Atto primo

Scene 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15

Scena 7 (vers. 1821)

Atto secondo

Scene 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10




Atto primo

Scena prima

Sciassé: passo di danza.

Trinciare: in senso analogo a "trinciar l'aria" - fendere l'aria con ampio movimento.

Una volta c'era un Re...: la musica della canzone di Cenerentola venne riutilizzata da Rossini a Parigi per una canzone intitolata Légende de Marguerite su parole di N. Cimbal. Il carattere rappresentato è analogo a Cenerentola. La fiaba è sintetizzata ed interiorizzata, e il ruolo della fata viene assunto dall'angelo custode. Il testo è:

Marguerite n'avait rien
Que douceur et bonté pour tout bien;

Pour gagner un peu de pain,
Elle filait soir et matin;
Et toujours, toujours joyeuse,
Laborieuse,
Elle filait,
Elle chantait:
"Marguerite,
Tourne vite,
Tourne sans fin
Ton fuseau de beau lin."
Tra la la la la la

Marguerite n'avait rien
Que douceur et bonté pour tout bien;

Or un jour elle eut grand faim,
Pas de travail et pas de pain.
Son bon ange, alors fidèle
Vint près d'elle
En souriant
Et lui disant:
"Marguerite,
Je t'invite,
Voici des fruits
Que j'ai cueillis,
Les plus beaux fruits
Du Paradis.

La precisione con cui la canzone di Cenerentola dipinge la rivalità delle tre sorelle e un improbabile suo trionfo, come pure l'insistenza ossessiva con cui alla la ripete arrivano a far dubitare della sua sanità mentale. Ma queste sue aspettative irrazionali sono necessarie per giustificare l'ostinazione e l'audacia con cui si ingegnerà di andare al ballo, e anche darà il giusto valore alla scelta dello scudiero in preferenza al preteso principe. Una Cenerentola realisticamente coscente della propria condizione non avrebbe nemmeno pensato ad un partito superiore ad uno scudiero!

Ti darò: ti batterò, ti picchierò. E le botte a Cenerentola saranno un tema ricorrente!

bonné... collié: le sorelle utilizzano spesso delle parole francesi italianizzate, qui collier (collana) e bonnet (cappellino).

Non ho mezzo soldo: Cenerentola non sa dell'eredità lasciatale dal padre. In realtà quel mezzo scudo, come tutto il danaro che circola in casa di Don Magnifico, fa parte del capitale di Cenerentola che viene dilapidato (vedi nota a: atto II, scena 1 - Ma tu sai che tempesta...).

Scena seconda

Fra il fosco e il chiaro: ovviamente significa "all'alba". La precisazione non è superflua, poiché il passaggio viene tradotto in "J'ai rêvé, à la fois clairement et confusement" o anche in "I dreamt half clearly, half hazily"...

Deliziosa: è un piccolo fabbricato o capanna estiva in un parco, utilizzato in alternativa alla casa in muratura durante i periodi più caldi.

Alla favella è venuto il sequestro: sono senza parole. Ma affiora anche il timore di Don Magnifico: un sequestro dei beni per insolvenza.

È già crollata...: anche se il palazzo di Don Magnifico è in pessimo stato (Alidoro lo chiamerà "reliquia di palazzo", II.9), la frase è da intendere in senso figurato. La parte di palazzo crollata è il patrimonio dilapidato, la parte in agonia il secondo patrimonio (rubato a Cenerentola) che si sta esaurendo. Non può parlarne apertamente in sua presenza!

Riprendendo le figlie: ammonendole (precisazione dedicata a quei traduttori che, consultando un dizionario, si fermano al primo significato).

Scena terza

Nel fior de' miei giorni: espressione paradossale di Don Ramiro. L'espressione viene così impiegata in caso di avvenimento prematuro (morte, menomazione fisica): ma egli ha l'età ideale per un matrimonio! Ma la sua scarsa inclinazione a sposarsi deve appunto essere il motivo della clausola al testamento del padre, che verrà spiegata da Dandini nella scena seguente.

Scena quarta

Astratta: fuori della realtà, stralunata. Era con la testa fra le nuvole: cantando la "solita canzone"! Risponde meccanicamente "sì" senza aver realizzato la domanda - poi si corregge.

Quel ch'è padre: Cenerentola si riferisce al vero genitore, che non le ha potuto fare da padre - per questo motivo ha poi avuto due sorellastre. Ma non utilizza la parola "genitore", così si può anche leggere "Quel che mi fa da padre non è il mio genitore".

Scena sesta

Tales patris talem filias: frase latina del tutto sgrammaticata. Corretta suona: "tali patris, talem filia".

