Character list, synopsis | Act II | Act III
ATTO PRIMO Scena I Campo di battaglia illuminato di notte. Padiglione reale ove sta Troncone ferito, appoggiato a grand'asta. Troncone, Cino, Sivenio. TR.: Nostro, amici, è il trionfo. Ingo ribelle cadde, e la pace al nostro Impero è resa. Ruoti or la falce, e tronchi i miei stami vitali invida Parca: quello di mie vittorie l'ultimo è dei miei dì. Più nobil fine non poteami dal Cielo esser prescritto: s'applauda; vissi assai, se moro invitto. CIN.: Lascia, o Signor, che su le regie piume, posta all'esame la ferita... TR.: Eh, Cino, morire in piedi un Re sol dee. Tu primo del voler nostro interprete e custode, prendi, su, questo foglio chiuso dal regio impronto. Chiamo l'erede alla corona, accresco titoli al sangue, e alla Natura applaudo. Gli da il testamento sigillato. CIN.: Bacio la man che a tanto onor m'innalza. TR.: E tu Sivenio, o primo duce del campo, al cui valor tenute di non lievi trofei son le nostr'armi, prendi: il regal sigillo nella tua man depongo, e tu lo rendi a chi dovrà le leggi impor del trono. Gli da il sigillo reale. SIV.: Chino a terra la fronte, e bacio il dono. TR.: Ma già vien meno il cor, perpetua notte mi toglie il giorno, il favellar... m'è rotto. Nel nuovo erede chiedo in ultimo don la vostra fede. Muore, e si chiudono l'ali del padiglione. Scena II Zidiana che esce dal suo padiglione piangendo, poi Egaro. ZID.: Al fiero mio tormento par che pianga il ruscel, languisca il fiore. [dopo l'arioso di Zidiana la partitura reca un'aria dello stesso personaggio che non è compresa nel libretto:] Alma mia, fra tanti affanni a che giova il lagrimar? Dopo l'impeto de' pianti ci mostriamo più costanti, e si pensi anco a regnar. (da capo) EG.: Reina, egli è ben giusto il tuo dolore, se perdi in un momento e regno, e sposo. ZID.: Fabbro è ognun di sua sorte: io già che seppi il diadema acquistar, saprò serbarlo. EG.: Nobil, ma vana speme. ZID.: Pria che fossi reina, sai che per me avvampar Sivenio e Cino. EG.: Di questo cielo i fermi poli. ZID.: Il foco cercò sfera maggior; nel re mio sposo alzò la fiamma e dilatò la vampa. EG.: Che pro? Rompono l'armi il nodo maritale. ZID.: Ed in un punto vergine, sposa, vedova già sono. EG.: A lasciar già vicina, asceso appena, è mal gustato il trono. ZID.: Lasciar il trono? Ah, pria mi si strappi dal sen l'alma e la vita. Caro Teuzzon, perdona se t'insidio l'onor della corona. EG.: Qual pietà, qual affetto! ZID.: Amo Teuzzone; il Cielo, che ben vedea quanto l'amassi, intatta mi toglie al padre e mi preserva al figlio. EG.: Strano amor! ZID.: Vuò regnar per regnar seco, vuò ch'egli abbia il diadema da me, non dal suo sangue, e a me frattanto servan le fiamme altrui. Cino s'inganni, Sivenio si lusinghi, e per regnar tutto si tenti alfine; l'amante in braccio e la corona al crine. EG.: Come suol la navicella tra le Sirti e la procella sospirar l'amato lido, tal si lagna il tuo bel cor. Gran nocchiero è il dio di Gnido, ma nel mare della spene a fugar l'aure serene move i nembi reo timor. (da capo) Scena III Sivenio e Zidiana. SIV.: Ne' miei lumi, o reina, legger ben puoi la comun sorte e 'l danno. ZID.: (a parte) Cominci da costui l'opra e l'inganno. (forte) Nel regio sposo, o duce, molto perdei. Pur, se convien ne' mali temprar le pene e raddolcir il pianto, sol col mio re, non mio consorte ancora, una fiamma s'è spenta