Il Consigilio dei Dieci a Giunta vanno raccogliendosi.
CORO 1
CORO 2
CORO 1
CORO 2
TUTTI
[ Barbarigo e Loredano entrano dalla comune. ]
BARBARIGO
CORO
LOREDANO
CORO
TUTTI
[ Entrano nell'aula del Consigilio. ]
[ Jacopo Foscari viene dal carcere preceduto dal Fante, fra i Comandadori. ]
FANTE
JACOPO
[ Il Fante entra in Consigilio. ]
Brezza del suol natìo,
Ecco la mia Venezia! . . . ecco il suo mare! . . .
Dal più remoto esilio,
[ Il Fante viene dal Consiglio. ]
FANTE
JACOPO
FANTE
JACOPO
Odio solo, ed odio atroce
[ Tutti entrano nella sala del Consigilio. ]
Vi sono varie porte all'intorno con sopra ritratti dei Procuratori, Senatori, ecc., della famiglia
Foscari. Il fondo è tutto da gotici archi, a traverso i quali sì scorge il Canalazzo,
ed in lontano l'antico ponte di Rialto. La sala è illuminata da grande fanale pendente
nel mezzo.
I Due Foscari
Atto Primo |
Atto Secondo | Atto Terzo
Setting: Una sala nel palazzo Ducale di Veneizia. Dì fronte veroni gotici, da' quali scorge parte della cità e della laguna a chiaro di luna. A destra due porte, una che mette negli appartamenti del Doge, l'altra all'ingresso comune; a sinistra altre due porte che guidano all'aula del Consigilio dei Dieci, ed alle torce di cera, sostenute da bracci di legno sporgenti dalle pareti.
Silenzio . . .
Mistero . . .
Qui regnino intorno.
Qui veglia costante, la notte ed il giorno
sul veneto fato di Marco il Leon.
Silenzio, mistero
Venezia fanciulla
nel sen di quest'onde protessero in culla,
e il fremer del vento fu prima canzon.
Silenzio, mistero la crebber possente
de' mari signora temuta, prudente
per forza e sapere,
per gloria e valor.
Silenzio, mistero
la serbino eterna,
sien l'anima prima di chi la governa . . .
Ispirin per essa timore ed ardor.
Siam tutti raccolti?
Il numero è pieno.
E il Doge? . . .
Tra i primi qui giunse sereno:
De' Dieci nell'aula poi tacito entrò.
Or vadasi dunque, giustizia ne attende,
giustizia che eguali qui tutti ne rende,
giustizia che spendido qui seggio posò.
Silenzio, giustizia, silenzio, mister!
Qui ti rimani alquanto
finchè il Consiglio te di nuovo appelli.
Ah sì, ch'io senta ancora, ch'io respiri
aura non mista a gemiti e sospiri.
il volto a baciar voli all'innocente! . . .
[ appressandosi al verone ]
Regina dell'onde, io ti saluto! . . .
Sebben meco crudele,
io ti son pur de'figli il più fedele.
sull'ali del desìo,
a te sovente rapido
volava il pensier mio;
come adorata vergine
te vagheggiando il core,
l'esillo ed il dolore
quasi sparian per me.
Del Consiglio alla presenza
vieni tosto, e il ver disvela.
(Al mio sguardo almen vi cela,
ciel pietoso, il genitor!)
Sperar puoi pietà, clemenza . . .
Chiudi il labbro, o mentitor.
in quell'anime si serra;
sanguinosa, orrenda guerra
da costor si farà.
Ma sei Foscari, una voce
va tuonandomi nel core;
forza contro il loro rigore
l'innocenza ti darà.
Scena II
Setting: Sala nel palazzo Foscari.
Pisana
Nuovo esilio al tuo nobil consorte del
Consigilio accordò la clemenza . . .
LUCREZIA
La clemenza? . . . s'aggiunge lo scherno! . . .
D'ingiustizia era poco il delitto?
Sì condanna e s'insulta l'afflitto
di clemenza parlando e pietà?
O patrizi, tremate . . . l'Eterno
l'opre vostre dal cielo misura . . .
D'onta eterna, d;immensa sciagura
egli giusto pagarvi saprà.
PISANA e CORO
Ti confida; premiare l'Eterno
l'innocenza dal cielo vorrà.
