La scena, da principio vuota, va riempiendosì di popolo e maschere, che entrano da varie parti, s'incontrano, si riconoscono, passeggiano. Tutto è gioia.
CORO I
CORO II
CORO I
TUTTI
CORO I
CORO II
TUTTI
[ Entrano Loredano e Barabrigo mascherati, a parte. ]
BARBARIGO
LOREDANO
CORO
Tace il vento, è queta l'onda;
[ Escono dal palazzo ducale due trombettieri seguiti dal Messer Grande. I trombettieri suonano,
ed il poplo si ritira. Anche le gondole scompariscono dal canale, ov'è una galera, su cui
sventola il vessillo di San Marco. ]
POPOLO [ udite le trombe. ]
BARBARIGO
LOREDANO
[ Sbarca dalla galera il Sopracomito, a cui il Messer Grande consegna un foglio. Dal ducale
palazzo poi esce lentamente fra i custodi Jacopo Foscari, seguito da Lucrezia e dalla Pisana.
]
JACOPO
LUCREZIA
JACOPO
LUCREZIA
JACOPO
LUCREZIA
JACOPO
LOREDANO [ imperiosamente al Messer Grande ]
JACOPO e LUCREZIA
LOREDANO [ levandosi per un istante la maschera. ]
JACOPO
JACOPO e LUCREZIA
JACOPO
PISANA, BARBARIGO e CORO
LOREDANO
[ Jacopo, scortato dal Sopracomito e dai custodi, sale sulla galera. Lucrezia sviene tra le braccia
della Pisana; Loredano entra nel palazzo ducale; Barbarigo s'avvia per altra strada; il popolo si
disperde. ]
I Due Foscari
Atto
Primo
|
Atto Secondo | Atto Terzo
Setting: L'antica piazetta di San Marco. Il canale è pieno di gondole che vanno e vengono. Di fronte vedesi l'isola dei Cipressi, ora San Giorgio. Il sole volge all'occaso.
Alla gioia!
Alle corse, alle gare . . .
Sia qui lieto ogni volto, ogni cor.
Figlia, sposa, signora del mare.
è Venezia un sorriso d'amor.
Come specchio l'azzurra laguna
le raddoppia il fulgore del dì.
Le sue notti inargenta la luna,
nè le grava se il giorno sparì.
Alle gioie, ecc.
Ve'! Come il popol gode! . . .
A lui non cale
se Foscari sia Doge o Malipiero.
[ Sì avanza fra il popolo. ]
Amici . . . che s'aspetta?
Le gondole son pronte; omai la festa
coll'usata canzone incominciamo.
Sì, ben dicesti.
Allegri, orsù cantiamo.
[ Tutti vanno alla riva del mare, coi fazzoletti bianchi e coi gesti animano i gondolieri colla
seguente barcarola: ]
mite un'aura l'accarezza . . .
Dêi mostrar la tua prodezza;
prendi il remo, o gondolier.
La tua bella dalla sponda
già t'aspetta palpitante;
per far lieto quel sembiante
voga, voga, o gondolier,
fendi, scorri la lagnuna,
che dinanzi a te si stende;
chi la palma ti contende
non ti vinca, o gondolier.
Batti l'onda, e la fortuna
assecondi il tuo valore . . .
Alla bella vincitore
torni lieto il gondolier.
La guistizia del Leone! . . .
Finchè passi . . . via di qua.
[ Sì ritirano e si tengono a molta distanza. ]
Di timor non v'ha ragione!
Questo volgo ardir non ha.
Donna infelice, sol per me infelice,
vedova moglie a non estinto sposo,
addio . . . fra poco un mare
tra noi s'agiterà e per sempre! Almeno
tutte schiudesse ad ingoiarmi, tutte
le sirti del suo seno.
Taci, crudel, deh taci!
L'inesorabil suo core di scoglio,
più di costor pietoso,
frangesse il legno, ed una pronta morte
quest'esule togliesse
al suo lento morire . . .
Paghi gli odi sariano e il mio desire.
E i figli? E il padre? Ed io?
Da voi lontano è morte il viver mio.
All'infelice veglio
conforta tu il dolore,
dei figli nostri in core
tu ispira la virtù.
A lor di me favella,
di' che innocente io sono,
che parto, che perdono,
che ci vedrem lassù.
Cielo, s'affretti al termine
la vita mia penosa!
Di Contarini e Foscari
mostrati figlia e sposa!
Che te non veggan piangere;
gioire alcun ne può.
Messer, a che più indugiasi?
Parta, n'è tempo omai.
Chi sei?
Ravvisami.
Oh ciel, chi veggio mai!
Il mio nemico demone!
Hai d'una tigre il cor!
Ah padre, figli, sposa,
a voi l'addio supremo!
In cielo un giorno avremo
merce' di tal dolor.
LUCREZIA
JACOPO
Ah, ti rammenta ognora
che sposo e padre sei,
ch'anco infelice dê
vivere al nostro amor.
(Frenar chi puote il pianto
a vista sì tremenda!
Troppo, infelici, è
tal pena ad uman cor!)
(Comincia la vendetta
tant'anni desiata.
O stirpe abbominata,
m'è gioia il tuo dolor!)
In cielo un giorno avremo
merce' di tal dolor!
Sposo addio!
Scena II
Setting: Stanze private del Doge come nell'atto pirmo.
DOGE
Egli ora parte! . . . Ed innocente parte! . . .
Ed io non ebbi per salvarlo un detto! . . .
Morte immatura mi rapia tre figli!
