Last updated: Feb. 13, 1997
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FRANCESCA Da RIMINI

Libretto: Atto Quarto


Atto Primo, Atto Secondo, Atto Terzo, Atto Quarto.


PARTE PRIMA

Setting: Appare una sala ottagona, di pietra bigia, con cinque de suoi lati in prospetto. In alto su la nudità della pietra, ricorre un fregio di liocorni in campo d'oro. Nella parete di fondo è un finestrone invetriato che guarda le montagne, fornito di sedili nello strombo. Nella parete che con quella fa angolo obliquo, a destra, è un usciolo ferrato per ove si discende alle prigioni sotterranee. Contro la corrispondente parete, a sinistra, è una panca con alta spalliera, dinanzi a cui sta una tavola lunga e strella, apparecchiata di cibi e di vini. In ciascuna delle altre due pareti a rimpetto è un uscio; il sinistro, prossimo alla mensa, conduce alle camere di Francesca; il destro, ai corridoi e alle scale. Torno torno sono distribuiti torcieri di ferro; ai beccatelli sono appesi budrieri, corregge, turcassi, pezzi d'armatura diverse, e poggiate armi in asta; picche, bigordi, spuntoni, verruti, mannaie, mazzafrusti. Si vede Francesca seduta nel vano nel finestrone, e Malatestino dall'Occhio in piedi davanti a lei.
FRANCESCA
Perchè tanto sei strano?
Avido d'ogni sangue
Tu sei, sempre in agguato,
Nemico a tutti. In ogni tua parola
È una minaccia oscura.
Dove nascesti?
Non ti diede latte la tua madre?
E cosi giovine sei!

MALATESTINO
Tu m'aizzi. Il pensiero
Di te m'aizzi l'animo, continuamente.
Sei l'ira mia.


[ Francesca si leva ed esce dal vano della finestra come per sfuggire ad un'insidia. Ella rimane presso il muro, ove brillano le armi in asta, ordinate. ]


Ti stringerò ti stringerò alfine!

[ Francesca, ritraendosi lungo il muro, giunge all'usciolo ferrato cui dà le spalle. ]

FRANCESCA
Non mi toccare, forsennato, o chiamo
Il tuo fratello. Vattente! Ho pietà
Di te. Sei un fanciullo
Perverso.

MALATESTINO
Chi vuoi tu chiamere?

FRANCESCA
Il tuo fratello.

MALATESTINO
Quale!

[ Francesca sussulta, udendo gingere dal profondo un grido attraverso la porta ov'ella è addossata. ]

FRANCESCA
Chi grida? Hai udito?

MALATESTINO
Uno che deve morire.

FRANCESCA
Ah, non posso più udirlo! Anche la notte
Urla, urla come un lupo;
E giunge l'urlo fino alla mia stanza.

MALATESTINO
Ascolta me! Giovanni
Parte a vespro per la podesteria
Di Pesaro. Tu gli hai apparecchiato
Il viatico. Ascolta. Io posso dargli
Un ben altro viatico . . .

FRANCESCA
Che intendi?
Che intendi? Tu mi fai minaccia? O trami
Un tradimento contro il tuo fratello?

MALATESTINO
Tradimento! Io credea,
Mia cognata, che tal parola ardesse
Le vostre labbra; e veggo
Le vostre labbra immuni,
Ma un poco smorte. Il mio giudizio errò . . .
[ S'ode di nuovo l'urlo del prigioniero. ]

FRANCESCA [ tremante di orrore. ]
Ah, come urla! Come urla!
Chi lo tormenta? Quale strazio nuovo
Hai trovato per lui?
Toglilo dal tormento!
Non voglio udirlo più.

MALATESTINO
Ecco, vado. Farò che voi abbiate
Una notte tranquilla, il più profondo
Sonno, senza terrore,
Poi che stanotte dormirete sola . . .
[ Egli si accosta alla parete e sceglie tra le armi ordinate una mannarina. ]

FRANCESCA
Che fai, Malatestino?

MALATESTINO
Giustiziere mi faccio,
Per vostra volontà,
Mia cognata.
[ Esamina il filo dell'acciaro; poi apre la porta ferrata il cuì vano appare nero di tenebra. ]

FRANCESCA
Tu vai per ucciderlo? Troppo
Ti pare aver dimorato, ah feroce!

