Character list, synopsis | Act I | Act III
ATTO SECONDO Scena I Sala. Teuzzone con soldati. TEUZ.: Di trombe guerriere al fiero fragore si mostri, mie schiere, l'usato valore. Ho vinto, fidi, ho vinto, se meco siete: io veggio già dal vostro valor domo l'inganno e, trofeo di virtù, veggio di fronte cadere al fasto i mal rapiti allori. Andiam: più che al cimento vi fo scorta al trionfo. Al vostro zelo la ragione combatte e serve il Cielo. Scena II Zelinda e Teuzzone. ZEL.: Ove, o prence, fra l'armi? TEUZ.: O Dei! Zelinda? ZEL.: Senza me dove, o sposo? TEUZ.: A vincere o morire. Addio, mia cara. ZEL.: Ferma, ché se vuoi regno io te l'arreco; se morte, ho core anch'io per morir teco. TEUZ.: Non far co' tuoi timori sì funesti presagi a' miei trionfi. ZEL.: Qual trionfi t'infingi, debole, e contro tanti? TEUZ.: E che! Vuoi tu che ceda? ZEL.: Non è ceder vendette il maturarle. TEUZ.: Un empio è mezzo vinto. ZEL.: Egli è più da temer, ché alla vittoria se non giova la forza, usa l'inganno. TEUZ.: Ed il Cielo? ZEL.: Non sempre la parte ch'è più giusta è la più forte. TEUZ.: Ma un'ignobile vita è sol mia morte. ZEL.: Morte vuoi? Vanne pur, crudele, oh Dei! TEUZ.: Piange Zelinda; o barbari nemici, le vostre vene *mi* pagheran quel pianto. ZEL.: Ma signor, poiché nulla ti rimuove dall'armi, almen permetti che anche pugnino teco i Tartari miei fidi e pugni Argonte; e fra i rischi e le stragi fida ti seguirà la tua Zelinda. Su, mi si rechi elmo, lorica e brando. Per soffrir l'armi e per vibrarle in campo avrò vigore anch'io, o prenderlo saprò dall'amor mio. TEUZ.: Eh, mia cara, non sono per quel tenero sen l'armi che chiedi. Argonte ti rimanga. Il mio destino non è ben certo, e se nel Cielo è forse stabilito ch'io cada, ti riconduca al padre e ti consoli. ZEL.: E mi credi sì vil, che alla tua tomba sopravviver potessi? TEUZ.: Lascia i tristi presagi, e dammi, o cara, un addio men funesto. ZEL.: Il cor si spezza. Mio caro, ah! Non fia questo, Cieli, se v'è pietà, l'ultimo amplesso. TEUZ.: No, mio ben, nol sarà. Tu resta, io vado; tu a combatter coi voti, ed io con l'armi. O tornerò con la corona in fronte più degno ad abbracciarti, o, di questa già scarco inutil salma, verrò spirto amoroso a cercar nel tuo volto il mio riposo. Tornerò, pupille belle, sposo, amante, a rimirarvi. E se vuol la morte mia del destin la tirannia, verrò in ombra a consolarvi. (da capo) Scena III Zelinda sola. ZEL.: Parte il mio sposo? Oh Dio! Io più nol rivedrò? Già d'ogni intorno mi s'affollano orrori. Udir già parmi il fiero suon dell'armi: miro l'ire, le stragi, e miro - oh Dio! - tutto piaghe languir l'amato bene. Teuzzon, ferma; deh, ferma! Dove vai? Dove sei? Deh, ti movi a pietà de' pianti miei. Un'aura lusinghiera mi va dicendo: spera, ché forse tornerà la calma al core. Talor d'iniqua sorte contro d'un petto forte non val la crudeltà d'empio rigore. (da capo) Scena IV Reggia. Zidiana con guardie. ZID.: Teuzzon vuol armi ed ire? All'ire, all'armi! Questa è forse la via di piacere al crudel: l'esser