Last updated: Aug. 21, 1997
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Attila

Prologo | Atto Primo | Atto Secondo | Atto Terzo


Setting: Campo d'Ezio. Scorgesi in lontananza la grande città dei sette colli. Ezio solo. Egli esce tenendo in mano un papiro spiegato e mostrando dispetto.


EZIO
"Tregua è cogl'Unni. A Roma,
Ezio, tosto ritorna . . . a te l'impone
Valentinian."
L'impone! . . . e in cotal modo,
Coronato fanciul, me tu richiami? . . .
Ovver, più che del barbaro le mie
Schiere paventi! . . . Un prode
Guerrier canuto piegherà mai sempre
Dinanzi a imbelle, a concubino servo?
Ben io verrò . . . Ma qual s'addice al forte,
Il cui poter supremo
La patria leverà da tanto estremo!

Dagli immortali vertici
Belli di gloria, un giorno,
L'ombre degli avi, ah, sorgano
Solo un istante intorno!
Di là vittrice l'aquila
Per l'orbe il vol spiegò . . .
Roma nel vil cadavere
Chi ravvisare or può?
Chi vien?

[ Preceduto da alcuni soldati romani presentasi uno stuolo di schiavi di Attila. ]

CORO
Salute ad Ezio
Attila invia per noi.
Brama che a lui convengano
Ezio, ed i primi suoi.
EZIO
Ite! Noi tosto al campo
Verrem.

[ Tra gli schiavi che partono uno è rimasto. Egli è Foresto. ]

EZIO
Che brami tu?

FORESTO
Ezio, al comune scampo
Manca la tua virtù.

EZIO [ sorpreso ]
Che intendi? Oh, chi tu sei?

FORESTO
Ora saperlo è vano;
Il barbaro profano
Oggi vedrai morir.

EZIO
Che narri?

FORESTO
Allor tu dêi
L'opera mia compir.

EZIO
Come?

FORESTO
Ad un cenno pronte
Stian le romane schiere;
Quando vedrai dal monte
Un fuoco lampeggiar,
Prorompano, qual fiere,
Sullo smarrito branco!
Or va . . .

EZIO
Di te non manco;
Saprò vedere, e oprar.

[ Foresto parte rapidamente. ]

EZIO
È gettata la mia sorte,
Pronto sono ad ogni guerra;
S'io cadrò da forte,
E il mio nome resterà.
Non vedrò l'amata terra
Svenir lenta e farsi a brano.
Sopra l'ultimo romano
Tutta Italia piangerà.


Scena II

Setting: Campo d'Attila come nell'atto primo, apprestato a solenne convito. La notte è vivamente rischiarata da cento fiamme che irrompono da grossi tronchi di quercia preparati all'uopo. Unni, Ostrogoti, Eruli, ecc. Mentre i guerrieri cantano, Attila, seguito dai Druidi, dalle sacerdotesse, dai duci e ré, va ad assidersi al suo d'Amazzone.



CORO
Del ciel l'immensa vôlta,
Terra, ai nemici tolta,
Ed aer che fiammeggia
Son d'Attila la reggia.
La gioia delle conche
Or si diffonda intorno;
Di membra e teste tronche
Godremo al nuovo giorno!

[ Uno squillo di tromba annuncia l'arrivo degli ufficiali romani preceduti da Uldino. Entrano Ezio col seguito. Uldino, Foresto, che nuovamente in abito guerriero si frammischia alla moltitudine. ]

ATTILA [ alzandosi ]
Ezio, ben vieni! Della tregua nostra
Fia suggello il convito.

EZIO
Attila, grande
In guerra sei, più generoso ancora
Con ospite nemico.

[ Alcuni Druidi, avvicinandosi ad Attila, gli dicono sottovoce. ]

DRUIDI
O ré, fatale
È seder collo stranio.

ATTILA
E che?

DRUIDI
Nel cielo
Vedi adunarsi i nembi
Di sangue tinti . . . Di sinistri augelli
Misto all'infausto grido
Dalle montagne urlò lo spirito infido!

ATTILA
Via, profeti del mal!

DRUIDI
Wodan ti guardi.

ATTILA [ alle sacerdotesse ]
Sacre figlie degli Unni,
Percuotete le cetre, e si diffonda
Delle mie feste la canzon gioconda.

[ Tutti si assidono. Le sacerdotesse, schieratesi nel mezzo, alzano il seguente canto: ]

SACERDOTESSE
Chi dona luce al cor? . . . Di stella alcuna
Dal cielo il vago tremolar non pende;
Non raggio amico di ridente luna
Alla percossa fantasia risplende . . .
Ma fischia il vento, rumoreggia il tuono,
Sol dan le corde della tromba il suono.

[ In quel mentre un improvviso e rapido soffio procelloso spegne gran parte delle fiamme. Tutti si alzano per natural moto di terrore. Silenzio e tristezza generale. Foresto è corso ad Odabella. Ezio s'è avvicinato ad Attila. ]

TUTTI
Ah!

