Scena III

Sifare
Qual tumulto nell'alma quel parlar mi destò! Con più di forza rigermogliar vi sento speranze mie quasi perdute. Un novo sprone per voi s'aggiunge oggi alla mia virtù.Tronchinsi ormai le inutili dimore, e la mercede, che prometter mi sembra il caro bene, ah si meriti almen, se non s'ottiene.

No.2. Aria

Soffre il mio cor con pace
una beltà tiranna,
lòrgoglio d'un audace,
no tollerar non sa.
M'affanna, e non mòffende
chi può negarmi amore.
Ma di furor m'accende
chi mio rival si fa.
[parte col suo seguito]

Scena IV

Tempio di venere con ara accesa ed adorna di mirti e di rose. Farnace, Aspasia, soldati di Farnace all'intorno e sacerdoti vicini all'ara.

Farnace
Sin a quando, o Regina, sarai contraria alle mie brame? Ah fuggi, sì fuggi, e meco vieni. Te impaziante attende di Ponto il soglio, e ognun vederti brama sua regina e mia sposa. All' ara innanzi dammi la destra. E mentre con auspizio più lieto s'assicura il diadema alle tue tempia le promesse del padre il figlio adempia.

Aspasia
Per vendicare un padre dai Romani trafitto scettri io non ho, non ho soldati, e solo unico avanzo delle mie fortune mi resta il mio gran cor. Ah, questo almeno serbi la fè dovuta al genitore, nè si vegga la figlia porger la man sacrilega, ed audace all'amico di Roma, al vil Farnace.

Farnace
Quasi deboli pretesti son questi, che t'infingi, e chi ti disse che amico di Roma io son? Sposa or ti voglio. [la piglia a forza per mano] E al mio volere omai contrasti invano.

Aspasia
Sifare, dove sei? [guardando agitata per la scena).

Scena V

Sifare
Ferma , o germano, ed in Aspasia apprendi Sifare a rispettar.

Farnace

[ed Aspasia con resentimento]

Intendo, ingrata, meglio adesso il tuo cor. De' tuoi rifiutti costui fore è cagion. Ei di Farnace e' amante più felice, e men ti spiace.

Sifare

[a Farnace]

Suo difensor qui sono. E chi quel core tiranneggiar pretende di tutto il mio furor degno si rende.

Farnace
Con tanto fasto in Colco a favellar sen vada Sifare a' suoi vassalli.

Sifare

In Colco e in questa Reggia così posso parlar.

Farnace Potresti qui pur le mie mani versar l'alma col sangue.

Sifare

[vuol mettere mano alla spada e cosi pure Farnace]

A tanto ardire cosi rispondo.

Aspasia

[trattenendo i due fratelli]

Ah no, fermate.

Scena VI

All'ire freno, Principi, olà. D' armate prore già tutto imgombro il mar, e Mitridate di se stesso a recar più certo avviso al porto di Ninfea viene improvviso.

Sifare
Il Padre!

Farnace
Mitridate!

Arbate
A me foriero ne fu rapido legno Ah si deponga ogni gara fra voi, cessi ogni lite, e meco il padre ad onorar venite.

No.3 Aria

L'odio nel cor frenate,
torni fra voi la pace,
un padre paventate,
che perdonar non sa.
S'oggi il franterno amore
cessa in entrambi e tace,
dal giusto suo rigore,
che vi difenderà?
[parte]

Scena VII

Farnace
Principe, che facemmo?

Sifare

Io nel mio core rimproveri non sento.

Aspasia
Oh ritorno fatal! Sifare, addio.-

No. 4 Aria

Nel sen mi palpita dolente il core;
mi chiama al piangere il mio dolore;
non so resistere, non so restar.
Ma se di lagrime umido ho il ciglio,
è solo, credimi, il tuo periglio
la cagion barbara del mio penar.
[parte , e si ritirano pure i sacerdoti]

Scena VIII

Farnace
Un tale addio, germano, si spiega assai: ma il tempo altro esige da noi. Ritorna il padre, quanto infelice più, tanto più fiero, pensaci: in tuo favore tu pronte hai le tue schiere, a me non manca un altro braccio. Il nostro perdono si assicuri, a luli lìngresso della città si chiuda, e giuste ei dia le leggi, o si deluda.