Che dice? mi confonde. Debolezze: si tratta di complimenti. Sul "debolezze" Don Magnifico potrebbe spingersi a fingere di asciugare una lagrima di commozione. Certo non raggiungerebbe la spudoratezza dell'autore della versione tedesca dello spartito (Ricordi), che traduce in "Ich habe nicht recht verstanden... man wird älter".

Grosse... grandi: Dandini gioca, a proprio vantaggio, sulle parole "grosse" e "grandi". Ma "dirle grosse" non equivale a parlar da "grande"! E il commento di Magnifico ("bel pricipotto!") lo ridimensiona subito...

Tra i quondam: quondam (avverbio latino) significa "una volta", "un tempo". Essere tra i quondam vuole dire "tra i defunti".

A vista qual cambiale io sia sposato: la metafora di Dandini è efficace, ma decisamente indegna di un pricipe! Ma era infelice anche il "capitombolato" precedente...

Ho detto, ho detto: Dandini si è ricordato di non avere ancora pronunciato il discorsetto preordinato da Don Ramiro ("il discorso che non ho cominciato"). Quindi lo recita a memoria in fretta e furia ed in un sol fiato, producendo un effetto di filastrocca rinforzato dall'uniformità delle rime.
Ma questo breve discorso è essenziale per giustificare le azioni di Ramiro e rendere verosimile tutta la vicenda.

Eloquenza norcina: "norcino" come sostantivo è il salumiere o il beccaio specializzato nel castrare e macellare maiali. Don Magnifico usa il termine come aggettivo, intendendo parlata tagliente, che giunge alla sostanza, all'osso.

Perseguitate...: ovvero "calpestate (entrate ne) i quartieri (appartamenti) reali". L'eloquio ridicolmente ricercato di Dandini raggiunge i suoi vertici, con un tocco di ambiguità: si può intendere "prendete a calci i miei quarti (posteriori)", ossia il fondoschiena...

Cova - cenere: falsa, infida. Da "covare sotto la cenere", ossia non manifestare le proprie intenzioni. Don Magnifico gradua le definizioni in un crescendo dal complimento ironico fino all'insulto.

Confuso ed alterato: e in seguito atterrito, tremante. La reazione sproporzionata di Don Magnifico alle inchieste di Alidoro non è, come potrebbe sembrare, volta ad evitare la comparsa di una rivale nella contesa per la conquista del principe: egli non considera Cenerentola una rivale! I realtà si spaventa ad una richiesta così formale perché teme che possa essere scoperto il furto del patrimonio della figliastra (vedi II.1: Ma tu sai che tempesta...).

Guardate qui: Nella prima stesura del libretto la battuta è detta da Don Magnifico, fra le minacce a Cenerentola. Ma cosa sta mostrando?
Egli afferma che la figliastra è morta. Forse è la prima scusa che ha saputo trovare, forse freudianamente è ciò che si augura. Ma non si può escludere abbia addirittura dichiarato ufficialmente il decesso della figliastra per poterne disporre del capitale, e la battuta sembra significare l'esibizione di un certificato di morte. Infatti gli altri, pur non convinti, ora sembrano doversi arrendere all'evidenza.
Rossini comunque nel mettere in musica ha passato la battuta ad Alidoro, che quindi richiama l'attenzione di Don Magnifico al proprio registro.

Qualche scandalo: Alidoro è al corrente delle misfatte di Don Magnifico e quindi allude ad un possibile scandalo, sapendo che proprio questo egli teme su tutto.

E lo conduce via: nel primo libretto a stampa si legge un illogico "e la conduce via".

Scena settima

L'aria di Alidoro Il mondo è gran teatro venne musicata da Luca Agolini. Nel 1821 Ferretti scrisse una scena sostitutiva con "grande aria morale". La nuova aria però era estremamente impegnativa, di modo che non si stabilì nella prassi esecutiva.

Scena settima (1821)

Sublima il pensiero: innalza il pensiero, lascia perdere questi dettagli quotidiani. Singolare esortazione a Cenerentola, che ha l'abitudine di "sublimare" anche troppo i pensieri!

Là del ciel: l'aria di Alidoro, scritta da Rossini nel 1821, è rimasta a lungo pressoché sconosciuta. Solo recentemente, con la pubblicazione dell'edizione critica ed in tempi di moda filologica, è diventato obbligatorio rappresentarere l'aria rossiniana: che è bellissima, ma anche di estrema difficoltà, e che rischia di naufragare se il basso non è un ottimo cantante.