crudele. Miei fidi, ite là, dove più feroce è la pugna. Teuzzon cercate, in lui volgete i passi; piagatelo, uccidetelo... Ah no, tanto viver se li consenta, ch'io giunga a dirli ingrato, ed ei mi senta. Scena V Zelinda e Zidiana. ZEL.: Regina, a te mi guida... ZID.: Dimmi, piace all'ingrato forse più del mio scettro e del mio core il cimento e l'orrore? ZEL.: Che le dirò? ZID.: Libera parla, esponi com'ei ti ricevè, che fè, che disse? Non tacer ciò che serve ad irritarmi. ZEL.: Teuzzon... ZID.: ...vuol armi ed ire? All'ire, all'armi! ZEL.: Non ascolta ragion sdegno ch'è cieco. Il tuo sia da regina: odimi, e poi serba l'ire, se puoi. ZID.: Tuoi detti attendo. ZEL.: (a parte) Giovi il mentir. (forte:) Per tuo comando, in traccia fui di Teuzzon, ma giunsi ch'era accesa la mischia, e il vidi - ahi! - tinto non so se del suo sangue, o dell'altrui. ZID.: Né gli esponesti allora... ZEL.: Come potea vergine imbelle aprirsi fra le stragi il sentier? Parlar d'amore ove Marte fremea? Misero prence! Cinto il lasciai di cento ferri e cento, oggetto di pietade e di spavento. Scena VI Egaro e dette. EG.: Mia sovrana, ai tuoi voti propizio è il cielo; or sei regina, hai vinto. ZEL.: Ma del prence che avvenne? ZID.: Che di Teuzzon? ZEL.: Morto egli è forse? EG.: Ei vive, ma volte in lui l'armi, le forze e l'ire, gli tolgon le difese, e non l'ardire. ZEL.: Cadrà se tardi... Ah, nol soffrir... ZID.: Vi sento, teneri affetti. Egaro, và, riedi al campo, i cenni miei vi reca: salvisi il prence, e basti ch'ei prigioniero al mio poter si renda; così pietà m'impone. EG.: (piano a Zidiana) E non amore? ZID.: (piano ad Egaro) Tu l'arcano ne sai, salva il mio core. EG.: Parto veloce. Scena VII Zidiana e Zelinda ZID.: Amica, qual pietà per Teuzzon, qual turbamento? ZEL.: Nella sua morte il tuo dolor pavento. ZID.: E credi tu che al fine ceda l'alma orgogliosa a' miei desiri? ZEL.: Vuoi ch'io libera parli e senza inganno? ZID.: Sì, ten priego. ZEL.: Il suo core non è facil trofeo, Zelinda il tiene; Zelinda, a cui gran tempo diè nel tartaro ciel fede di sposa. ZID.: E sprezzata sarò per altra amante? ZEL.: Lo vinceranno i tuoi favori eccelsi e il suo destin presente; non disperare: amore per sentiero di pene guida i seguaci suoi, e quanto più bramato, tanto è più grato ancor d'un core il dono. (a parte) Se mi tradisce, ahi!, che di morte io sono. Scena VIII Egaro e Zidiana. EG.: Sospese il tuo comando a' tuoi guerrieri in su la man feroce la morte di Teuzzon; l'hai prigioniero. Ma troppo importa il far ch'ei cada estinto a Sivenio ed a Cino. ZID.: E' in balia del mio amore il suo destino. Và, tu ne sii custode, e dall'odio il difendi e dalla frode. EG.: La gloria del tuo sangue vedo che oppressa langue d'una morte all'orror aspra e spietata. Forse pietoso amore donerà calma al core, se ti mostri costante e non ingrata. (da capo) Scena IX Zidiana, Sivenio e Cino. ZID.: Mercè al vostro valor, che su la fronte mi fermò la corona, oggi alla mia felicità nulla più manca, o duci. SIV.: Mancavi ancor la