Character list, synopsis | Act I | Act II
ATTO TERZO Scena I Bosco attiguo al palazzo imperiale. Zelinda, poi Cino. ZEL.: Già disposti i miei fidi per unirsi al destin del caro sposo, nulla più resta all'opra; ma sen viene Cino: prima ch'io vada al carcere fatal, giovi usar seco l'arte. Un credulo amor si disinganni, e dell'evento abbi la cura il Cielo. CIN.: Quanto costi al mio riposo, empia brama, ingiusta speme! Sorte infida e amor geloso mi spaventa e mi dà pena. ZID.: Cino... CIN.: Vergine saggia. ZEL.: Errai; dovea dirti Signore, e Re? CIN.: Bene a me incerto. ZEL.: In breve accrescerà sangue innocente i diletti all'amore, i fregi agl'ostri. CIN.: I detti tuoi mi fan confuso e lieto. ZEL.: Così ti parla al core ambizione ed amore. Misero, e non intendi qual col mio labbro a te favelli il vero? Re del Cinese Impero, sposo a colei che adori, godrà un rival di tue fatiche il frutto, e a te fia che rimanga sol d'infamia e 'l rimorso, e l'onta, e il lutto. CIN.: Come? O Dei! Qual rival? Cino infelice! ZEL.: Più non dirò. Vanne; a Sivenio il chiedi, a Sivenio, che gode più dell'inganno tuo che del suo amore. Tant'è soave oggetto un tradito rival, povero core. Con palme ed allori t'invita la gloria, con serti di fiori t'alletta l'amor. Ma, povero amante, con doppia vittoria invano tu speri dar pace al tuo cor. (da capo) Scena II Cino, poi Sivenio. CIN.: Cieli! Ch'io 'l creda? E sarà vero? Ei giunge... SIV.: Sono in porto le nostre felicità. Segnò Zidiana il foglio: oggi morrà Teuzzone. CIN.: Tanto giubilo, o duce? Odio egli è solo? O ne ha gran parte amore? SIV.: Amor? CIN.: Sì. Tua speranza non è ciò che è mio acquisto: un letto, un soglio? SIV.: (a parte) Qual favellar! CIN.: Ti turbi? SIV.: (a parte) Morrà Teuzzon; di che ho timor? Sì, parlo libero e franco. Sono già mio possesso il talamo ed il trono. CIN.: Son tuo possesso? SIV.: Tanto promise al mio valor la tua regina. CIN.: Sivenio, con la vita ceder solo poss'io le mie speranze; né dei miei scherni altiero andrai. SIV.: Cotesti impeti dono a un disperato affetto, e all'antica amistà l'ire perdono. CIN.: Che perdon? Che amistà? Sù, qui decida la tua spada e la mia chi di scettro e d'amor più degno sia. Scena III Zidiana e li suddetti. ZID.: Principi, onde tant'ire? E qual furore vi spinge all'armi? SIV./ CIN.: (a due) Amore. ZID.: (a parte) Ohimè! CIN.: La tua beltà ci fa rivali. SIV.: Ed or rivalità ci fa nemici. CIN.: Sol la morte dell'uno fia riposo dell'altro. SIV.: E questo ferro... ZID.: Tanto su gl'occhi miei? Più di rispetto alla vostra sovrana. (a parte:) Ahi, che far deggio? SIV.: Orsù, tutta, o regina, la mia ragion nel tuo piacer rimetto. CIN.: Vi assento. SIV.: Or di': con qual mercé ti piace ricompensar della mia fede il zelo? CIN.: Conferma a lui che tua bontà compagno teco m'elesse ad impor leggi al mondo. ZID.: Dirò. Cino... Sivenio... (a parte:) Io mi confondo. SIV.: Che più tacer, regina? CIN.: La mia felicità che più sospendi? ZID.: (a parte:) Malfermo ancora è 'l mio destin. Costoro ne son tutto il sostegno. Nessun s'irriti, arte