Io, vecchio, vivo
per vedermi il quarto
tolto per sempre da un infame esilio!
[ Depone il corno. ]
Oh, morto fossi allora,
che quest'inutil peso
sul capo mio posava!
Almen veduto avrei
d'intorno a me spirante i figli miei!
Solo ora sono! . . . e sul confin degli anni
mi schiudono il sepolcro atroci affanni.
[ Barbarigo entra frettoloso, recando un foglio. ]
DOGE
Barbarigo, che rechi!
BARBARIGO
Morente
a me un Erizzo inviò questo scritto.
Da lui solo Donato trafitto
ei confessa, ed ogn'altro innocente . . .
DOGE
Ciel pietoso! Il mio affanno hai veduto!
A me un figlio volesti reso!
[ Entra Lucrezia, desolata. ]
LUCREZIA
Ah, più figli, infelice, non hai.
Nel partir l'innocente spirò . . .
DOGE
Ed il cielo placato sperai!
Me infelice! Più figlio non ho!
[ Sì abbandona sul seggiolone. ]
LUCREZIA
Più non vive! L'innocente
s'involava a'suoi tiranni;
forse in cielo degli affanni
la mercede ritrovò.
Sorga in Foscari possente
più del duolo or la vendetta . . .
Tanto sangue un figlio aspetta,
quante lagrime versò.
[ Parte. ]
[ Entra un servo. ]
SERVO
Signor, chiedon parlarti i Dieci . . .
DOGE
I Dieci!
(Che bramano da me? . . .)
[ al servo che esce ]
Entrino tosto.
A quale onta novella
mi serbano costoro?
[ Barbarigo, i membri del Consiglio dei Dieci e della Giunta, fra i quali è Loredano, entrano gravemente e dopo inchinato il Doge, gli si dispongono intorno. ]
DOGE
O nobili signori, che si chiede da me? . . .
V'ascolta il Doge.
[ Si ripone in capo il corno ducale. ]
LOREDANO
Il Consiglio convinto ed il Senato,
che gli anni molti e il tuo grave dolore
imperiosamente
ti chieggono un riposo, ben dovuto
a chi tanto di patria ha meritato,
dall cure ti liberan di Stato.
DOGE
Signori? . . . ho ben intesto?
LOREDANO
Uniti or qui ne vedi
a ricever da te l'anel ducale . . .
DOGE [ alzandosì impetuoso ]
Da me non l'otterrà forza mortale! . . .
Due volte in sette lustri,
dacchè Doge io sono, ben due volte
chiesi abdicare,
e mel negaste voi . . .
Di più . . . a giurar fui stretto . . .
che Doge morirei!
Io, Foscari, non manco a' giuri miei.
CORO
Cedi, cedi, rinunzia al potere
o il Leone t'astringe a obbedir.
DOGE
Questa dunque è l'iniqua mercede,
che serbaste al canuto guerriero?
Questo han premio il valore e la fede,
che han protetto, cresciuto l'impero?
A me padre un figliuolo innocente
voi strappaste, crudeli, dal core!
A me Doge pegli anni cadente
or del serto si toglie l'onor!
CORO
Pace piena godrai
fra tuoi cari;
cedi alfine, ritorna a' tuoi lari.
DOGE
Fra miei cari? . . . Rendetemi il figlio:
Desso è spento . . . che resta?
CORO
Obbedir.
DOGE
Che venga a me, se lice.
la vedova infelice . . .
[ Uno esce. ]
A voi l'anello . . . Foscari
più Doge non sarà.
[ Consegna l'anello ad un Senatore. ]
[ Entra Lucrezia. ]
LUCREZIA
Padre . . . mio prence . . .
DOGE
Principe!
Lo fui, or più nol sono.
Chi m'uccideva il figlio
ora mi toglie il trono . . .
Vieni, fuggiam di qui.
[ Prende per mano Lucrezia e s'avvia, quando è colpito dal suono delle campane di San Marco. ]
Che ascolto! . . . Oh ciel! Salutano
Me vivo un successor!
LOREDANO [ avvicinandosi al Doge con gioia ]LUCREZIA
In Malipier di Foscari
s'acclama il successor.BARBARIGO e CORO [ a Loredano ]
Taci, abbastanza è mistero;
rispetta il suo dolor.
DOGE
(Quel bronzo ferale
che all'alma rimbomba,
mi schiude la tomba,
sfuggirla non so.
D'un odio infernale
la vittima sono . . .
Più figli, più trono,
più vita non ho!
Quel bronzo ferale, ecc.)
LUCREZIADOGE
(Quel bronzo ferale
che intorno rimbomba,
com'orrida tromba
vendetta suonò.)
[ al Doge ]
Nell'ora fatale
sii grande, sii forte,
maggior della sorte
che sì t'oltraggiò.LOREDANO
Il suono ferale
che intorno rimbomba,
com'orrida tromba
vendetta suonò.
Quest'ora fatale
bramata dal core,
più dolce fra l'ore
alfine suonò.BARBARIGO e CORO
Tal suono ferale
che all'alma rimbomba,
più presto la tomba
dischiudergli può.
Ah, troppo fatale
quest'ora tremenda:
La sorte più orrenda
su desso gravò.
LUCREZIA
Fa core . . .
DOGE
Mio figlio! . . .
[ Cade morto. ]
LOREDANO [ scrivendo sopra un portafoglio che trae dal seno ]
"Pagato ora sono!"TUTTI
D'angoscia spirò!
Fine dell'opera.
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Libretto input by Stephen L. Parker
18th July 1997