miglior gemma, e questa, questa sarà... CIN.: Che? SIV.: Di Teuzzon la testa. ZID.: La testa sua? SIV.: Tu impallidisci e tremi? ZID.: Fregio della vittoria è la clemenza. SIV.: Clemenza intempestiva toglier ci può della vittoria il frutto. ZID.: Lui prigionier temer si dee? SIV.: Si dee la sua vita temer, la sua sciagura. CIN.: V'assento anch'io, ma si maturi il colpo. SIV.: Nuoce all'opera talor lungo consiglio, ed il lento riguardo è un gran periglio. ZID.: Orsù, mi rendo: mora, mora Teuzzon, ma giusta sembri al regno la man che lo condanna: le sue colpe all'esame pongansi omai; legge le pesi, e dia la sentenza fatal ragion, non odio. Giudici voi ne siate, e il gran decreto poi la destra real segni e soscriva. SIV.: Sì, giudicato ei mora. ZID.: (a parte) E amato viva. CIN.: Ma del mio amor, regina... [L'aria di Cino stampata a questo punto nel libretto (Vedi le mie catene) non è musicata nella partitura torinese; al suo posto ne sta un'altra, essa pure cassata da Vivaldi, della quale rimane leggibile solo la seconda parte]. SIV.: Qui tosto il reo si guidi CIN.: Tutto abbiam vinto, amico, e pur non posso vincere i miei rimorsi. SIV.: Dei regnar, dei goder, e hai cor sì vile? CIN.: Aver ci basti un innocente oppresso; nol vogliamo anche estinto. SIV.: Ecco il prence, suoi giudici sediamo: condannato egli sia. Non mancano al poter giammai pretesti; ogni nostro delitto è già suo fallo, e non abbi riguardo un reo vassallo. Scena XI Teuzzone, Egaro con guerrieri, e suddetti. SIV.: Teuzzon, rendasi questo onore al tuo natal: siediti. TEUZ.: Iniquo, non pensar che comando ti dia sopra di me la mia sciagura. Sono il tuo re; tal mi rispetta, e siedo. EG.: Generosa virtù! SIV.: Tal siedi e parli perché t'è ignoto ancor che reo ten vieni al tuo giudice innanzi. TEUZ.: Voi miei giudici? Voi? Due bassi e vili vapori della terra osan cotanto? Da' miei stessi vassalli giudicato io sarò? Qual legge umana, qual divina il permette? Altro giudice un re non ha che il Cielo. CIN.: Chi dare il può, questo poter ci diede. Zidiana... TEUZ.: E' usurpatrice. SIV.: E' tua regina, e al suo voler t'inchina. TEUZ.: Perfido! Che il mio core giustifichi per tema un tradimento? Cin: (a parte) Rimprovero crudele, al cor ti sento. SIV.: Contender seco è un avvilir il grado. Tuo ufficio, Egaro, sia segnar le accuse, le difese e gli atti del giudizio sovrano. EG.: M'accingo all'opra. TEUZ.: Empio giudizio insano! SIV.: Teuzzon, per te del regno son infrante le leggi, a' voti estremi del genitor disubbidisti, il sacro giuramento a sprezzar cieca ti mosse avidità d'impero; ribel l'armi impugnasti, e i nostri acciari fuman per te di civil sangue ancora. Gravi son le tue colpe; tu ne reca, se n'hai, le tue discolpe. TEUZ.: Dell'opre mie non deggio render ragione a tribunal sì iniquo. CIN.: Tua nova colpa è questo silenzio contumace. SIV.: E mancan le difese a reo che tace. CIN.: O rispondi, o ne attendi il giusto irrevocabile decreto. TEUZ.: Ma decreto sì indegno, che orror faccia alla terra e infamia al