mi giovi e ingegno. Sivenio, è vero: a te promisi affetti. SIV.: Udisti? ZID.: A te, non niego, Cino, giurai d'amarti; né fu il labbro mendace. SIV.: Sì... CIN.: Ma... ZID.: Datevi pace. Io qui spergiura non sarò a voi; d'entrambi pari è il grado, la gloria, il zel, l'amore. Ad entrambi del pari deggio gli affetti miei, del par gli avrete. SIV.: Ma come? CIN.: Non intendo! ZID.: Dite. Lice ad un re, che in Cina imperi l'aver più mogli? SIV.: L'uso il concede. ZID.:.: All'uso chi diè vigor? CIN.: La legge. ZID.: Chi stabilì la legge? SIV.: De' regnanti l'autorità sovrana. ZID.: Or chi ha tra voi l'alto poter? SIV./ CIN.: (a due) Zidiana. ZID.: E Zidiana, che or regna, altre leggi far può? SIV.: Regna, e può farle. ZID.: In pari grado, in pari amor ben tosto ambo... CIN.: Che? ZID.: Non son io vostra sovrana? SIV.: Il sei. ZID.: Del par sarete... Basta... SIV.: Siegui... CIN.: Che mai? ZID.: Già m'intendete. a Cino: Sì, per regnar... a Sivenio: Sì per goder... a Cino: diletto sposo... a Sivenio: volto amoroso... t'attendo in sen. a Cino, poi a Sivenio: Povero amante, tanto costante, il premio godi delle tue frodi, mio caro ben. (da capo) Scena IV Cino e Sivenio CIN.: (a parte) Il colpo mi stordì. SIV.: (a parte) Fingasi. (forte:) Amico, all'arbitrio real m'accheto e applaudo, mio compagno t'accetto. (a parte:) Ma chi seppe disfarsi d'un legittimo re, saprà anche meglio un ingiusto rival toglier di vita. CIN.: O speranze deluse! O fè schernita! Son fra scogli e fra procelle debil legno combattuto, sposto a' venti in alto mar. Or m'innalzo, or son perduto, e fra l'onde al cor rubelle temo ogn'ora naufragar. (da capo) Scena V Sivenio solo. SIV.: Ah, Sivenio crudel - ché tal ben deggio nomarti con ragion - torna in te stesso; mira una volta di qual sangue hai sete. Questi è il figlio innocente di Troncon tuo monarca; di lui parte più cara non potea consignarti, se alla tua fè creduta fidò col figlio ancora il regno tutto. L'altro che tenti di tradire è Cino, gran ministro ed amico. Pensa e rifletti... Indietro, malnati e molli affetti, vi detesto e v'aborro: pensier che non consenta col desio di regnar, folle pensiere. Amo Zidiana, ma di amor sì forte, che non mira il suo bel, ma del suo trono la parte più temuta e più gloriosa. Sì, sì; voglio seguir con franco ardire il destin che mi guida, e parmi omai stringer lo scettro e dar le leggi al mondo. Vo', a dispetto d'invidia e d'un sognato onore, montar sul soglio e farmi re e signore. Base al regno e guida al trono, ciò che giova si comande; le virtù, le leggi sono freno al vil, non meta al grande. (da capo) Scena VI Prigione sotterranea. Teuzzone, poi Zelinda. TEUZ.: Antri cupi, infausti orrori, rispondete a' miei martiri, se il mio ben più non rivedo. Voi tacete? Deh, mi dite se sospiri per pietà de' miei dolori, e contento io morirò. ZEL.: A che m'astringi, amor? Teuzzone, io vengo... TEUZ.: Zelinda? O Numi! Ed è pur ver che ancora ti rimiri e ti abbracci, anima mia? ZEL.: Tua più non mi chiamar; questa si ceda sospirata fortuna ad altra amante, o