MALATESTINO
Francesca, ascolta,
Ascolta! Che la tua mano mi tocchi,
Che i tuoi capelli si pieghino ancora
Su la mia febbre, e . . .
[ S'ode più lungo l'urlo di sottera. ]

FRANCESCA
Orrore! Orrore!

[ Ella si ritrae nel vano della finestra, si siede, e poggiati i cubiti su le ginocchia, pone la testa fra le palme, fissa. ]

MALATESTINO [ bieco. ]
Tal sia di voi.

[ Egli strappa da un torciere la torcia. Posa la mannaia a terra, prende l'acciarino, lo batte e accende la torcia. ]

O cognata, buon vespro!

[ La donna resta immobile, come se non udisse. Egli raccatta l'arme ed entra nel buio, col suo tacito passo felino, tenedo nella sinistra mano la torcia ardente. Scompare. La piccola porta rimane aperta. Francesca si leva a guarda per entro al vano dileguarsi il bagliore. Subitamente corre alla soglia e chiude rabbrividendo. L'uscio ferrato stride, nel silenzio. Ella si volge e fa qualche passo lento, a capo chino, come gravata da un grave peso. ]

FRANCESCA [ sommessamente, entro di sè. ]
Il più profondo sonno!

[ Lo Sciancato entra tutto in arme. Scorge la sua donna, e va a lei. ]

GIANCIOTTO
Mia cara donna, voi m'attendevate?
Perchè tremate e siete così smorta?
[ Egli le prende le mani. ]
Gelida siete di paura.
Perchè?

FRANCESCA
Malatestino era da poco entrato quando udì
Gridare il prigioniero;
E, nel vedermi sbigottita,
Fu preso d'ira e si precipitò
Per quella porta alla prigione, armato
D'una mannaia, risoluto a ucciderlo. Feroce
Egli è, quel fratel vostro, mio signore,
E non m'ama.

GIANCIOTTO
Perchè or dite che non v'ama?

FRANCESCA
Non so. Mi sembra.

GIANCIOTTO
Forse vi dimostrò mal animo?

FRANCESCA
Egli è un fanciullo; e, come
Il giovane mastino,
Ha bisogno di mordere . . . Venite.
Signore, a ristorarvi
Prima di mettervi a cavallo.

GIANCIOTTO
Forse Malatestino . . .

FRANCESCA
Via, perchè pensate
A quel che dissi leggermente?
Venite a ristorarvi.
Prenderete la via della marina?

[ Gianciotto è pensoso, mentre segue Francesca verso la tavola apparecchiata. Si toglie il bacinetto, si sfibbia la gorgiera, e dà gli arnesi alla donna che li depone su una scranna con atti di subitanea grazia favellando. ]

Cavalcherete sotto la frescura.
Innanzi mezzanotte nascerà
La Luna. Quando giungerete a Pesaro,
Messere il Podestà?

GIANCIOTTO
Domani in su la terza.

[ Egli si sfibbia il cingolo che sostiene lo stocco, e la donna lo riceve. ]

FRANCESCA
E gran tempo dimorerete, senza
Tornare?

[ S'ode il grido terribile di Montagna salire di sotterra. Francesca trasale e lascia cadere lo stocco, che esce dalla guaina. ]

GIANCIOTTO
È fatto. Non vi sbigottite,
Donna. Il silenzio viene.
Dio si prenda così
Tutte le teste dei nemici nostri.

[ S'ode battere alla piccola porta ferrata. Francesca balza in piedi, getta lo stocco su la mensa, e si volge per uscire. ]

FRANCESCA
Torna Malatestino.
Io non voglio verderlo.

LA VOCE DI MALATESTINO
Chi ha chiuso?
Cognata, siete là? M'avete chiuso?

[ Batte più forte col piede. ]

GIANCIOTTO
Aspetta, aspetta, che t'apro.

LA VOCE DI MALATESTINO
Ah, Giovanni!
Aprimi, che ti porto
Un buon frutto maturo
Pel tuo viatico;
Un fico settembrino.
E come pesa!
Affrèttati!