Innocente: una rima sulla stessa parola! Non si dovrebbe... ma la parola è utilizzata con significati diversi. "Fanciulla innocente" (ingenua, senza malizia) e "lampo innocente" (che non "nuoce", incruento). La folgore divina ristabilisce giustizia ove ora è "orrore": rischiara, non ferisce.

Scena ottava

Un melone... un timballo: il cuore un melone, oltre tutto "tagliato a fette"? Probabilmente Dandini allude alla proverbiale difficoltà nel giudicare la bontà di un melone senza averlo aperto. E quando è "tagliato a fette" può sortirne una delusione...
"Timballo" è espressione letteraria per "timpano, tamburo": in questo senso sono concordi i traduttori del libretto. Ma Dandini usa (a sproposito) delle forme letterarie solo quanto recita da principe! E non è il caso per questa frase... Appare molto più appropriato il significato di "pasticcio farcito con pasta e condimenti, cotto al forno" (che inoltre si accorda con la metafora del melone): ovvero "L'ingegno è un pasticcio".

Scena nona

Guercetto amore: è Cupido, che lancia le proprie frecce essendo bendato. La frase di Dandini ha doppio senso. Il dio dell'amore avrebbe modellato le sorelle: ma essendo un dio cieco, con risultati dubbi...

Acqua senza sale: si intende senza l'aggiunta di quei sali digestivi, depurativi o purganti (generalmente di produzione inglese) tanto in uso durante tutto l'800. L'effetto a volte era benefico, altre volte devastante (quindi... Non fa né ben né male.).
Bellini andava soggetto a disturbi intestinali e utilizzava regolarmente un sale depurativo, il Le Roy. In una lettera a Bellini Ricordi lo descrive così:

"Esisteva un rimedio da cavalli che si chiamava la medicina Leroy; il trambusto che provocava, era perfettamente uguale al tumulto dell'apparato digerente messo a soqquadro da cima a fondo. Quando un membro della famiglia aveva preso, la mattina, la medicina Leroy, nessuno parlava a tavola, regnava un silenzio assoluto e un'atmosfera di rispetto circondava quegli eroi coraggiosi che avevano inghiottito, senza batter ciglio, questo abominevole intruglio."

Fidati pur di me: il testo originale di Ferretti, nella prima stesura, differiva leggermente:


(a Clorinda)
(Fidati pur di me.)
(piano a Tisbe)
(Sta' allegra o cara.)
(A rivederci presto alla Longara.)
Si prega chi è in grado di spiegare il significato di "alla Longara" di contattarmi via E-mail!

Memoriale... Lectum: (Tisbe) La terrò informata delle mie imprese ("memoriale" è una nota scritta, contenente informazioni su degli avvenimenti). (Clorinda) Non si tratterà di qualche memoriale ma bensì di lectum (ossia "lectio", commento accademico all'opera altrui)...

Scena decima

Deliziosa nel Casino: il ricevimento, pomeridiano, ha luogo in un padiglione nel parco.

Direttor dell'evoè: "evoè" è il grido di giubilo delle Baccanti in onore di Dionisio. Quindi "direttor dell'evoè" significa direttore di cori bacchici (volgarmente: canti di ubriachi).

Saltar: forma desueta, e specialmente napoletana, per "ballare" (vedi anche la celebre Tarantella nelle Soirées musicales: "si salterà"). Il verso viene oggi modificato in "Ci affolliamo qui a ballar".

Montefiascone: è una località celebre per il proprio vino (l'Est! est! est!), presso Viterbo, a nord di Roma. Don Magnifico è napoletano, ma il gioco di parole contenuto nel nome è appropriato alla situazione ("fiascone" come grosso recipiente vinario e come gran fallimento).

Et stranguletur: anche Don Magnifico sevizia la lingua latina! Corretto: "et strangulatur".

Perché ita etcetera: l'avverbio latino "ita" può essere utilizzato in luogo di "sì" (Dante: "Del no per li denar vi si fa ita") - quindi: "perché sì". La formula conclusiva tradizionale di un editto è "ita est" (così sia).

Si succhierà: vale "si berrà" (o, in tre sillabe "si beverà"). Ma il significato non è esattamente lo stesso. "Succhiare" vuol dire bere lentamente, tranquillamente, come ad es. un liquore. Don Magnifico si figura di partecipare alla competizione e pregusta il godimento che lo attende.

Scena undicesima

Sotto voce a mezzo tuono: tautologia di Dandini (a mezzo tono = a mezza voce).

Scena dodicesima

Dare in bagatelle: dire o fare sciocchezze.