si ceda più tosto alla tua vita. Vivi, e benché d'altrui, vivi felice. TEUZ.: Io d'altra? ZEL.: Sì, ben veggio che il tuo cor si fa gloria d'essermi fido ne' respiri estremi. Ma te n'assolvo. Un gran timor tel chiede: nulla pavento più che la tua fede. TEUZ.: Caro mio ben, quanto più m'ami infido, tanto meriti più ch'io sia fedele. Questo è il sol tuo comando che non ha sul mio cor tutto il potere. Perdonami un error ch'è gloria mia: se non son di Zelinda io vuò morire. ZEL.: Ahimè! TEUZ.: Parla; se posso, ubbidirò. ZEL.: Zidiana t'ama, dal tuo disprezzo nasce il tuo rischio e il suo furor; se amarla non puoi, t'infingi almeno... TEUZ.: Finger? No! S'è viltà manco all'onore, s'è perfidia, all'amore. Questo non posso, e quel non deggio. ZEL.: Il dei se m'ami, e 'l puoi. TEUZ.: Qual frutto trarrei da un vile inganno, se non morir più tardi e con più scorno? T'amo più di me stesso, ma più dell'onor mio non posso amarti. ZEL.: Crudel, più non s'oppone la mia pietà. Già dal tuo esempio apprendo com'esser forte; il tuo destin s'affretti. Sovra te cada il colpo, ma sol non cada. Alla rival feroce una vittima accresca anche Zelinda. TEUZ.: Ferma! ZEL.: Tu del tuo fato arbitro resta; io lo sarò del mio. L'onor tu ascolta, io l'amor sieguo. Addio. Scena VII Zidiana e li suddetti. ZID.: T'arresta. ZEL.: O Dei! ZID.: Sdegna più lunghi indugi il destin di Teuzzone e l'amor mio. Vuolmi ei nemica o amante? Vengo da te a saperlo su gli occhi suoi. Poi me n'accerti anch'egli. ZEL.: Ah, che dirò? ZID.: Tu abbassi i lumi, e chiude tronco sospir gli accenti? Intendo, intendo: con quell'alma ostinata vana è la tua pietà, vano il mio amore. Me 'l dice il tuo silenzio ed il mio core. ZEL.: Ei cederà, ma tempo... ZID.: Tempo non v'è. Qui morte o vita... TEUZ.: E morte, morte qui scelgo. ZEL.: (a parte) Anima mia, sii forte. ZID.: Perfido, ingrato, ciò che chiedi avrai. Egaro, olà! Scena VIII Egaro e detti. EG.: Regina... ZID.: Alla sua pena tosto si guidi il reo; dove la reggia splende in lieti apparati cada l'indegno capo tronco. Ah, Teuzzon, per la tua vita ancora v'è un momento. Tu stesso salvati; il puoi, le furie mie disarma. ZEL.: E ten priega per me la tua Zelinda. EG.: Il momento già passa. TEUZ.: N'uso in mio pro. Zidiana, premio dell'amor tuo quella ti resti usurpata corona, che l'altrui frode a me dal crin divelse. E tu, che hai dei miei casi, tanta pietà, vanne, ti prego, vanne alla dolce mia sposa con l'avviso fatal della mia morte. Dille che si consoli col rimembrar la pura fè, che meco viene alla tomba, ed in quel punto istesso questo per me le arreca ultimo amplesso. Dille che il viver mio col suo bel nome io chiuderò. Poi dagli Elisi, ombra dolente, pietosi baci le recherò. [Di una precedente versione dell'aria, su testo poetico parzialmente differente, rimangono in partitura l'esordio (cassato da Vivaldi) e una ulteriore strofa, viceversa assente dal libretto:] Sì, godi e regna; ma sul tuo core, pien di furore, l'orrende faci io scuoterò. (da capo) Scena IX Zidiana e Zelinda. ZID.: Vanne, spietato, vanne