ch'illustre mi rendea, ma non contenta. SIV.: Ahimè, che più non lice all'amor mio a quel d'una regina alzar i vanni. ZID.: I miei voti seconda, e tua mi giuro. SIV.: Come? ZID.: Serbami un trono che il Ciel mi diede, e non soffrir, se m'ami, che abbietta io serva, ove regnai sovrana. Altri m'abbi regina, tu m'abbi sposa. A che tacer? Che pensi? SIV.: Non ascriver, s'io tacqui, il tacer mio a rimorso o a viltà. Facile impresa m'è una guerra svegliar dubbia e feroce; ma agli estremi rimedi tardi s'accorra, e giovi tentar vie più sicure e men crudeli. ZID.: Quai fien queste? SIV.: Conviene Cino anche trar nelle tue parti. ZID.: Egli arde per me d'amore. SIV.: E per Teuzzon di sdegno. ZID.: L'odio dunque l'irriti. SIV.: E l'amor lo lusinghi, o mia regina. ZID.: Mal può, perché ben ama, gli affetti simular l'anima mia. SIV.: La prim'arte in chi regna il finger sia. ZID.: Fingasi, se ti piace; e tu con Cino primo l'opra disponi, offri, prometti. Io, poco avvezza, intanto seguirò l'arti; ma te sol, mio caro, tutta fida, amorosa, sposo e re abbraccerò, regina e sposa. Tu, mio vezzoso, diletto sposo, mi sii fedele, e son contenta. Mio sia quel core, e del nemico destin crudele l'ira e il furore non mi spaventa. (da capo) [La partitura offre a questo punto un'aria alternativa di Zidiana (Caro adorato bene), cassata da Vivaldi]. Scena IV Sivenio e Cino. SIV.: Signor, te appunto io qui attendea. CIN.: Gran duce! SIV.: Poss'io scoprirmi alla tua fede? CIN.: Impegno nel segreto il mio onor. Parla, t'ascolto. SIV.: Del re l'infausta morte è periglio comun: molti e molti anni noi regnammo con lui. Teuzzon, suo figlio, ci riguardò come nemici, e in noi a gran colpa imputò l'amor del padre. CIN.: E' vero; ma impotente è l'odio nostro. SIV.: Siegui i miei voti, e preveniamo i mali. CIN.: Ne addita il modo. SIV.: Allor ch'è vuoto il soglio, sai che non basta al più vicino erede il titolo del sangue. Vuol la legge, e vuol l'uso che lo confermi, in chiare note espresso, il real testamento, e che deporsi deggia in sua mano il regio impronto; or ambi Troncon morendo a nostra fè commise. D'ambi a nostro piacer possiam disporre, e tor con arte il regno a chi per noi tutto è livore e sdegno. CIN.: Ma come il foglio aprir, come il real[e] carattere mentirne? SIV.: Consenti all'opra, e n'assicuro i mezzi. CIN.: In chi cadranno i nostri voti? SIV.: In quella che del tuo amor fu meta. CIN.: Nella regina? SIV.: Appunto. Poi farò sì che del favor eccelso ella il premio ti renda in farti sposo. CIN.: (a parte) Qual assalto, o mio cor! SIV.: Pensa, e trionfa d'un inutil timore; e soddisfa egualmente nel tuo illustre destin l'odio e l'amore. In trono assiso ben vince amore con frode e core fiera beltà; e s'egli prega, pregando lega la crudeltà. Di quel nemico trionferà fè lusinghiera non più sincera, dando l'assalto con cuor di smalto che fingerà. (da capo) Scena V Cino solo. CIN.: Innocenza, ragion, vorrei che ancora in quest'alma regnaste; ma s'ora deggio in sacrificio offrirvi l'ambizïon, l'amore e la vendetta, perdonatemi pur: mi sono a core, più che i vostri trofei, le mie ruine, e mi siete tiranne, e non regine. Taci per poco ancora, ingrato cor spietato, e lascia che favelli di fido amante il cor. Al bel che t'innamora ritornerai costante, tanto più grato amante quanto più traditor. (da capo) Scena VI Luogo de' sepolcri. Teuzzone, poi