Last updated: Feb. 14, 1997
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Teuzzone


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Character list, synopsis | Act I | Act II

ATTO TERZO

Scena I

Bosco attiguo al palazzo imperiale.
Zelinda, poi Cino.

ZEL.: Già disposti i miei fidi
per unirsi al destin del caro sposo,
nulla più resta all'opra; ma sen viene
Cino: prima ch'io vada
al carcere fatal, giovi usar seco
l'arte. Un credulo amor si disinganni,
e dell'evento abbi la cura il Cielo.

CIN.: 		Quanto costi al mio riposo,
		empia brama, ingiusta speme!
		Sorte infida e amor geloso
		mi spaventa e mi dà pena.

ZID.: Cino...
CIN.: Vergine saggia.
ZEL.: Errai; dovea
dirti Signore, e Re?
CIN.: Bene a me incerto.
ZEL.: In breve accrescerà sangue innocente
i diletti all'amore, i fregi agl'ostri.
CIN.: I detti tuoi mi fan confuso e lieto.
ZEL.: Così ti parla al core
ambizione ed amore.
Misero, e non intendi
qual col mio labbro a te favelli il vero?
Re del Cinese Impero,
sposo a colei che adori,
godrà un rival di tue fatiche il frutto,
e a te fia che rimanga
sol d'infamia e 'l rimorso, e l'onta, e il lutto.	
CIN.: Come? O Dei! Qual rival? Cino infelice!
ZEL.: Più non dirò. Vanne; a Sivenio il chiedi,
a Sivenio, che gode
più dell'inganno tuo che del suo amore.
Tant'è soave oggetto
un tradito rival, povero core.

	Con palme ed allori
	t'invita la gloria,
	con serti di fiori
	t'alletta l'amor.

	Ma, povero amante,
	con doppia vittoria
	invano tu speri
	dar pace al tuo cor. (da capo)

Scena II

Cino, poi Sivenio.

CIN.: Cieli! Ch'io 'l creda? E sarà vero? Ei giunge...
SIV.: Sono in porto le nostre
felicità. Segnò Zidiana il foglio:
oggi morrà Teuzzone.
CIN.: Tanto giubilo, o duce?
Odio egli è solo? O ne ha gran parte amore?
SIV.: Amor?
CIN.: Sì. Tua speranza
non è ciò che è mio acquisto: un letto, un soglio?
SIV.: (a parte) Qual favellar!
CIN.: Ti turbi?
SIV.: (a parte) Morrà Teuzzon; di che ho timor? Sì, parlo
libero e franco. Sono
già mio possesso il talamo ed il trono.
CIN.: Son tuo possesso?
SIV.: Tanto
promise al mio valor la tua regina.
CIN.: Sivenio, con la vita
ceder solo poss'io le mie speranze;
né dei miei scherni altiero andrai.
SIV.: Cotesti
impeti dono a un disperato affetto,
e all'antica amistà l'ire perdono.
CIN.: Che perdon? Che amistà? Sù, qui decida
la tua spada e la mia
chi di scettro e d'amor più degno sia.  

Scena III

Zidiana e li suddetti.