quella pena a incontrar che ti è dovuta. ZEL.: Non più pianto, non più; sangue mi chiede l'atroce piaga. Unisci la rivale all'amante, crudel regina, ed a Teuzzon Zelinda. ZID.: Zelinda... Che? ZEL.: Nel mio dolor, nel mio furor la riconosci; in me finisca, barbara, il tuo delitto. Qui l'odio tuo sarà più giusto; dammi, dammi una morte in dono: la tua rival, la tua nemica io sono. ZID.: (a parte) Vedi Zidiana, vedi a qual fè s'appoggiar le tue speranze! (forte:) Perfida! Or l'arte intendo. Tu quella sei ch'inspira il Ciel? Tu quella... Basta, sovvengon tutte l'empie tue frodi all'amor mio tradito, e nel tuo sen nol lascerò impunito. ZEL.: Piacemi l'odio tuo, sfogalo appieno; sfogalo, e te ne assolvo in questo seno. ZID.: Resta pur qui fra l'ombre, e custodisci l'idea di mie vendette. Io parto a maturarle, e debitrice parto alla mia rival d'un gran dispetto. ZEL.: Armiam, tu d'ira, io di fermezza il petto. ZID.: Già libero e disciolto tengo dai lacci il core, or che fuggita sono dalla rete crudel del Dio d'amore. Io sembro appunto quell'augelletto, che alfin scampò da quella rete, che ritrovò nascosta tra le fronde. Pur alfin sciolto, solo soletto volando va. E libero non sa donar pace al suo cuor, se nel passato impegno ei si confonde. (da capo) Scena X Zelinda sola. ZEL.: Chi sa, stelle, chi sa che di mie vene l'umor non basti ad ammorzar quell'ire che minacciano oltraggio all'alma mia? Felice me, se tanto ottien da voi la mia pietade e il pianto. Ho nel seno un doppio ardore di speranza e di timore, or sì dolce, or sì crudele, che il mio labbro dir nol può. E alla voce lusinghiera d'una speme menzognera, crudo amor, irato Cielo, più resistere non so. (da capo) Scena XI Nuvolosa con ara nel mezzo, preparata per il sacrifizio. Zidiana, Cino, Sivenio, Egaro, popoli; tutti coronati di fiori. ZID.: Liete voci, amiche trombe, festeggiamo un sì bel dì. Di sue glorie il Ciel rimbombe poiché il mondo partorì. SIV.: L'aura, l'erba, l'onda, il fiore CIN.: nacque a un punto e l'abbellì, (a due) e di gioia dolce amore poi lo sparse e lo nutrì. CORO: Liete voci, amiche trombe, festeggiamo un sì bel dì. Di sue glorie il Ciel rimbombe poiché il mondo partorì. CIN.: Al Nume che, in crearlo sotto il manto ferin di vil giumento, il suo immenso poter chiuse e coperse, alzata è l'ara. ZID.: Al sacrificio illustre stien le vittime pronte, e pronto il ferro. SIV.: In Teuzzon cada il reo. EG.: (a parte) D'ingiustizia e d'amor fiero trofeo. ZID.: Tu leggerai la sua condanna, o Cino. CIN.: E l'empio si stordisca al suo destino. Scena XII Teuzzone fra le guardie, e li suddetti. TEUZ.: Spettacoli funesti! Si fissa in voi senza terrore il guardo. SIV.: Per meritar pietade in van sei forte. ZID.: Ma con che spaventarti avrà la morte. (ad Egaro:) Eseguiscasi il cenno. EG.: (a parte) L'empietà e la virtù pugnar qui denno. ZID.: Popoli, al reo Teuzzon v'ha un reo maggiore ch'unir si dee. Col vanto di saper sovrumano osò poc'anzi noi schernire e gli Dei; il sacrilego, l'empio ecco in costei. Scena XIII Zelinda e suddetti. ZID.: Ed è