Zelinda con seguito. TEUZ.: Ove giro il mesto sguardo trovo pena e trovo orrore. Zelinda, oh Dio, Zelinda, tanto in vano aspettata e tanto sospirata, pur qui ti rivedrò. Sei lune, e sei corsero già dal giorno che nel tartaro cielo io ti lasciai. Vieni, che qui doglioso, sposa e amante t'attendo, amante e sposo. [A questo punto la sola partitura reca un duetto fra Teuzzone e Zelinda (Che amaro tormento), seguito da un breve recitativo di Teuzzone (E' impossile, o cara) - entrambi cassati da Vivaldi]. ZEL.: O sposo, o dolce di quest'alma fedele unica speme; o felice momento che dilegui il mio affanno e il mio spavento. TEUZ./ ZEL.: (a due) Lega pietoso amore con bel nodo alma ad alma, e core a core. ZEL.: Ma qual dolor v'ha, che non lascia intero alla tua gioia il corso? TEUZ.: Negar nol so: il Genitor mi tolse empia immatura morte: ah, tu perdona s'ora divide i suoi tributi il ciglio tra gl'uffici d'amante e quel di figlio. ZEL.: Del tuo duol degno è il padre. TEUZ.: Or or con sacra pompa verrà qui alla sua tomba il regno per onorarne il funeral primiero. ZEL.: Io, se v' assenti, ad ogni sguardo ignota ne osserverò la strana pompa e 'l rito. TEUZ.: Poi, quando alzato m'abbia al comando sovrano col pubblico voler quello del padre, vieni sposa, ed accresci del fausto dì col tuo bel volto i rai. In offrirti le porpore... ZEL.: Eh, Teuzzone; tutto, tutto il mio orgoglio è regnar sul tuo cor, non sul tuo soglio. Scena VII Teuzzone, Zidiana,Cino, Sivenio, Egaro. Popoli e soldati cinesi dalla città con insegne reali, spoglie guerriere, stendardi, ombrelle. CORO: Da gl'Elisi ove posate risorgete, alme reali, e il maggior de' vostri figli, ombre avite, ombre immortali, d'onorar non vi sdegnate. TEUZ.: Perché l'ora più fausta al tuo riposo splenda, o mio genitore, arda e consumi queste la viva fiamma figlie di puro sol candide perle. ZID.: Io vi getto l'amare memorie del mio amore. CIN.: Ed io le ricche spoglie de' tuoi trionfi. SIV.: Io d'ostro... EG.: Io d'oro... SIV.: ...spargo la vampa... EG.: e il sacrificio onoro. CORO: Da gl'Elisi ove posate risorgete, alme reali, e il maggior de' vostri figli, ombre avite, ombre immortali, d'onorar non vi sdegnate. Scena VIII Zidiana, Sivenio e Cino. SIV.: (piano, a Zidiana) D'arte e d'inganno ecco, reina, il tempo. ZID.: (piano, a Sivenio) Ma te non turbi intanto un geloso timor. Già sai ch'io fingo. CIN.: (a parte) Siete in porto, o miei voti, se l'aureo scettro e il caro bene io stringo. ZID.: Cino, l'amor, con cui m'è gloria al fine ricompensar tua fede, io non vorrei che interpretassi a fasto. Ragion mi move ad accettar la destra che mi ferma sul trono. Godrò d'esser regina per esser tua. Da quel poter, cui piacque innalzarmi agli Dei, cader senza tua colpa io non potrei. CIN.: Per una sorte onde m'invidii il Cielo non ricuso cimenti; o cadrò esangue, o tu sarai reina. ZID.: Oh, come dolce allora fia l'abbracciarti! SIV.: (piano, a Zidiana) O Dio, troppo amorosa seco favelli. ZID.: (piano, a Sivenio) E' tutto inganno, il sai. CIN.: Miglior sorte in amor chi può aver mai? ZID.: Più non s'indugi; andiamo, o Prence, e svelto cada di mano al fier Teuzzon lo scettro. SIV.: Lascia ch'io teco adempia il dover di vassallo. CIN.: Anzi d'amico. SIV.: Mio re t'adoro. CIN.: In amistà t'abbraccio. ZID.: (a parte) E due cori così prendo ad un laccio. (a Cino) Sarò tua, regina e sposa. (a