[ Lo Sciancato va ad apire. Francesca segue con gli occhi per qualche attimo il passo di lui claudicante; poi si ritrae verso la porta che conduce alle sue stanze. Exit. ]

GIANCIOTTO
Ecco, vengo.

[ Gianciotto apre: ed appare sulla soglia angusta Malatestino tenendo nella sinistra mano la torcia accesa e reggendo, per il cappio di una legatura di corda, la testa di Montagna avviluppata in un drappo. ]

MALATESTINO [ porgendo la torcia al fratello. ]
Tieni, fratello: spegnila.
[ Gianciotto spegne la fiamma stridula soffocandola sotto la pianta del piede. ]
Era teco la tua moglie?

GIANCIOTTO [ rudemente. ]
Era meco.
Che vuoi da lei?

MALATESTINO
Tu sai dunque che sia
Questo frutto ch'io porto alla tua mensa?

GIANCIOTTO
Non hai temuto di disobbedire al padre?

MALATESTINO
Senti come pesa! Senti!

[ Egli porge il cappio allo Sciancato; il quale la prende a prova, e poi lascia cadere il viluppo che fa un tonfo sordo sul pavimento. ]

Fa caldo!

[ Si asciuga la fronte sudata. Gianciotto è di nuovo seduto a mensa. ]

Su, dammi da bere.

[ Egli tracanna una coppa che è già piena. Gianciotto è cupo in sembiante e mastica in silenzio, a capo chino, senza inghiottire il boccone, movendo la mascella come il bue che ruguma. L'uccisore di Montagna si siede là dov'era seduta Francesca. Il viluppo sanguinoso è immobile sul pavimento. Pel finestrone vi vede il sole callare sopra l'Appennino affocando le vette a le nuvole. ]

Sei crucciato?
Non ti crucciare meco,
Giovanni. Io ti son fido.
Tu ti chiami Gianciotto
Et io son quel dall'Occhio . . .
[ Si tace un instante, perfidamente. ]
Ma Paolo è il Bello!

[ Gianciotto leva il capo e fissa gli occhi in faccia all giovinetto. Nel silenzio s'ode tintinnire lo sperone al piede ch'egli agita sul pavimento. ]

GIANCIOTTO
Ciarliero sei divenuto anche tu.
[ Malatestino fa l' atto di versarsi altro vino. Il fratello gli trattiene il polso. ]
Non bere. Ma rispondimi. Che cosa
Hai tu fatto a Francesca?

MALATESTINO
Io? Che ti disse mai ella?

GIANCIOTTO
Hai mutato di colore.

MALATESTINO
Che mai tu disse?

GIANCIOTTO
Ma rispondimi!

MALATESTINO [ simulando di smarrirsi. ]
Io non posso risponderti.

GIANCIOTTO
Bada, Malatestino!
Guai a chi tocca la mia donna!

MALATESTINO [ con voce sorda e ciglio basso. ]
E se il fratello vede che taluno
Tocca la donna del fratello, e n'ha
Sdegno, e s'adopra perchè l'onta cessi,
Dimmi, pecca egli?
E se, per questo, accusato è d'avere
Contro alla donna mal animo, dimmi:
Giusta è l'accusa?

[ Gianciotto sobbalza terribile, ed alza i pugni come per schiacciare il giovinetto. Ma si contiene: le braccia gli ricandono. ]

GIANCIOTTO
Malatestino, castigo d'inferno,
Se non vuoi ch'io ti strappi
L'altr'occhio per cui l'anima tua bieca
Offende il mondo, parla!

[ Malatestino s'alza e va, col suo tacito passo felino, alla porta che è presso la tavola. Sta in ascolto per alcuni attimi; poi apre l' uscio repentinamente, con un gesto rapidissimo, e guata. Non scopre nessuno. Torna a porsi di contro al fratello. ]

Parla!

MALATESTINO
Non ti stupisti
Quando taluno, che partitosi era
In dicembre, improvviso abbandonò
L'ufficio del Comune
Et a febbraio era già di ritorno?

