Last updated: Aug. 21, 1997
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Attila

Prologo | Atto Primo | Atto Secondo | Atto Terzo


Setting: Piazza di Aquileia. La notte, vicina al termine, è rischiarata da una grande quantità di torce. Tutto all'intorno è un miserando cumulo di rovine. Qua e là vedesi ancora tratto tratto sollevarsi qualche fiamma, residuo di un orribile incendio di quattro giorni. La scena è ingombra di Unni, Eruli, Ostrogoti, ecc.


CORO
Urli, rapine,
Gemiti, sangue, stupri, rovine,
E stragi e fuoco
D'Attila è gioco.
O lauta mensa,
Che a noi sì ricco suol dispensa!
Wodan non falla,
Ecco il Valhalla! . . .
T'apri agli eroi . . .
Terra beata, tu se' per noi.
Attila viva;
Ei la scopriva!
Il ré s'avanza,
Wodan lo cinge di sua possanza.

[ Tutti si prostrano. ]

Eccoci a terra,
Dio della guerra!

[ Attila viene condotto sopra un carro tirato dagli schiavi, duci, ré, ecc. ]

ATTILA [ scende dal carro ]
Eroi, levatevi! Stia nella polvere
Chi vinto muor.
Qui! . . . circondatemi; l'inno diffondasi
Del vincitor.
I figli d'Attila vengono e vincono
A un colpo sol.
Non è sì rapido solco di fulmine,
D'aquila il vol.

[ Va a sedersi sopra un trono di lance e scudi. ]

CORO
Viva il ré delle mille foreste,
Di Wodano ministro e profeta;
La sua spada è sangiugna cometa,
La sua voce è di cielo tuonar.
Nel fragore di cento tempeste
Vien lanciando dagl'occhi battaglia;
Contro i chiovi dell'aspra sua maglia
Come in rupe si frangon gli acciar.

[ Entrano Udino, Odabella, e Vergini d'Aquileia. ]

ATTILA [ scendendo dal trono ]
Di vergini straniere,
Oh, quale stuol vegg'io?
Contro il diveto mio
Che di salvarle osò?

ULDINO
Al ré degno tributo ei mi sembrò.
Mirabili guerriere
Difesero i fratelli . . .

ATTILA
Che sento? A donne imbelli
Chi mai spirò valor?

ODABELLA [ con energia ]
Santo di patria indefinito amor!

Allor che i forti corrono
Come leoni al brando
Stan le tue donne, o barbaro,
Sui carri lagrimando.
Ma noi, donne italiche,
Cinte di ferro il seno,
Sul fumido terreno
Sempre vedrai pugnar.

ATTILA
Bella è quell'ira, o vergine,
Nel scintallante sguardo;
Attila i prodi venera,
Abbomina il codardo . . .
O valorosa, chiedimi
Grazia che più ti aggrada.

ODABELLA
Fammi ridar la spada!
ATTILA
La mia ti cingi! . . .

ODABELLA
(Oh acciar!)
Da te questo or m'è concesso,
O giustizia alta, divina!
L'odio armasti dell'oppresso
Coll'acciar dell'oppressor.
Empia lama, l'indovina
Per qual petto è tua punta?
Di vendetta l'ora è giunta . . .
Fu segnata dal Signor.

ATTILA
(Qual nell'alma, che struggere anela,
Nuovo senso discende improvviso? . . .
Quell'ardire, quel nobile viso
Dolcemente mi fiedono il cor!)

CORO
Viva il ré che alle terra rivela
Di quai raggi Wodano il circonda!
Se flagella è torrente che innonda;
È rugiada se premia il valor.

[ Odabella e donne partono. ]

ATTILA
Uldino, a me dinanzi
L'inviato di Roma ora si guidi . . .

[ Uldino parte ]

Frenatevi, miei fidi,
Udir si dee, ma in Campidoglio poi
Riposta avrà da noi.

[ Entrano Ezio ed ufficiali romani. ]

EZIO
Attila!

ATTILA
Oh, il nobil messo!
Ezio! Tu qui? Fia vero!
Ravvisi ognuno in esso
L'altissimo guerriero
Degno nemico d'Atilla,
Scudo di Roma e vanto . . .

EZIO
Attila, a te soltanto
Ora chied'io parlar.

ATTILA
Ite!

[ Il coro parte. ]

ATTILA
La destra porgimi . . .
Non già di pace spero
Tuoi detti . . .

EZIO
L'orbe intero
Ezio in tua man vuol dar.