Siveno) Non temere, ch'io l'inganno. (a parte) So ben io qual fa per me. (a Cino) Ama pur, bocca amorosa (a Siveno) Sebben fingo, io non l'adoro; (a parte) ma se fingo so perché. (da capo) Scena IX Zelinda sola. ZEL.: Udiste, o Cieli, udiste; e che far posso, donna sola e straniera in tal periglio? Suggeritemi, o Dei, forza e consiglio. Per non solite vie tentar conviene la comune salute. Miei fidi, si taccia la sorte mia; voi nella reggia il passo, cauti e occulti v'aprite. Ove fia d'uopo, al vostro braccio avrò ricorso. Argonte solo mi segua ove m'inspira il Cielo, e verran meco ardir, costanza e zelo. Partono i soldati e resta uno. La timida cervetta, che fugge il cacciator, va errando per timor per la foresta. Tal io colma d'affanni, in mezzo a tanti inganni errando vado ognor, confusa dal timor che il sen m'infesta. (da capo) Scena X Anfiteatro preparato per la dichiarazione del nuovo imperatore, con trono reale, popolo spettatore e sedili. Zidiana, Teuzzone, Cino, Sivenio ed Egaro. Popolo e soldati. SIV.: Pria che del morto re l'alto si spieghi voler sul nuovo erede, serbar le prische leggi ognun qui giuri. ZID.: Alma bella che vedi il mio core, sarà eterna la fè che prometto. TEUZ.: Anche estinto, mio padre diletto, m'avrai figlio d'ossequio e d'amore. SIV.: Col mio labbro giura il campo. CIN.: Giura Cino, e giura il regno. (vanno a sedere) Questo, o principi, o duci, chiuso dal regio impronto, è del morto Troncon l'alto decreto; gia l'apro e leggo, udite: (legge) "Noi, della Cina imperator, Troncone, vogliamo - e serva di destin la legge - che dopo noi sovra il Cinese impero passi la nostra autorità sovrana in chi n'ha la virtù. Regni Zidiana. TEUZ.: (si leva con impeto) Zidiana? CIN.: A chiare note, leggi, Troncone ei stesso scrisse. TEUZ.: Il padre? ...Regni Zidiana. SIV.: Ed a Zidiana, o prence, è supremo voler ch'io porga il sacro riverito sigillo. Ubbidisco, o regina, e adoro il cenno. CORO: Viva Zidiana, viva. Zidiana scende sul trono. ZID.: Cinesi, i re temuti non fa il sesso, ma il core. Norma delle mie leggi sarà il pubblico bene. A' vostri sonni veglieran le mie cure; pia, giusta, e tale insomma che non abbia a pentirsi del suo amor, di sua scelta, il re mio sposo. Cercherò sol nel vostro il mio riposo. EG.: Magnanimi pensieri! CIN.: Io primo in grado gl'altri precedo, e voi, gran ministri del regno, meco giurate e vassallaggio, e fede. EG.: Sieguo l'invito, e l'umil bacio imprimo. SIV.: Dell'armi io primo duce rendo a' minori esempio, e in bacio riverente il giusto adempio. CIN.: (a Teuzzone) Principe, a che più tardi? Suddito della legge tu pur nascesti; a giurar vieni, e vieni... TEUZ.: Che vassallo? Che fede? Cinesi, i Numi invoco, di quel trono usurpato alme custodi, che voi siete ingannati ed io tradito. In che errai? Quando offesi la chiarezza del sangue, l'amor paterno e le speranze vostre? Ah, che solo m'esclude l'altrui perfidia; e ch'io lo soffra? E voi lo soffrirete? Il Cielo, protettor di ragione e d'innocenza, meco sarà, meco sarà virtude, meco ardir, meco fè. Chi del giusto è amator segua il suo re. Come fra' turbini scendono i fulmini, fra le stragi e le ruine sul tuo crine questa spada, empio ribelle, tutta sdegno piomberà. E l'orgoglio, atterrato a' piè del soglio, le mie glorie segnerà. (da capo) Scena XI Zidiana, Cino, Sivenio ed Egaro. CIN.: Custodi, il contumace s'arresti, anzi