Scena tredicesima

Anticamera non v'è: normalmente un visitatore deve attendere il permesso per accedere alla presenza del principe, ma Alidoro ha fatto in modo che Cenerentola sia introdotta immediatamente.

Quante mosche...: Dandini mostra una volta di più la propria bassa estrazione. Dopo l'"arcano palpito" del finto scudiero il "quante mosche intorno a me" del finto principe...

Scena quindicesima

Attratta: rattrapita, storpia.

Balleremo il Taice: (?) si prega chi è in grado di spiegare il verso di contattarmi via E-mail. G.C.

Atto secondo

Scena prima

Il coro introduttivo del secondo atto venne musicato da Luca Agolini e solitamente viene omesso nelle rappresentazioni moderne de La Cenerentola.

La guardano e tarroccano: ovvero "la guardano ed imprecano". Taroccare significa profferire una serie di male parole. Espressione ben contrastante con le "ninfe" del verso precedente!

Hanno una lima in core: "lima" ha anche il significato di tormento, rovello (Dante: "Ahi angosciosa e dispietata lima Che sordamente la mia vita scemi" ).

Corpo del mosto cotto: espressione eufemistica che storpia "Corpo mistico del Cristo" (la Chiesa). Come è solito Don Magnifico ricade in termini enologici...

Parlar coi linci e squinci: parlare con ostentata affettazione. Linci: avverbio di luogo, per indicare movimento da luogo remoto sia da chi parla che da chi ascolta. Squinci: alterazione di "quinci", movimento da luogo vicino a chi parla. La locuzione è usata anche nella forma "parlar in quinci e squinci".
Incredibile traduzione trovata nel libretto allegato ad una recente edizione discografica: "bavarder ici et là avec les lynx" (sic!).

Ma tu sai che tempesta...: Cenerentola, figlia unica, ha ereditato il patrimonio del padre alla di lui morte. La madre, risposandosi, ha secondo gli usi nominato il secondo marito tutore della figlia. Magnifico ha poi nascosto l'esistenza del capitale a Cenerentola, e ne ha fatto uso personale.

Avrei trovato il resto del carlino: sarei finito. Il Carlino è un nome di moneta, inizialmente coniata da Carlo d'Angiò. Nell'800 aveva valore di due soldi: il resto era necessariamente ben poca cosa, per cui la locuzione "resto del carlino" vale "agli sgoccioli", "arrivato a conclusione". Non vi è relazione con il "Resto del Carlino", testata giornalistica di Bologna.

Eh! niente niente: Rossini mettendo in musica passò la battuta a Tisbe, aggiungendovi la seguente (Il significato è "nientemeno", "vi manca un niente".)

Darei delle cariche: ossia "quasi quasi sono già sol trono, potendo quindi sin d'ora distribuire privilegi". Clorinda sa bene cosa si aspetta il padre! Non sembrerebbe necessario precisare il significato di questi versi, ma in una traduzione del libretto si può leggere nientemeno che:

(Tisbe) Ah! I can't be certain, but...
(Clorinda) I wouldn't mind giving him a few good slaps.
... e in francese:
(Tisbé) Ah! rien, rien de certain, je dois dire.
(Clorinde) Quant à moi, il s'en faut de peu que je le roue de coups.

un ambo, un eletto: termini del gioco del lotto ("ambo" è la giocata su due numeri): Magnifico, da buon napoletano, è sicuramente un accanito giocatore. E non ci si aspetterebbe altro data l'importanza che egli dà alla lettura dei sogni!.

Rescritto: è la risposta scritta del monarca ad una questione di argomento giuridico, come pure una sua lettera con valore normativo. Don Magnifico si propone di farne mercato. Ancora in tempi recenti si ricorda il caso dello studio legale del fratello di un Presidente della Repubblica Italiana, specializzato in richieste di grazia presidenziale...

Prende poi la cioccolata: si intenda "porterebbe un memoriale? dopo di che prenda la cioccolata". Esiste una variante che evita malintesi: "Prenda: per la cioccolata, ecc.".

Già è di peso: gioco di parole. Intende: "è una causa importante?" alludendo anche al peso (al valore) della moneta d'oro ricevuta.

Scena seconda

Smaniglio: il significato esatto è braccialetto prezioso in oro e gemme su una fascia di velluto nero. Il gesto di Angiolina è di estrema delicatezza, perchè permette a Ramiro, se rimarrà deluso riconoscendola in Cenerentola, di fare sembiante di nulla evitando spiegazioni. Resta l'incongruenza del braccialetto portato con l'abito di gala e del gemello portato con gli stracci di Cenerentola... uno dovrebbe stonare!