Setting: Sala come alla prima scena.
CORO I
Tacque il reo!
CORO II
Ma lo condanna
allo Sforza il foglio scritto.
CORO I
Giusta pena al suo delitto
nell'esilio troverà.
CORO II
Rieda a Creta.
CORO I
Solo rieda.
CORO II
Non sì celi la partenza . . .
TUTTI
Imparziale tal sentenza
il Consiglio mostrerà.
Al mondo sia noto
che qui contro i rei,
presenti o lontani,
patrizi o plebei,
veglianti son leggi d'eguale poter.
Qui forte il leone col brando, coll'ale
raggiunge, percuote qualunque mortale
che ardito levasse un detto, un pensier.
[ Escono tutti. ]
Setting: Stanze private del Doge. Una gran tavola coperta di damasco, con sopra una lumiera di argento; una scrivania e varie carte; di fianco un gran seggiolone.
DOGE
Eccomi solo alfine . . .
Solo! . . . e il sono io forse?
Dove de'Dieci non penetra l'occhio?
Ogni mio detto o gesto,
il pensiero perfino m'è osservato . . .
Prence e padre qui sono sventurato!
O vecchio cor, che batti
come ai prim'anni in seno,
fossi tu freddo almeno
come l'avel t'avrà;
ma cor di padre sei,
vedi languire un figlio;
piangi pur tu, se il ciglio
più lagrime non ha.
[ Entra un servo, poi Lucrezia Contarini. ]
SERVO
L'illustre dama Foscari.
DOGE
(Altra infelice!) Venga.
[ Il servo parte. ]
(Non iscordare, Doge, chi tu sia.)
[ a Lucrezia! Andandole incontro ]
Figlia . . . t'avanza . . . Piangi?
LUCREZIA
Che far mi resta, se mi mancan folgori
a incenerir queste canute tigri
che de'Dieci s'appellano Consiglio? . . .
DOGE
Donna, ove parli, e a chi, rammenta . . .
LUCREZIA
Il so.
DOGE
Le patrie leggi qui dunque rispetta . . .
LUCREZIA
Son leggi ai Dieci or sol
odio e vendetta.
Tu pur lo sai che giudice
in mezzo a lor sedesti,
che l'innocente vittima
a'piedi tuoi vedesti;
e con asciutto ciglio
hai condannato un figlio . . .
L'amato sposo rendimi,
barbaro genitor.
DOGE
Oltre ogni umano credere
è questo cor piagato! . . .
Non insultarmi, piangere
dovresti sul mio fato . . .
Ogni mio mio ben darei . . .Di sua innocenza dubiti?
gli ultimi giorni miei,
perchè innocente e libero
fosse mio figlio ancor.LUCREZIA
L'amato sposo rendimi,
barbaro genitor.
DOGE
Sì . . . ma intercetto un foglio
chiaro lo accusa, o nuora.
LUCREZIA
Sol per veder Venezia
vergò; perdè lo scritto.
DOGE
È ver, ma fu delitto . . .
LUCREZIA
E aver ne dêi pietà.
DOGE
Vorrei . . . nol posso . . .
LUCREZIA
Ascoltami:
Senti il paterno amore . . .
DOGE
Commossa ho tutta l'anima . . .
LUCREZIA
Deponi quel rigore . . .
DOGE
Non è rigore . . . intendi?
LUCREZIA
Perdona, a me t'arrendi . . .
DOGE
No . . . di Venezia il principe
in ciò poter non ha.
LUCREZIA
Se tu dunque potere non hai,
vieni meco pel figlio a pregare . . .
Il mio pianto, il tuo crine, vedrai,
potran forse ottenere pietà.
Questa almeno, quest'ultima prova,
ci sia dato, signor, di tentare;
l'amor solo di padre ti mova,
s'ora il Doge potere non ha.
DOGE
(O vecchio padre misero,
a che ti giova trono,
se dar non puoi, né chiedere
giustizia, né perdono
pel figlio tuo, ch'è vittima
d'involontario error?
Ah, nella tomba scendere
m'astringerà il dolor!)LUCREZIA
Tu piangi . . . la tua lagrima
sperar mi lascia ancor!
Fine dell'atto primo.
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Libretto input by Stephen L. Parker
17th July 1997