[ S'ode scricchiolare una delle coppe d'argento, che si schiaccia nel pugno dello Sciancato. ]

GIANCIOTTO
Paolo? No, No! Non è.

[ Egli si leva in piedi, si toglie dalla tavola; ed erra per la stanza, torvo, con lo sguardo annebbiato. Urta a caso contro i viluppo funebre. Va verso il finestronne le cui vetrate lampeggiano nel tramonte afoso. Si siede sul sedile e si prende la testa fra le mani come per raccogliere il pensiero in un punto. Malatestino intanto gioca con lo stocco, sguainando a mezzo e ringuainando. ]

Malatestino. Vieni.

[ Il giovinetta si accosta, leggiero e presto, senza alcun strepito, quasi abbia i piedi fasciati di feltro. Gianciotto lo avviluppa con le braccia, lo serra fra le sue ginocchia, armate, gli parla con l'alito contro l'alito. ]

Sei certo? L'hai veduto?

MALATESTINO
Sì.

GIANCIOTTO
Come? Quando?

MALATESTINO
Più volte entrare . . .

GIANCIOTTO
Entrare dove?

MALATESTINO
Entrare nella camera . . .

GIANCIOTTO
E poi? Non basta. Egli è
Cognato. Intrattenersi può.

MALATESTINO
Di notte.
Non mi far male, per Dio!
Non mi stringere così Lasciami!

[ Egli si divincola, pieghevole. ]

GIANCIOTTO
Ho udito bene?
Tu hai detto . . . Ripeti!

MALATESTINO
Sì, di notte, di notte
L'ho veduto.

GIANCIOTTO
Ti fiacco le reni, se tu menti.

MALATESTINO
Di notte entrare, all'alba escire.
Vuoi tu vedere e toccare?

GIANCIOTTO
Bisogna, se ami scampare dalla mia tanaglia Mortale.

MALATESTINO
Vuoi stanotte?

GIANCIOTTO
Voglio!


PARTE SECONDA



Setting: Riappare le camera adorna, con il letto incortinato, con la tribuna dei musici, col leggio che regge il libro chiuso. Quattro torchi di cera ardono su uno dei candelieri di ferro; due doppieri ardono sul deschetto. Le vetrate della finestra sono aperte alla notte serena. Sul davanzale è il testo del basilico; e accanto è un piatto dorato, pieno di grappoli d'uva novella.

Si vede Francesca, per mezzo alle cortine disgiunte, supina sul letto ove s' è distesa senza spogliarsi. Le donne, biancovestite, avvolte il viso di leggere bende bianche, sono sedute su le predelle basse; e parlano sommessamente per non destare la dama. Presso di loro, su uno scannello, sono posate quattro lampadette d'argento spente.

ADONELLA
L'ha colto il sonno. Dorme.

ADONELLA
Sì dorme. Ah, com'è bella!


Questa notte Madonna non ci fa cantare.

ALTICHIARA
È stanca.

ADONELLA
Il prigioniero non urla più.

GARSENDA
Messer Malatestino gli ha tagliatta la testa.

ALTICHIARA
Dici il vero?

GARSENDA
Si, oggi, innanzi vespro.

ALTICHIARA
Come lo sai?

GARSENDA
Me l'ha detto Smaragdi.

ADONELLA
Ora cavalcano per la marina,
Sotto le stelle, con quella testa mozza!

GARSENDA
Ah, si respira in questa casa,
Or che se ne sono iti lo zoppo e l'orbo!

[ Francesca getta un grido di spavento, balza dal letto e fa l'atto di fuggire come inseguita selvaggiamente, agitando le mani su i fianchi come per liberarsi dalla presa. ]

FRANCESCA
Oh! No, no! Non son io! Non son io!
Ahi! Ahi! M'azzannano, aiuto!
Mi strappano il cuore, aiutami, Paolo!

[ Ella sussulta, s'arresta e torna in sè, pallida, affannata, mentre le donne le sono intorno sbigottite a confortarla. ]

GARSENDA
Madonna, Madonna, noi siamo qui.
Vedete, Madonna, siamo noi.

ALTICHIARA
Non vi prendete spavento.

ADONELLA
Non c'è nessuno. Siamo noi qui.
Nessuno vi fa male, Madonna.