Scena terza

Con la febbre a freddo: in stato febbrile, di agitazione (ma a freddo, cioè non per malattia).

Segreteria: italianizzazione di sécretaire (armadio-scrittoio a segreti, ossia cassetti).

Sua Eccellenza... Bestia!.. Altezza: gioca sull'effetto dell'interpolazione rivolta a se stesso, che pare un titolo rivolto al principe creando una clamorosa gaffe di Don Magnifico.

Braccieri: sono domestici che, in mancanza di cavaliere, accompagnano la dama dandole il braccio.

Bombè: tipo di carrozza aperta, con copertura a mantice.

Scappavia: (da "scappar via") è il posto in piedi, sul retro della carrozza, ove si aggrappa il servitore incaricato di aprire immediatamente la porta alle fermate.

Scena quarta

Ov'è Dandini?: Alidoro può fidarsi di Dandini al punto di fargli mettere in scena il rovesciamento della carrozza del principe - e ancora maggiore deve essere la fiducia di Dandini in lui. Eppure questi lo tratta tranquillamente e ripetutamente da "oca" davanti al sovrano... è il carattere di Dandini, irriverente e sfacciato ma anche franco e leale.

Scena quinta

Non credea che tornasse: Cenerentola si rivolge a Don Magnifico ("che Ella tornasse") e si giustifica per non aver preparato la cena. Il significato si perde se il verso è modificato in "non credea che tornaste".

Scena settima

Sedia nobile: sedia imbottita, con braccioli.

Scena ottava

Il pallon: nella forma tradizionale di gioco al pallone, come è ancora praticata in alcune zone rurali italiane, la palla viene colpita col braccio - a volte protetto da un bracciale.

Ai Pazzarelli: presumibilmente si tratta del nome popolare di un ospedale psichiatrico. Si prega chi fosse in grado di fornire dettagli di contattarmi via E-mail! G.C.

Scena nona

È debitor d'immense somme: Don Magnifico ha dilapidato il patrimonio che Angiolina ha ereditato della madre in qualità di sua unica figlia. Ora, all'atto del matrimonio, è costretto a restituirle la dote: non potendolo fare sarà fallito.

Nel vicin atrio: Alidoro dimostra qui una sorprendenta mancanza di tatto! Dopo aver preparato gli eventi con tanta accortezza ora mostra platealmente di avere conosciuto tutto in anticipo? In realtà in questa scena si ingegna di umiliare in tutti modi Don Magnifico e le figlie. E quindi ha organizzato la festa nuziale nell'atrio del palazzo di Don Magnifico - che ora appartiene a Cenerentola: infatti, non potendo egli restituirle la dote, questa diventa proprietaria dei beni fallimentari - palazzo, mobili, tutto!

L'aria di Clorinda "Sventurata! mi credea" venne musicata da Luca Agolini. Normalmente viene tagliata, ma viene recuperata a volte per offrire un pezzo solistico al secondo soprano. Anche la qualità dei versi è scarsa, denotando una stesura frettolosa, forse non definitiva: la ripetizione di un verso già utilizzato ("son lasciata in abbandono"), qualche verso ridicolo ("capitar potrà il merlotto") rendono l'aria una caduta rispetto al resto del libretto.

Scena decima

Stupida: attonita, sbalordita. Nell'edizione critica cambiato in "stupita", sostituzione che evita involontari malintesi ma che attenua il significato. Ancora due ore prima Cenerentola era nella sua solita condizione, sia pure reduce da una parentesi felice (la festa dal principe) e innamorata di uno scudiero (ma con il dubbio di averlo impressionato solo grazie ad un travestimento). Improvviamente si ritrova principessa. Per una volta non sta sognando - vive nel sogno! Non deve più temere l'inevitabile ritorno alla realtà.

A voi si prostra: Don Magnifico si deve inchinare per non trovarsi sul lastrico entro un'ora (sicuramente ha già avuto un colloquio con Alidoro...). Ma si inchina alla Principessa, utilizzando la forma impersonale: è un omaggio alla sovrana, non una dimostrazione di pentimento. Non si umilia e, come sempre, non riconosce la figliastra. Da cui la replica addolorata di Cenerentola. La versione modificata in "Altezza... a voi mi prostro..." smorza questo significato.

Quelle orgogliose...: Don Ramiro evidentemente ha concordato la punizione dei malvagi con Alidoro ed esige il completamento della cerimonia. Anche le sorelle devono umiliarsi! Ma Cenerentola preferisce (No no; tergete il ciglio...) realizzare il suo antico sogno di essere riconosciuta dai famigliari.


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