ZID.: Principi, onde tant'ire? E qual furore
vi spinge all'armi?
SIV./ CIN.: (a due) Amore. 
ZID.: (a parte) Ohimè!
CIN.: La tua beltà ci fa rivali. 
SIV.: Ed or rivalità ci fa nemici.
CIN.: Sol la morte dell'uno
fia riposo dell'altro.
SIV.: E questo ferro...
ZID.: Tanto su gl'occhi miei? Più di rispetto
alla vostra sovrana. (a parte:) Ahi, che far deggio?
SIV.: Orsù, tutta, o regina,
la mia ragion nel tuo piacer rimetto.
CIN.: Vi assento.
SIV.: Or di': con qual mercé ti piace
ricompensar della mia fede il zelo?
CIN.: Conferma a lui che tua bontà compagno
teco m'elesse ad impor leggi al mondo.
ZID.: Dirò. Cino... Sivenio... (a parte:) Io mi confondo.
SIV.: Che più tacer, regina?
CIN.: La mia felicità che più sospendi?
ZID.: (a parte:) Malfermo ancora è 'l mio destin. Costoro
ne son tutto il sostegno.
Nessun s'irriti, arte mi giovi e ingegno.
Sivenio, è vero: a te promisi affetti.
SIV.: Udisti?
ZID.: A te, non niego,
Cino, giurai d'amarti;
né fu il labbro mendace.
SIV.: Sì...
CIN.: Ma...
ZID.: Datevi pace. 
Io qui spergiura
non sarò a voi; d'entrambi
pari è il grado, la gloria, il zel, l'amore.
Ad entrambi del pari
deggio gli affetti miei, del par gli avrete.
SIV.: Ma come?
CIN.: Non intendo!
ZID.: Dite. Lice ad un re, che in Cina imperi
l'aver più mogli?
SIV.: L'uso il concede.
ZID.:.: All'uso
chi diè vigor?
CIN.: La legge.
ZID.: Chi stabilì la legge?
SIV.: De' regnanti
l'autorità sovrana.
ZID.: Or chi ha tra voi l'alto poter?
SIV./ CIN.: (a due) Zidiana.
ZID.: E Zidiana, che or regna,
altre leggi far può?
SIV.: Regna, e può farle.
ZID.: In pari grado, in pari amor ben tosto
ambo...
CIN.: Che?
ZID.: Non son io vostra sovrana?
SIV.: Il sei.
ZID.: Del par sarete...
Basta...
SIV.: Siegui...
CIN.: Che mai?
ZID.: Già m'intendete.

a Cino:	Sì, per regnar...
a Sivenio:	Sì per goder...
a Cino:	diletto sposo...
a Sivenio:	volto amoroso...
		t'attendo in sen.

a Cino, poi
a Sivenio:	Povero amante,
		tanto costante,
		il premio godi
		delle tue frodi,
		mio caro ben. 	(da capo)


Scena IV

Cino e Sivenio

CIN.: (a parte) Il colpo mi stordì.
SIV.:  (a parte) Fingasi. (forte:) Amico,
all'arbitrio real m'accheto e applaudo,
mio compagno t'accetto.
(a parte:) Ma chi seppe disfarsi
d'un legittimo re, saprà anche meglio
un ingiusto rival toglier di vita. 
CIN.: O speranze deluse! O fè schernita!

	Son fra scogli e fra procelle
	debil legno combattuto,
	sposto a' venti in alto mar.

	Or m'innalzo, or son perduto,
	e fra l'onde al cor rubelle
	temo ogn'ora naufragar.   (da capo)


Scena V

Sivenio solo.

SIV.: Ah, Sivenio crudel - ché tal ben deggio
nomarti con ragion - torna in te stesso;
mira una volta di qual sangue hai sete.
Questi è il figlio innocente
di Troncon tuo monarca;
di lui parte più cara
non potea consignarti,
se alla tua fè creduta
fidò col figlio ancora il regno tutto.
L'altro che tenti di tradire è Cino,
gran ministro ed amico.
Pensa e rifletti... Indietro,
malnati e molli affetti,
vi detesto e v'aborro:
pensier che non consenta
col desio di regnar, folle pensiere.
Amo Zidiana, ma di amor sì forte,
che non mira il suo bel, ma del suo trono
la parte più temuta e più gloriosa.
Sì, sì; voglio seguir con franco ardire
il destin che mi guida, e parmi omai
stringer lo scettro e dar le leggi al mondo.
Vo', a dispetto d'invidia
e d'un sognato onore,
montar sul soglio e farmi re e signore.

	Base al regno e guida al trono,
	ciò che giova si comande;

	le virtù, le leggi sono
	freno al vil, non meta al grande. (da capo)


Scena VI

Prigione sotterranea.
Teuzzone, poi Zelinda.

TEUZ.:	Antri cupi, infausti orrori,
		rispondete a' miei martiri,
		se il mio ben più non rivedo.
			Voi tacete?
		Deh, mi dite se sospiri
		per pietà de' miei dolori,
		e contento io morirò.