s'uccida. ZID.: S'uccida? SIV.: Sì, che puote esser reo di più mali l'indugio del comando. ZID.: O Dei! EG.: Regina, vacilla il tuo destin s'egli non cade. SIV.: Il tuo primo periglio è la pietade. Ite veloci ad eseguire il cenno. Scena XII Zelinda e suddetti. ZEL.: Fermate, iniqui, e non osate a' danni del vostro re volger le spade e l'ire. E tu, donna, se brami regnar felice, or non voler che il regno da una colpa cominci. CIN.: (a parte) Che ardir! EG.: (a parte) Che volto! SIV.: O tu, che osi cotanto, non so se d'ira o da follia sospinta, parla: chi sei? ZEL.: Tal sono, che risponder non degno ad uom sì iniquo. SIV.: Non la esenti al castigo il poco senno, il debil sesso. A forza tosto... ZEL.: Guardami, e temi d'offender nel mio seno le Deità più sacre. Io, che ad Amida son vergine diletta, tutto so, tutto vedo, e l'opra mia quasi raggio del sol vien di là sopra. SIV.: In van... ZID.: Sivenio, il Cielo mai non si tenti, e in chi i doni ne vanta si rispetti l'audacia anche del vanto. Vanne, ed a me costanti tu del campo fedel conferma i voti. Della reggia in difesa Egaro vegli. Cino, tu osserva il prence, e quanto egli tenta previeni; indi le pompe di questo giorno a noi sì sacro, in cui nacque col maggio il mondo, sia tua cura dispor. La comun pace e me stessa confido al vostro affetto. EG.: Ubbidirò qual deggio. CIN.: Pria che la fè mancherà l'alma in petto. Mi va scherzando in sen un placido seren che mi lusinga il cor, e mi consola. Già certo, il mio goder fa bello il mio piacer, e tutto il mio timor all'alma invola. (da capo) ZID.: Sivenio, in te confido la più forte ragion di mie speranze, ché quanto caro sei, tanto sei fido. SIV.: Non paventa giammai le cadute chi, fedele seguace d'amore, vanta in petto coraggio e valor. E se cade, cadendo da forte, l'avversa sua sorte incontra con fasto, né [mai] teme di morte l'orror. (da capo) Scena XIII Zidiana e Zelinda. ZID.: Tu, s'egli è ver che tanto giungi addentro ne' cori, e tanto vedi, chiaro saprai s'altro più tema il mio che di Teuzzon la morte e la ruina. ZEL.: Regna sovra i tuoi sensi, e sei regina. ZID.: Ah, che dentro di noi freme il nostro tiranno. ZEL.: Ragione imperi, ed il tiranno è vinto. ZID.: Impotente ragion! ZEL.: Sì, dove il cieco desio di dominar regge a sua voglia. ZID.: O il tutto non intendi, o il peggio taci di mia viltà. ZEL.: Quando gli errori in parte dissimulo d'un core, assolvo il volto tuo da un gran rossore. ZID.: Ah, sii pietosa, o donna, come sei saggia: vanne, và, ten priego, a Teuzzon; digli che alfine l'ire deponga, digli che non ricusi in dono ciò che in retaggio ei chiede. Regni, ma per me regni, e l'abbia a grado. ZEL.: Che? ZID.: Renda... ZEL.: Siegui! ZID.: Amor, Zidiana, il regno. Ohimè... ZEL.: Taci e sospiri? ZID.: (a parte) O silenzio, o sospiro vergognoso e loquace! Và, digli... Ah, che assai dissi! S'intende un cor, quando sospira e tace. Scena XIV Zelinda sola. ZEL.: Mio core, io non m'inganno; una rivale scopro nella regina, né mai con pace una rival si trova. Ma non sarei sì amante se non fossi gelosa. In traccia io vado del mio Teuzzon. Lontano dai cari lacci onde m'avvinse amore non sa vivere il core. Ti sento, sì ti sento a palpitarmi in sen, speranza lusinghiera. E dice al mesto cor: qual rapido balen cangerà il tuo martor; costante spera. (da capo)
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