regno. EG.: (a parte) Se nol salva l'amor... SIV.: Scrivasi, Egaro, la fatale sentenza. CIN.: (a parte) Giudicata così muor l'innocenza? TEUZ.: Duci, soldati, popoli, a voi parlo. A voi m'appello dalla legge iniqua. Tutte fa le mie colpe chi le condanna; io taccio, giudice lui, né 'l suo giudizio approvo. Se scolparmi ricuso, voi, che del vuoto soglio l'anime siete, e di chi l'empie il braccio, siate giudice mio. Ragion vi rendo di mia innocenza, e poi giustizia attendo. SIV.: Tu segna ancor l'alto decreto. CIN.: O Numi! TEUZ.: Se in me d'ira civile... SIV.: Tacciasi. A reo convinto e condannato più non lice produr vane discolpe. TEUZ.: Suddito infame! SIV.: Egaro, si riconduca alla prigion primiera. Poco là dureran le tue ritorte, ché a disciorle verrà, verrà la morte. TEUZ.: Sì, ribelle anderò, morirò; ma più fiero verrò dall'abisso animando a battaglia, a vendetta ogni mostro, ogni furia, ogni cor. Empio duol che mi serpi nel seno, scaglia pur la fatale saetta a finire il mio acerbo dolor. (da capo) Scena XII Cino e Sivenio. CIN.: Niega eseguir la destra del core i cenni. SIV.: Eh, scrivi; ché preferir conviene a sterile virtude utile colpa. CIN.: Gran desio di regnar, sei mia discolpa. SIV.: Alla regina or vado. Abbia il decreto l'ultimo assenso, e cada, cada il rival indegno che contender ci può Zidiana e il regno. Non temer, sei giunto in porto, già sparita è la procella, che rubella il naufragio minacciò. Ora in quella resti assorto vano orgoglio, che quel soglio di calcar folle tentò. (da capo) CIN.: Scrissi; che vuoi di più, brama crudele? Che vuoi di più, superbo mio pensiero? Per te son traditor, empio, infedele. Ma alfin, per un bel volto che prigionier mi rese, caro è il delitto, amabile la frode. Chi non è in libertà ragion non ode. Nel suo carcere ristretto, pien d'affetto, l'usignol cantando va. Col soave, dolce canto piange intanto la perduta libertà. (da capo) Scena XIII Zelinda e Zidiana. ZEL.: Condannato è, reina, l'innocente amor tuo. ZID.: S'egli fia l'amor mio, sarà innocente. ZEL.: Senza la tua pietà, morto il compiango. ZID.: Pietà si chiede? Ei me ne dia l'esempio. ZEL.: Ma... ZID.: Qui è Sivenio. ZEL.: (a parte) Scellerato ed empio. Scena XIV Sivenio e suddette. SIV.: Contumace alle leggi, ribelle alla corona, è convinto Teuzzon. SIV.: Convien punirlo; e punirlo di morte che sia pubblica e grave al par del fallo. ZID.: Giusta sentenza! ZEL.: (a parte) Traditor vassallo! SIV.: Né differir più lice. ZID.: Facciasi. ZEL.: (a parte) O me infelice! SIV.: Qui dunque alla condanna dia la destra real l'alto consenso. ZEL.: Custodi, a me si rechi onde il foglio vergar. ZEL.: Dov'è il tuo amore? ZID.: Già stabilii ciò che far deggia il core. SIV.: Ecco il fatal decreto... ZID.: Colà il deponi. SIV.: ... e a' piedi v'imprimi il nome eccelso. ZEL.: (a parte) Odo e non moro? ZID.: Imprimerollo, e per Teuzzon saranno i caratteri miei note di sangue. ZEL.: (a parte) Alma, non v'è più speme. SIV.: Scrivi. Va al tavolino e prende la sentenza. ZID.: Sí. SIV.: (a