FRANCESCA
Che ho detta? Ho chiamato?
Che ho fatto, mio Dio?

ADONELLA
Avete fatto qualche sogno tristo, Madonna.

GARSENDA
Ora è finito. Siamo noi qui.
Tutto è in pace.

FRANCESCA
È tardi?

GARSENDA
Saranno forse quattr'ore di notte.

ADONELLA
Volete, Madonna,
acconciarvi il capo per la notte?

FRANCESCA
No, non ho più sonno. Aspetterò.

GARSENDA
Scioglervi i calzaretti?

ADONELLA
Profumarvi?

FRANCESCA
No, voglio rimaner così.
Non ho più sonno. Andate, andate.
Intanto io leggerò.
Toglia un doppiere, Garsenda. Ora andate.
Tutte bianche siete!

[ Francesca apre il libro. Ciascuna delle bianco vestite toglie la sua lampadetta d'argento sospesa a uno stelo uncinato. Donella per la prima va verso l'alto candeliere e sollevandosi su la punta dei piedi, accende il lucignolo a uno dei torchi, S'inchina ed esce, mentre Francesca la segue con gli occhi. Garsenda fa il medesimo atto. Altichiara fa il medesimo. Exeunt omnes. Ultima resta Biancofiore; ed ella anche fa l'atto d'accendere la sua lampada; ma com' è più piccola delle altre, non giunge alla fiammella del torchio. ]

FRANCESCA
O Biancofiore, piccola tu sei!
Non arrivi ad accendere la tua lampadetta.
Tu sei la più tenera, piccola colomba!
[ Biancofiore si volge sorridente. ]
Vieni.


[ La giovine si appressa. Francesca le accarezza i capelli. ]
Come sei bionda!
Tu somigli la mia Samaritana,
Ti ricordi tu di Samaritana?

ADONELLA
Sì, Madonna.
La sua dolcezza non s'oblia. Nel cuore
Serbata io l'ho, con gli angeli.

FRANCESCA
Era dolce
La mia sorella, è vero, Biancofiore?
Ah, s'io l'avessi meco, se stanotte ella
Facesse il suo piccolo letto accanto al mio!

ADONELLA
Voi pianete, Madonna.

FRANCESCA
Sùbito sbigottiva anch'ella, e udivo
Batterle il cuore. E diceva: "O sorella
Odimi: resta ancora con me! Resta
Con me, dove nascemmo!
Non te n'andare! Non m'abbandonare!"

ADONELLA
O Madonna, Madonna,
Il cuore mi passate,
Quale malinconia vi tiene?

FRANCESCA
Va, non piangere!
Tenera sei. Accendi la tua lampada
E vattene con Dio.
[ Biancofiore accende il lucignolo al doppiere, e si china a baciare le mani di Francesca. ]
Via, non piangere. Passano i pensieri
Tristi. Tu canterai domani. Va.

[ La giovine si volge verso la porta e cammina lentamente. ]

ADONELLA
Dio vi guardi, Madonna!

[ S'ode il rumore dell'uscio che si richiude. Francesca, rimasta sola, muove qualche passo verso la portiera: si sofferma, in ascolto. ]

FRANCESCA
E così vada s'è pur mio destino!

[ Trasale udendo battere leggermente alla porta. Spegne col soffio il doppiero; va anelante; chiama sommessa. ]

O Smaragdi! O Smaragdi!

LA VOCE DI PAOLO
Francesca!

[ Ella apre con un gesto veemente. Con l'amelito della sete ella si getta nelle braccia dell'amante. ]

FRANCESCA
Paolo! Paolo!

PAOLO
O mia vita, non fu mai tanto folle
Il desiderio mio di te. Sentivo
Già venir meno
Dentro al core gli spiriti
Che vivono degli occhi tuoi. La forza
Mi si perdeva nella notte, uscitami
Dal petto, come un fiume
Terribile di sangue fiagorosa;
E paura n'avea l'anima mia.