ZEL.:	A che m'astringi, amor? Teuzzone, io vengo...
TEUZ.: Zelinda? O Numi! Ed è pur ver che ancora
ti rimiri e ti abbracci, anima mia?
ZEL.: Tua più non mi chiamar; questa si ceda
sospirata fortuna ad altra amante,
o si ceda più tosto alla tua vita.
Vivi, e benché d'altrui, vivi felice.
TEUZ.: Io d'altra?
ZEL.: Sì, ben veggio
che il tuo cor si fa gloria
d'essermi fido ne' respiri estremi.
Ma te n'assolvo. Un gran timor tel chiede:
nulla pavento più che la tua fede. 
TEUZ.: Caro mio ben, quanto più m'ami infido,
tanto meriti più ch'io sia fedele.
Questo è il sol tuo comando
che non ha sul mio cor tutto il potere.
Perdonami un error ch'è gloria mia:
se non son di Zelinda io vuò morire.
ZEL.: Ahimè!
TEUZ.: Parla; se posso,
ubbidirò.
ZEL.: Zidiana
t'ama, dal tuo disprezzo
nasce il tuo rischio e il suo furor; se amarla
non puoi, t'infingi almeno...
TEUZ.: Finger? No! S'è viltà manco all'onore,
s'è perfidia, all'amore.
Questo non posso, e quel non deggio.
ZEL.: Il dei
se m'ami, e 'l puoi.
TEUZ.: Qual frutto
trarrei da un vile inganno,
se non morir più tardi e con più scorno?
T'amo più di me stesso, 
ma più dell'onor mio non posso amarti.
ZEL.: Crudel, più non s'oppone
la mia pietà. Già dal tuo esempio apprendo
com'esser forte; il tuo destin s'affretti.
Sovra te cada il colpo,
ma sol non cada. Alla rival feroce
una vittima accresca anche Zelinda.
TEUZ.: Ferma!
ZEL.: Tu del tuo fato
arbitro resta; io lo sarò del mio.
L'onor tu ascolta, io l'amor sieguo. Addio.

Scena VII

Zidiana e li suddetti.

ZID.: T'arresta.
ZEL.: O Dei!
ZID.: Sdegna più lunghi indugi
il destin di Teuzzone e l'amor mio.
Vuolmi ei nemica o amante?
Vengo da te a saperlo
su gli occhi suoi. Poi me n'accerti anch'egli.
ZEL.: Ah, che dirò?
ZID.: Tu abbassi i lumi, e chiude
tronco sospir gli accenti? Intendo, intendo:
con quell'alma ostinata
vana è la tua pietà, vano il mio amore.
Me 'l dice il tuo silenzio ed il mio core.
ZEL.: Ei cederà, ma tempo...
ZID.: Tempo non v'è. Qui morte o vita...
TEUZ.: E morte,
morte qui scelgo.
ZEL.: (a parte) Anima mia, sii forte.
ZID.: Perfido, ingrato, ciò che chiedi avrai.
Egaro, olà!

Scena VIII

Egaro e detti.

EG.: Regina...
ZID.: Alla sua pena
tosto si guidi il reo; dove la reggia
splende in lieti apparati
cada l'indegno capo
tronco. Ah, Teuzzon, per la tua vita ancora
v'è un momento. Tu stesso
salvati; il puoi, le furie mie disarma.
ZEL.: E ten priega per me la tua Zelinda.
EG.: Il momento già passa.
TEUZ.: N'uso in mio pro. Zidiana,
premio dell'amor tuo quella ti resti
usurpata corona,
che l'altrui frode a me dal crin divelse.
E tu, che hai dei miei casi,
tanta pietà, vanne, ti prego, vanne
alla dolce mia sposa
con l'avviso fatal della mia morte.
Dille che si consoli
col rimembrar la pura fè, che meco
viene alla tomba, ed in quel punto istesso
questo per me le arreca ultimo amplesso.

 	Dille che il viver mio
	col suo bel nome 
	io chiuderò.
	
	Poi dagli Elisi, 
	ombra dolente,
	pietosi baci 
	le recherò.

[Di una precedente versione dell'aria, su testo poetico parzialmente
differente, rimangono in partitura l'esordio (cassato da Vivaldi) e una
ulteriore strofa, viceversa assente dal libretto:]

	Sì, godi e regna;
	ma sul tuo core,
	pien di furore,
	l'orrende faci 
	io scuoterò.  (da capo)


Scena IX

Zidiana e Zelinda.