parte) Mio riposo, ed è grandezza mia ch'egli sen mora. ZID.: Ma... SIV.: Già scrivesti? ZID.: Non è tempo ancora Depone la sentenza sul tavolino. ZEL.: Respiro. SIV.: Attendi forse... ZID.: Vanne; pria che il dì cada il foglio segnerò. Chi siede in trono questa aver puote autorità sui rei. SIV.: Troppo... ZID.: Và, già intendesti i sensi miei. Scena XV Zidiana e Zelinda. ZID.: Arde Sivenio, e tollerarlo è forza. ZEL.: E Cino ancora è fra i delusi amanti. ZID.: Lusingarlo a me giova. ZEL.: (a parte) E a me saperlo. (forte:) Ma del caro tuo prence? ZID.: Qui mi si guidi, e ne sia scorta Egaro per le vie più segrete. ZEL.: Che far risolvi? ZID.: Ei sia, in così avversa sorte, arbitro di sua vita e di sua morte. Tu là ascosa sarai, testimon de' suoi sensi. ZEL.: (a parte) Ahimè, perduto ho il caro ben[e]. ZID.: Che pensi? Forse ti spiace, o pur disperi - o Dio! - ch'io possa trionfar dell'amor mio? ZEL.: Guarda in quest'occhi, e senti ciò che ti dice il cor. Se ben il labbro tace, il core, ch'è loquace, geme pel tuo dolor. (da capo) Scena XVI Zidiana, Egaro; poi Teuzzone, e Zelinda nascosta. ZID.: Due seggi qui. EG.: Reina, eccoti il prence. ZID.: Seco mi lascia, e ad ogni passo intanto si divieti l'ingresso... O Dei, t'arresta. Egaro... Ahi, qual rossore? EG.: O d'amar lascia, o ardisci; ché a chi perde un felice momento, non resta del piacer che il pentimento. ZID.: S'ami dunque, e s'ardisca. TEUZ.: E sino a quando saran le mie sciagure spettacolo e trionfo ai miei nemici? ZID.: Io tua nemica? Fammi più di giustizia. A tuo sollievo stendo la stessa man da cui ti credi oppresso. TEUZ.: Non mi lascia temer salda costanza, né mi lascia sperar rigida stella. ZID.: E pur, se nol ricusi, al tuo, che ora è mio, trono il Ciel ti chiama. TEUZ.: Per qual sentier? ZID.: Non ti sia grave, o prence, meco seder. TEUZ.: Che sarà mai? ZID.: (a parte) Ma donde muoverò i primi assalti? Parlar deve a quell'alma la regina o l'amante? La lusinga o il terror? TEUZ.: Tuoi detti attendo. ZID.: Senza colpa del labbro vorrei, Teuzzon, vorrei che intender tu potessi il linguaggio del cor ne gl'occhi miei. TEUZ.: (a parte) Oscuro favellar. ZID.: Mira più attento de' lumi il turbamento, e intenderai che d'amor peno e moro. TEUZ.: E che? Il morto tuo sposo è il tuo martoro? ZID.: Morto il mio sposo? Ah no, ch'egli in te vive, e lo vedo, e li parlo, e ancor l'adoro. Sì, ancor l'adoro! Ma più bel, ma degno più degli affetti miei, giovane, amabil, fiero; e quel tu sei. TEUZ.: (a parte) Stelle! Numi! Che ascolto? (forte:) Ah, ti scordasti chi a me fu genitor, chi a te fu sposo. ZID.: E amando in te ciò che di lui ci resta in che, dimmi, l'offendo? E' tanto eccesso che sia amante del figlio chi del padre fu sposa, e non mai moglie? Caro amor mio... TEUZ.: Zidiana, usa altri sensi, o alla prigion men riedo. ZID.: Sì; altri sensi userò, ma quelli, ingrato, che mi detta il dolor d'un tuo disprezzo. Su, conosci, o crudel, dopo il mio amore tutt'anco il mio furore. Regina e vincitrice ho ragione, ho poter sulla