Tardo per gli anni, e tremulo,
È il regnator d'Oriente;
Siede un imbelle giovine
Sul trono d'Occidente;
Tutto sarà disperso
Quand'io mi unisca a te . . .
Avrai tu l'universo,
Resti l'Italia a me.

ATTILA [ severo ]
Dove l'eroe più valido
È traditor, spergiuro,
Ivi perduto è il popolo,
E l'aer stesso impuro;
Ivi impotente è Dio,
Ivi è codardo il ré . . .
Là col flagello mio
Rechi Wodan la fè!

EZIO [ rimettendosi ]
Ma se fraterno vincolo
Stringer non vuoi tu meco,
Ezio ritorna ad essere
Di Roma ambasciator.
Dell'imperante Cesare
Ora il voler ti reco . . .
ATTILA
È van! Chi frena or l'impeto
Del nembo struggitor?
Vanitosi! Che abbietti e dormenti
Pur del mondo tenete la possa,
Sovra monti di polvere e d'ossa
Il mio baldo cosier volerà.
Spanderò la rea cenere ai venti
Delle vostre superbe città.

EZIO
Fin che d'Ezio rimane la spada,
Starà saldo il gran nome romano:
Di Châlons lo provasti sul piano
Quando a fuga t'aperse il sentier.
Tu conduci l'eguale masnada,
Io comando gli stessi guerrier.

[ Partono entrambi da opposte parti. ]


Scena II

Setting: Rio-Alto nelle Lagune Adriatiche. Qua e là sopra palafitte sorgono alcune capanne, comunicanti fra loro per le lunghe asse sorrette da barche. Sul davanti sorge in simile giusa un altare di sassi dedicato a San Giacomo. Più in là scorgesi una capanna appesa ad un casotto do legno, che fu poi il campanile di San Giacomo. Le tenebre vanno diradandosi fra le nubi tempestose: quindi a poco a poco una rosea luce, sino a che (sul finir della scena) is subito raggio del sole innondando per tutto, riabbella il firmamento del più sereno e limpido azzurro. Il tocco lento della campana saluta il mattino.

Alcuni Eremiti escono dalle capanne e s'avviano all'altare.



CORO di EREMITI
Qual notte!
Ancor fremono l'onde al fiero
Turbo, che Dio d'un soffio suscitò.
Lode al Signor! Lode al Signor! L'altero
Elemento Ei sconvolse ed acquetò.
Sia torbida o tranquilla la natura,
D'eterna pace Ei nutre i nostri cor.

L'alito del mattin già l'aure appura.
Preghiam! Preghiam!
Lode al Creator!

VOCI INTERNE
Lode al Creatore!

[ Dalle navicelle, che approdano a poco a poco, escono Foresto, donne, uomini e fanciulli d'Aquieliea. ]

er1 Quai voci! Oh, tutto
Di navicelle coperto è il flutto! . . .
Son d'Aquileia. Certo al furor
Scampan dell'Unno.

POPOLO d'AQUILEIA
Lode al Creator!

FORESTO
Qui, qui sostiamo! Propizio augurio
N'è questa croce, n'è quest'altar.
Ognun d'intorno levi un tugurio
Fra quest'incanto di cielo e mar.

POPOLO d'AQUILEIA
Lode a Foresto! Tu duce nostro,
Scudo e salvezza n'eri tu sol . . .

FORESTO
Oh! Ma Odabella! . . . Preda è del mostro,
Serbata al pianto, serbata al duol.

Ella in poter del barbaro!
Fra le sue schaive avvinta!
Ahi, che men crudo all'anima
Fora il saperti estinta!
Io ti vedrei fra gli angeli
Almen ne' sogni allora,
E invocherei l'aurora
Dell'immortal mio dì.

POPOLO d'AQUILEIA
Spera! L'ardita vergine
Forse al crudel sfuggì.

CORO
Cessato alfine il turbine,
Più il sole brillerà.

FORESTO
Sì, ma il sospir dell'esule
Sempre la patria avrà.

Cara patria, già madre e reina
Di possenti magnanimi figli,
Or macerie, deserto, ruina,
Su cui regna silenzio e squallor;
Ma dall'alghe di questi marosi,
Qual risorta fenice novella,
Rivivrai più superba, più bella
Della terra, dell'onde stupor!

CORO
Dall'alghe di questi marosi,
Qual risorta fenice novella,
Rivivrai più superba, più bella
Della terra, dell'onde stupor!

Fine dell'prologo.


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Libretto input by Stephen L. Parker
14th August 1997