ZID.: Vanne, spietato, vanne
quella pena a incontrar che ti è dovuta.
ZEL.: Non più pianto, non più; sangue mi chiede
l'atroce piaga. Unisci
la rivale all'amante,
crudel regina, ed a Teuzzon Zelinda.
ZID.: Zelinda... Che?
ZEL.: Nel mio dolor, nel mio
furor la riconosci; in me finisca,
barbara, il tuo delitto.
Qui l'odio tuo sarà più giusto; dammi,
dammi una morte in dono: 
la tua rival, la tua nemica io sono.
ZID.: (a parte) Vedi Zidiana, vedi
a qual fè s'appoggiar le tue speranze!
(forte:) Perfida! Or l'arte intendo.
Tu quella sei ch'inspira il Ciel? Tu quella...
Basta, sovvengon tutte
l'empie tue frodi all'amor mio tradito,
e nel tuo sen nol lascerò impunito.
ZEL.: Piacemi l'odio tuo, sfogalo appieno;
sfogalo, e te ne assolvo in questo seno.
ZID.: Resta pur qui fra l'ombre, e custodisci
l'idea di mie vendette.
Io parto a maturarle, e debitrice
parto alla mia rival d'un gran dispetto.
ZEL.: Armiam, tu d'ira, io di fermezza il petto.
ZID.: Già libero e disciolto
tengo dai lacci il core,
or che fuggita sono
dalla rete crudel del Dio d'amore.

	Io sembro appunto
	quell'augelletto,
	che alfin scampò
	da quella rete,
	che ritrovò
	nascosta tra le fronde.

	Pur alfin sciolto,
	solo soletto
	volando va.
	E libero non sa
	donar pace al suo cuor,
	se nel passato impegno
	ei si confonde. (da capo)

Scena X
Zelinda sola.

ZEL.: Chi sa, stelle, chi sa che di mie vene
l'umor non basti ad ammorzar quell'ire
che minacciano oltraggio all'alma mia?
Felice me, se tanto
ottien da voi la mia pietade e il pianto.

	Ho nel seno un doppio ardore
	di speranza e di timore,
	or sì dolce, or sì crudele,
	che il mio labbro dir nol può.

	E alla voce lusinghiera
	d'una speme menzognera,
	crudo amor, irato Cielo,
	più resistere non so.  (da capo)


Scena XI
Nuvolosa con ara nel mezzo, preparata per il sacrifizio.
Zidiana, Cino, Sivenio, Egaro, popoli; tutti coronati di fiori.

ZID.: 		Liete voci, amiche trombe,
		festeggiamo un sì bel dì.
		Di sue glorie il Ciel rimbombe
		poiché il mondo partorì.

SIV.: 		L'aura, l'erba, l'onda, il fiore
CIN.:		nacque a un punto e l'abbellì,
(a due)	e di gioia dolce amore
		poi lo sparse e lo nutrì.

CORO: 	Liete voci, amiche trombe,
		festeggiamo un sì bel dì.
		Di sue glorie il Ciel rimbombe
		poiché il mondo partorì.

CIN.: Al Nume che, in crearlo
sotto il manto ferin di vil giumento,
il suo immenso poter chiuse e coperse,
alzata è l'ara.
ZID.: Al sacrificio illustre
stien le vittime pronte, e pronto il ferro.
SIV.: In Teuzzon cada il reo.
EG.: (a parte) D'ingiustizia e d'amor fiero trofeo.
ZID.: Tu leggerai la sua condanna, o Cino.
CIN.: E l'empio si stordisca al suo destino.

Scena XII
Teuzzone fra le guardie, e li suddetti.

TEUZ.: Spettacoli funesti!
Si fissa in voi senza terrore il guardo.
SIV.: Per meritar pietade in van sei forte.
ZID.: Ma con che spaventarti avrà la morte.
(ad Egaro:) Eseguiscasi il cenno.
EG.: (a parte) L'empietà e la virtù pugnar qui denno.
ZID.: Popoli, al reo Teuzzon v'ha un reo maggiore
ch'unir si dee. Col vanto
di saper sovrumano osò poc'anzi
noi schernire e gli Dei;
il sacrilego, l'empio ecco in costei.

Scena XIII
Zelinda e suddetti.