tua vita. Vanne misero, e leggi, leggi quel foglio, e vedi qual mano irriti e quale amor disprezzi. TEUZ.: (a parte) L'alma i suoi mali a tollerar s'avvezzi. Si leva e va al tavolino, dove legge la sentenza. Zelinda si lascia vedere. ZID.: (a parte) Or mi sovvien. Zelinda è che mi rende difficile trofeo quel cor che bramo. TEUZ.: Lessi. Si vuol mia morte. (a parte) Teuzzone torna a sedere; alzando gli occhi vede Zelinda. (a parte) Ah, qui Zelinda! ZID.: E solo manca il mio nome a compir la capital sentenza. Di', vuoi soglio o feretro? Mi vuoi giudice o sposa? Scegli, e pieghi il tuo fato là dove piega il tuo voler. Risolvi: qui te stesso condanna, o qui t'assolvi. TEUZ.: (attratto verso Zelinda, senza badare a ciò che dice Zidiana) Amabili sembianze dell'idol mio... ZID.: Cari soavi accenti, conforto di quest'alma, uscite pur da quel bel labbro, e in seno d'amorosa speranza... Sei pur ritroso. O Dei! Perché rubella al tuo labbro è la man? TEUZ.: Che disse il labbro onde speri il tuo affetto? ZID.: Amabile ti sembro, idolo tuo m'appelli; e non è questo un dir ch'io speri, o caro? TEUZ.: (guardando Zelinda) Eh, ch'io gli accenti allora a te volgea a te, cor di quest'alma, o mia Zelinda. ZID.: E parli a chi non t'ode? Zelinda gli fa cenno che taccia. TEUZ.: Io l'ho presente. Zelinda si ritira ZID.: Dove? TEUZ.: La bella idea mi sta nel core. (a parte) L'idolo mio quasi tradisti, amore. ZID.: Quest' idea si cancelli. TEUZ.: Non giunge a tanto il tuo poter. ZID.: Lo faccia, se nol puote il mio amore, il tuo periglio. TEUZ.: Mai spergiuro sarò per vil timore. ZID.: Ne sarà prezzo il trono mio... TEUZ.: L'aborro. ZID.: ...il viver tuo ... TEUZ.: Più la mia fè m'è cara. ZID.: ...la tua innocenza. TEUZ.: Al Cielo n'appartien la difesa. ZID.: Meglio ancor pensa, ancora questo momento alla pietà si doni. Fa tu la tua sentenza: o morte, o soglio. TEUZ.: Torno a' miei ceppi, e tu soscrivi il foglio. Scena XVII Zidiana e Zelinda ZID.: T'ubbidirò, spietato, e sul quel foglio scriverò le vendette. (va al tavolino) ZEL.: Ove ti porta cieco furor? ZID.: Dove! Me 'l chiedi? L'ire ei proverà d'una beltà schernita. (scrive) ZEL.: Scampo non veggio più per la sua vita. ZID.: Segnato è il foglio; ei morirà. ZEL.: Regina, odimi. ZID.: Ei mi sprezzò. ZEL.: Ma al primo assalto vuoi che ti ceda un cor? Nuovi ne tenta. ZID.: Espormi al disonor d'altro rifiuto? ZEL.: Fa che a Teuzzon mi si conceda il passo, e 'l disporrò al tuo amor. ZID.: Tanto prometti? ZEL.: Sì. Tu sospendi intanto la morte sua. ZID.: Custodi, nella prigion diasi a costei l'ingresso. Ma se m'inganni? ZEL.: Ogni pietà s'esigli; siano ancor co' suoi giorni i miei recisi. ZID.: Risorgete, speranze! ZEL.: (a parte) Ahi, che promisi! ZID.: Ritorna a lusingarmi la mia speranza infida, e Amor per consolarmi già par che scherzi e rida, volando e vezzeggiando intorno a questo cor. Ma poi, sebben altero, il pargoletto arciero già fugge e lascia l'armi a fronte del mio amor. (da capo)
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