[ Più e più volte lei reclinata bacia sui capelli appassionatamente. ]

FRANCESCA
Perdonami, perdonami!
Un sonno duro più d'una percossa
Mi spezzò l'anima
Come uno stelo e parvemi giacere
Su le pietre perduta.
Perdonami, perdonami,
Amico dolce! Risvegliata m'hai,
Liberata da ogni
Angoscia. E non è l'alba;
Le stelle non tramontano sul mare;
La state non è morta; e tu sei mio,
Et io son tutta tua,
E la gioia perfetta
È nell'ardore della nostra vita.

[ L'amante la bacia e ribacia insaziabile. ]

PAOLO
Rabbrividisci?

FRANCESCA
Aperta è la porta, e vi passa
L'alito della notte. Non lo senti?
Chiudi la porta.

[ Paolo chiude la porta. ]

PAOLO
Vieni, vieni, Francesca! Ore di gaudii
Lunghe ci son davanti.
Ti trarrò, ti trarrò dov' è l'oblio.
E la notte et il dì saran commisti
Sopra la terra come sopra un solo
Origliere. Più non avrà potere
Sul desiderio il tempo fatto schiavo.

[ Egli trae Francesca verso i cuscini di sciamito, presso il davanzale. ]

FRANCESCA
Baciami gli occhi, baciami le tempie
E le guance e la gola . . .
Tieni, e i posli e le dita . . .
Così . . . Prendimi l'anima e riversala.

PAOLO e FRANCESCA
Dammi la bocca.
Ancora! Ancora! Ancora!

[ La donna è abbandonata su i guanciali, immemore, vinta. A un tratto, nell'alto silenzio, un urto violento scuote l'uscio, come se taluno vi dia di petto per abbatterlo. Sbigottiti, gli amanti sobbalzano e si levano. ]

LA VOCE DI GIANCIOTTO
Francesca, apri! Francesca!

[ La donna è impietrata dal terrore. Paolo cerca con gli occhi intorno, tenendo la mano al pugnale. Lo sguardo va al maniglio della cateratta. ]

PAOLO [ a bassa voce. ]
Fa cuore! Fa cuore! Io mi getto giù
Per quella cateratta,
E tu vai ad apirigli.
Ma non tremare!

[ Egli apre la cateratta. L'uscio sembra schiantarsi agli urti iterati. Paolo fa per gettarsi giù, mentre la donna gli obbedisce e va ad aprire vacillando. ]

LA VOCE DI GIANCIOTTO
Apri, Francesca, pel tuo capo! Apri!

[ Aperto l'uscio, Gianciotto tutto in arme e coperto di polvere, si precipita nella camera furibondo, cercando con gli occhi il fratello. Subito s' accorge che Paolo, stando fuori del pavimento con il capo e le spalle, si divincola ritenuto per la talda della sopravvesta a un ferro de la cateratta. Francesca, a quella vista inattesa, getta un grido acutissimo, mentre lo Sciancato si fa sopra l'adultero e lo afferra per i capelli forzandolo a risalire. La donna gli s'avventa al viso minacciosa. ]

FRANCESCA
Me, me prendi! Eccomi!

[ Il marito lascia la presa. Paolo balza dall'altra parte della cateratta e snuda il pugnale. Lo Sciancato indietreggia, sguaina lo stocco e gli si avventa addosso con impeto terrible. Francesca in un baleno si getta tramezzo ai due; ma, come il marito tutto si grava sopra il colpo e non può ritenerlo, ella ha il petto trapassato dal ferro, barcolla, gira su sè stessa volgendosi a Paolo che lascia cadere il pugnale e la riceve tra le braccia. ]

FRANCESCA [ morente ]
Ah, Paolo!

[ Lo Sciancato per un attimo s'arresta, Vede la donna stretta al cuore dell'amante che con le sue labbra le suggella le labbra spiranti. Folle di dolore e di furore, vibra al fianco del fratello un altro colpo mortale. I due corpi allacciati vacillano accennando di cadere: non danno un gemito; senza sciogliersi, piombano sul pavimento. Lo Sciancato si curva in silenzio, piega con pena uno de'ginocchi; su l'altro spezza lo stocco sanguinoso. ]

Fine dell'opera.


Francesca da Rimini Libretto Entered by: Stephen L. Parker
23 July 1996.