ZID.: Ed è in costei ben giusto
che di vindice Astrea cadan le pene.
TEUZ.: Che sento! Ohimè... o Zelinda...
ZEL.: Amato bene!  (si abbracciano)
SIV.: Qui morrà anch'essa.
TEUZ.: Perfido! Ah, Cinesi!
Temasi in sì bel sangue il rischio vostro.
Questa è Zelinda; sì Zelinda è questa,
del tartaro monarca inclita figlia,
quella che a me promessa...
SIV.: Che più? Siasi qual vuole.
Qui errò, qui si condanna, e mora anch'essa.
CIN.: (a parte) Fiero cor!
EG.:  (a parte) Dura legge!
TEUZ.: Or tutta cede
la mia costanza; io ti vedrò morire,
ed io sarò cagion della tua morte?
ZEL.: Priva di te, mia vita,
come viver potrei?
SIV.: Non più dimore.
TEUZ.: Solo, deh!, morir fammi, e te n'assolvo.
ZEL.: Tutte in me stanca l'ire, e tel perdono.
SIV.: No, no; morrete entrambi: è tal la legge.
Ministri, olà!
Che più si tarda?
CIN.: (a parte) Tacqui abbastanza. (forte) Ormai
la sentenza fatal leggasi, o duce.
SIV.: Fia giusto.
CIN.: N'apro 
il regio impronto: or voi,
popoli qui raccolti, udite, udite.
EG.: Ma chi fia l'empio, e il traditor punite.
CIN.: (legge) "Sangue, virtù, dovere
voglion che dopo noi regni Teuzzone.
Il nostro erede ei solo sia. Troncone."
ZEL.: Come?
TEUZ.: Che?
ZID.: (a parte) Son tradita!
EG.: O Dei!
SIV.: (a parte) Che ascolto?
CIN.: Questo, Cinesi, questo
dell'estinto regnante è il voto estremo.
Tutte segnò nel foglio
l'alta sua man le fide note. Il guardo
giudice qui ne sia. Ciascun qui legga.
Teuzzone è il vostro re. Base l'inganno
fu dell'altrui grandezza: un fatal foglio 
dal regio nome impresso,
che all'infido Sivenio
in uso del suo grado il re già diede,
quasi perir fe' l'innocenza. A voi
la salvezza s'aspetta.
Vendetta, vendetta.

Scena Ultima
Sparisce la nuvolosa, e comparisce reggia maestosa.
Argonte con più guerrieri.

SIV.: Che farò?
EG.: Siam perduti.
ZID.: Ohimè, che miro!
ARG.: Olà! L'ira s'affreni. A voi sol basti
dell'inganno il trionfo.
TEUZ.: Sì, vi basti ch'io viva
e mi si renda il trono;
faccia le mie vendette il mio perdono.
EG.: O d'eroica pietade inclito vanto!
ZEL.:  O d'eccelsa virtù ben raro esempio!
ARG.: Dell'orrendo misfatto
la cagion si punisca
nel traditor Sivenio.
TEUZ.: Ei sol s'arresti,
e in cieca torre al suo destin si serbi.
SIV.: Trammi dal petto il core,
ch'io non pavento, e ognor sarò qual fui.
T'odiai, t'aborro, e sin dal crudo Averno
verrà a turbarti i sonni,
ombra d'orrore e tuo nemico eterno. (parte)
EG.: Feroce cor!
ZID.: Indegno
è di tue grazie il mio fallire.
TEUZ.: Omai
si ponghino in oblio
le andate offese; è tanta
la mia felicità, ch'ella m'opprime.
Ma di questa ne siete
parte e cagione, principessa e sposa.
ZEL.: Dolce mio ben! (s'abbracciano)
TEUZ.: Quanto ti deggio, o Cino!
CIN.: Se de' miei falli, o sire,
l'idea cancelli, io tutta
n'ho da te la mercede.
TEUZ.: In questo cor ricevi
un segno del mio affetto,
e il premio del tuo amor, della tua fede.

CORO:	In sen della virtude,
		contrario Ciel, tu puoi
		versar da' lumi tuoi
		la crudeltà.

		Ché il barbaro destino,
		ripieno di rossor,
		al chiaro vincitor
		poi servirà.


		FINE

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