Sifare
Nota a me stesso io aon, noto abbastanza m'è il genitor: ma quando ritorna Mitridate più non so che ubbidir.

Farnace

Adesso almeno cautamente si celi il segreto comun, nè sia tradito dal germano il german.

Sifare
Saprò geloso anche con mio periglio fido german serbami, e fido figlio.

No.5

Parto: Nel gran cimento
sarò germano e figlio;
eguale al tuo periglio
la sorte mia sarà.
T'adopra a tuo talento;
nè in me mancar gia mai
vedrai la fedeltà.
[parte coi suoi solati]

Scena IX

Farnace
Eccovi in un momento sconvolti i miei disegni.

Marzio
A un vil timore Farnace ancor non s'abbandoni.

Farnace
E quale speranza a me più resta, se nemica fortuna sul capo mio tutto il suo sdegno aduna?

Marzio
Maggior d'ogg'altro fato e'il gran fato di Roma, e pria che sorga nel ciel novella aurora, ne avrai più certe prove.

Farnace
Alla tua fede mi raccomando, amico: il mio periglio tu stesso vedi. In mia difesa ah tosto movan l'aquile altere, a cui precorre la vittoria e il teror. Poi quando ancora sia di Roma maggior l'empio mio fato, ah si mora bensì, ma vendicato.

No.6 Aria

Venga pur, minacci e frema
l'implacabil genitore,
al suo sdegno , al suo furore
questo cor non cederà.
Roma in me rispetti e tema
men feroce e men severo,
più barbaro, o più fiero
l'ira sua mi renderà.
[parte con Marzio seguito da suoi soldati]

Scena X

Porto di mare, con due flotte nacorate in siti oppositi del canale. Da una parte vedutza della città di Ninfea. Si viene accostando al suono di lieta sinfonia un altra squadra di vascelli, dal maggior de'quali sbarcano Mitridate ed Ismene, quegli seguito dalla guardia reale, e questa da una schiera di Parti. Arbate con seguito gli accoglie sul lido. Si prosiegue poi di mano in mano lo sbarco delle soldatesche; le quali si vanno disponendo in bella ordinanza sulla spiaggia.

No.7 Marcia

No.8 Cavata

Mitridate
Se di lauri il crine adorno
fide spiaggie, a voi non torno.
Tinto almen non porto il volto
di vergogna e di rossor.
Anche vinto e anche oppresso
io mi serbo ognor l'istesso
e vi reco in petto accolto
sempre eguale il mio gran cor.

Recitativo:

Mitridate
Tu mi rivedi, Arbate, ma quel più non rivedi felice Mitridate, a cui Roma lungamente fu dato bilanciare il destin. Tutti ha dispersi d'otto lustri i sudor sola una notte a Pompeo fortunata, a me fatale.

Ismene
Il rammentar che vale, Signor , una sventura per cui la gloria tua nulla s'oscura? Tregua i pensier funesti su quest'amico lido per breve spazio almeno abbian da noi. Dove son, Mitridate, i figli tuoi?

Arbate
Dalla Reggia vicina ecco gli affretta al piè del genitore il rispetto e l'amore.

Scena XI

Sifare
Su la temuta destra mentre l'un figlio e l'altro un bacio imprime tutti i sensi del cor, padre t'esprime.

Mitridate
Principi, qual consiglio in sì grand'uopo, e la Colchide e il Ponto, che al tuo valor commisi e alla tua fede, vi fece abandonar?

Farnace

Lìnfausto grido della tua morte l'un dell'altro ingaro quà ne trasse, o Signor. Noi fornunati, che nel renderci rei del trascredito cenno il bel contento abbiam di riveder salvo chi tanto stato è finora e sospirato e pianto!