in costei ben giusto che di vindice Astrea cadan le pene. TEUZ.: Che sento! Ohimè... o Zelinda... ZEL.: Amato bene! (si abbracciano) SIV.: Qui morrà anch'essa. TEUZ.: Perfido! Ah, Cinesi! Temasi in sì bel sangue il rischio vostro. Questa è Zelinda; sì Zelinda è questa, del tartaro monarca inclita figlia, quella che a me promessa... SIV.: Che più? Siasi qual vuole. Qui errò, qui si condanna, e mora anch'essa. CIN.: (a parte) Fiero cor! EG.: (a parte) Dura legge! TEUZ.: Or tutta cede la mia costanza; io ti vedrò morire, ed io sarò cagion della tua morte? ZEL.: Priva di te, mia vita, come viver potrei? SIV.: Non più dimore. TEUZ.: Solo, deh!, morir fammi, e te n'assolvo. ZEL.: Tutte in me stanca l'ire, e tel perdono. SIV.: No, no; morrete entrambi: è tal la legge. Ministri, olà! Che più si tarda? CIN.: (a parte) Tacqui abbastanza. (forte) Ormai la sentenza fatal leggasi, o duce. SIV.: Fia giusto. CIN.: N'apro il regio impronto: or voi, popoli qui raccolti, udite, udite. EG.: Ma chi fia l'empio, e il traditor punite. CIN.: (legge) "Sangue, virtù, dovere voglion che dopo noi regni Teuzzone. Il nostro erede ei solo sia. Troncone." ZEL.: Come? TEUZ.: Che? ZID.: (a parte) Son tradita! EG.: O Dei! SIV.: (a parte) Che ascolto? CIN.: Questo, Cinesi, questo dell'estinto regnante è il voto estremo. Tutte segnò nel foglio l'alta sua man le fide note. Il guardo giudice qui ne sia. Ciascun qui legga. Teuzzone è il vostro re. Base l'inganno fu dell'altrui grandezza: un fatal foglio dal regio nome impresso, che all'infido Sivenio in uso del suo grado il re già diede, quasi perir fe' l'innocenza. A voi la salvezza s'aspetta. Vendetta, vendetta. Scena Ultima Sparisce la nuvolosa, e comparisce reggia maestosa. Argonte con più guerrieri. SIV.: Che farò? EG.: Siam perduti. ZID.: Ohimè, che miro! ARG.: Olà! L'ira s'affreni. A voi sol basti dell'inganno il trionfo. TEUZ.: Sì, vi basti ch'io viva e mi si renda il trono; faccia le mie vendette il mio perdono. EG.: O d'eroica pietade inclito vanto! ZEL.: O d'eccelsa virtù ben raro esempio! ARG.: Dell'orrendo misfatto la cagion si punisca nel traditor Sivenio. TEUZ.: Ei sol s'arresti, e in cieca torre al suo destin si serbi. SIV.: Trammi dal petto il core, ch'io non pavento, e ognor sarò qual fui. T'odiai, t'aborro, e sin dal crudo Averno verrà a turbarti i sonni, ombra d'orrore e tuo nemico eterno. (parte) EG.: Feroce cor! ZID.: Indegno è di tue grazie il mio fallire. TEUZ.: Omai si ponghino in oblio le andate offese; è tanta la mia felicità, ch'ella m'opprime. Ma di questa ne siete parte e cagione, principessa e sposa. ZEL.: Dolce mio ben! (s'abbracciano) TEUZ.: Quanto ti deggio, o Cino! CIN.: Se de' miei falli, o sire, l'idea cancelli, io tutta n'ho da te la mercede. TEUZ.: In questo cor ricevi un segno del mio affetto, e il premio del tuo amor, della tua fede. CORO: In sen della virtude, contrario Ciel, tu puoi versar da' lumi tuoi la crudeltà. Ché il barbaro destino, ripieno di rossor, al chiaro vincitor poi servirà. FINE
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