CORO
(Lo spirto de' monti
Ne rugge alle fronti,
Le quercie fumanti
Sua mano coprì . . .
Terrore, mistero
Sull'anima ha impero . . .
Stuol d'ombre vaganti
Nel buio apparì.)

EZIO [ ad Attila ]
Rammenta i miei patti:
Con Ezio combatti;
Del vecchio guerriero
La mano non sprezzar.
Dedici. Fra poco
Non fora più loco.
(Del barbaro altiero
Già l'astro dispar.)

FORESTO [ ad Odabella ]
O sposa, t'allieta,
È giunta la meta;
Dei padri lo scempio
Vendetta otterrà.
La tazza là mira
Ministra dell'ira,
Al labbro dell'empio,
Uldin l'offrirà.

ODABELLA [ fra sè ]
(Vendetta avrem noi
Per mano de' suoi? . . .
Non fia ch'egli cada
Pel lor tradir.
Nel giorno segnato,
A Dio l'ho giurato,
È questa la spada.
Che il deve colpir.)

ATTILA [ ad Ezio ]
M'irriti, o Romano . . .
Sorprendermi è vano:
O credi che il vento
M'infonda terror?
Nei nembi e tempeste
S'allietan mie feste . . .
(Oh rabia; non sento
Più d'Attila il cor!)

ULDINO [ fra sè ]
(Dell'ora funesta
L'istante s'appresta . . .
Uldin, paventi?
Breton non sei tu?
O il cor più non t'ange
La patria che piange?
La rea servitù?)

[ Il cielo si rasserena. ]

TUTTI
L'orrenda procella
Qual lampo sparì.
Di calma novella
Il ciel si vestì.

ATTILA [ riscuotendosi ]
Si riaccendan le quercie d'intorno,

[ Gli schiavi eseguiscono il cenno. ]

Si rannodi la danza ed il giuoco . . .
Sia per tutti festivo tal giorno,
Porgi, Uldino, la conca ospital.

FORESTO [ piano ad Odabella ]
Perchè tremi? S'imbianca il tuo volto.

ATTILA [ ricevendo la tazza da Uldino ]
Libo a te, gran Wodano, che invoco!

ODABELLA [ trattenendolo ]
Ré, ti ferma! . . . è veleno! . . .

CORO
Che ascolto!

ATTILA [ furibondo ]
Chi 'l temprava?

ODABELLA
(Oh momento fatal!)

FORESTO [ avanzandosi con fermezza ]
Io.

ATTILA [ avanzandosi con fermezza ]
Foresto.

FORESTO
Sì, quel che un giorno
La corona strappò dal tuo crine . . .

ATTILA [ traendo la spada ]
Ah! In mia mano caduto se' alfine,
Ben io l'alma dal sen ti trarrò.

FORESTO [ con scherno ]
Or t'è lieve . . .

ATTILA [ fermandosi a tali parole ]
Oh, mia rabbia! Oh, mio scorno!

ODABELLA
Ré, la preda niun toglier mi può.
Io t'ho salvo . . . il delitto svelai . . .
Da me sol fia punito l'indegno.

ATTILA [ compiacendosi del fiero atto ]
Io tel dono! Ma premio più degno,
Mia fedele, riserbasi a te:
Tu doman salutata verrai
Dalle genti qual sposa del ré.
Oh, miei prodi! Un solo giorno
Chiedo a voi di gioia e canto;
Tuonerà di nuovo intorno
Poscia il vindice flagel.
Ezio, in Roma annuncia intanto
Ch'io de' sogni ho rotto il vel.

ODABELLA [ a Foresto ]
Frena l'ira che t'inganna;
Fuggi, salvati, o fratello.
Me disprezza, me condanna,
Di' che vile, infame io son . . .
Ma deh, fuggi . . . Al dì novello
Avrò tutto il tuo perdon.

FORESTO [ ad Odabella ]
Parto, sì per viver solo
Fino al dì della vendetta;
Ma qual pena, ma qual duolo
A tua colpa si può dar? . . .
Del rimorso che t'aspetta
Duri eterno il flagellar.

EZIO
(Chi l'arcan svelar potea?
Chi fidarlo a core amante?
Va, ti pasci, va, ti bea,
Fatal uom, di voluttà.
Ma doman su te festante
Ezio in armi piomberà.)

ULDINO
(Io gelar m'intesi il sangue . . .
Chi tradir poteane omai?
Me dal fulmine, dall'angue,
Tu salvasti, o pro' guerrier . . .
Ah generoso! E tu m'avrai
Sempre fido al tuo voler.)

CORO
Oh ré possente, il cor riscuoti . . .
Torna al sangue, torna al fuoco!
Su, punisci, su, percuoti
Questo stuolo di traditor!
Non più scherno, non più giuoco
Noi sarem de' numi lor.

Fine dell'atto secondo.


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Libretto input by Stephen L. Parker
15th August 1997