Ismene
Perchè fra i suoi contenti dissimula Farnace quello, che prova in riveder la figlia del Partico Monarca?

Farnace
Oh rimprovero acerbo!

Mitridate
Entrambi, o figli, men giudice, che padre voi qui mi ritrovate. Il primo intanto l'imprudente trascorso ad emendar tu sii, farnace. Ismene, che amasti, il so, viene tua sposa: in lei Mitridate al combattuto soglio ravvisa un nuovo appoggio: al nodo eccelso, ch'io stesso ricercai, l'alma prepara, e di tal sorte a farti degno impara.

Farnace
Signor...

Mitridate
Ai regi tetti dove in breve io ti seguo , o Principessa, e Sifare e Farnace, scorgano i passi tuoi. Meco soltanto rimanga Arbate.

Ismene
Io ti precedo , o Sire, ma porto nel seno un segreto timor, che mi predice quanto poco il mio cor sarà felice.

No. 9 Aria

In faccia all'ogetto,
che m'arde d'amore,
dovrei sol diletto
sentirmi nel core.
Ma sento un tormento,
che intender non so.
Qual labbro che tace,
quel torbido ciglio
la cara mia pace
già mette in periglio,
già dice che solo
penare dovrò.
[parte ed entral nella città con Sifare e Farnace, seguita dai Parti]

Scena XII

Recitativo

Mitridate
Teme Ismene a ragion: ma più di lei teme il mio cor. Sappilo, Arbate, io stesso dopo il fatal conflitto la fama di mia morte confermar tra voi feci acciò che poi nel giungere improvviso non fossero gli oltraggi a me celati, che soffro, oh Dio, da due miei figli ingrati.

Arbate
Da due tuoi figli?

Mitridate
Ascolta; in mezzo all'ira Sifare da Farnace giusto è ben ch'io distingua. Ma qui che si facea? Forse hanno entrambi preteso amor della Regina. A quale di lor sembra che Aspasia dia più facile l'orecchio? Io stesso a lei in quale aspetto ho da mostrarmi? Ah parlae quanto mai vedesti e quanto sai? Fa, che sia noto a Mitridate ormai?

Arbate
Signor, Farnace appena entrò nella città che impaziente corse a parlar d'amore alla Regina, a lei di Ponto il trono colla destra di sposo offrendo in dono.

Mitridate
Empio! Senza lasciarle tempo a spargere almeno le lagrime dovute al cener mio!

E Sifare?

Arbate

Finora segno d'amore in lui non vidi. E sembra, che degno figlio di Mitridate ei volga sol di guerra pensieri e di vendetta.

Mitridate
Ma pure quale a Ninfea disegno l 'afrettò?

Arbate
Quel di serbasi colla forza dell'armi, e col coraggio ciò che parte ei credea del suo retaggio.

Mitridate
Ah questo è il minor premio che un figlio tal propor si deve. A lui vanne, Arbate, e lo accerta del paterno amor mio. Farnace intanto cautamente si osservi.

Arbate
Il real cenno io volo ubbidiente ad eseguir.- Che mai rivolge in mente!-

[parte]

Scena XIII

Mitridate, guardie reali ed esercito schierato

Recitativo accompagnato

Mitridate
Respira alfin, respira, o cor di Mitridate. Il più crudele de'tuoi timori ecco svanì. Quel figlio si caro a te fido ritrovi, e in lui non vedrai costretto a punire un rival troppo diletto. M'offenda pur Farnace: egli non offre al mio furor geloso che un odiato figlio a me nemico a de'Romani ammiratore antico. Ah se ma l'ama Aspasia, se un afetto ei mi toglie a me dovuto, non speri traditor da me perdono: per lui mi scordo già che padre io sono.

No. 10 Aria

Quel ribelle e quell'ingrato
vuò che al piè mi cada esangue,
e saprò nel empio sangue
più d'un fallo vendicar.



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Monday, 08-Dec-2003 21:36:11 PST