Last updated: Feb. 14, 1997
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Teuzzone


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Character list, synopsis | Act II | Act III

ATTO PRIMO

Scena I

Campo di battaglia illuminato di notte. Padiglione reale ove sta Troncone
ferito, appoggiato a grand'asta.
Troncone, Cino, Sivenio.

TR.: Nostro, amici, è il trionfo. Ingo ribelle
cadde, e la pace al nostro Impero è resa.
Ruoti or la falce, e tronchi
i miei stami vitali invida Parca:
quello di mie vittorie
l'ultimo è dei miei dì. Più nobil fine
non poteami dal Cielo esser prescritto:
s'applauda; vissi assai, se moro invitto.
CIN.: Lascia, o Signor, che su le regie piume,
posta all'esame la ferita...
TR.: Eh, Cino,
morire in piedi un Re sol dee. Tu primo
del voler nostro interprete e custode,
prendi, su, questo foglio
chiuso dal regio impronto.
Chiamo l'erede alla corona, accresco 
titoli al sangue, e alla Natura applaudo.
	Gli da il testamento sigillato.
CIN.: Bacio la man che a tanto onor m'innalza.
TR.: E tu Sivenio, o primo
duce del campo, al cui valor tenute
di non lievi trofei son le nostr'armi,
prendi: il regal sigillo 
nella tua man depongo, e tu lo rendi
a chi dovrà le leggi impor del trono.
	Gli da il sigillo reale.
SIV.: Chino a terra la fronte, e bacio il dono.
TR.: Ma già vien meno il cor, perpetua notte
mi toglie il giorno, il favellar... m'è rotto.
Nel nuovo erede
chiedo in ultimo don la vostra fede.
	Muore, e si chiudono l'ali del padiglione.

Scena II

Zidiana che esce dal suo padiglione piangendo, poi Egaro. 

ZID.: 	Al fiero mio tormento
par che pianga il ruscel, languisca il fiore.

[dopo l'arioso di Zidiana la partitura reca un'aria dello stesso personaggio
che non è compresa nel libretto:]

	Alma mia, fra tanti affanni
	a che giova il lagrimar?

	Dopo l'impeto de' pianti
	ci mostriamo più costanti,
	e si pensi anco a regnar.	(da capo)
	
EG.: Reina, egli è ben giusto il tuo dolore,
se perdi in un momento e regno, e sposo.
ZID.: Fabbro è ognun di sua sorte: io già che seppi
il diadema acquistar, saprò serbarlo.
EG.: Nobil, ma vana speme.
ZID.: Pria che fossi reina,
sai che per me avvampar Sivenio e Cino.
EG.: Di questo cielo i fermi poli.
ZID.: Il foco
cercò sfera maggior; nel re mio sposo
alzò la fiamma e dilatò la vampa.
EG.: Che pro? Rompono l'armi
il nodo maritale.
ZID.: Ed in un punto
vergine, sposa, vedova già sono.
EG.: A lasciar già vicina, 
asceso appena, è mal gustato il trono.
ZID.: Lasciar il trono? Ah, pria
mi si strappi dal sen l'alma e la vita.
Caro Teuzzon, perdona
se t'insidio l'onor della corona.
EG.: Qual pietà, qual affetto!
ZID.: Amo Teuzzone; il Cielo,
che ben vedea quanto l'amassi, intatta
mi toglie al padre e mi preserva al figlio.
EG.: Strano amor!
ZID.: Vuò regnar per regnar seco,
vuò ch'egli abbia il diadema
da me, non dal suo sangue, e a me frattanto
servan le fiamme altrui. Cino s'inganni,
Sivenio si lusinghi,
e per regnar tutto si tenti alfine;
l'amante in braccio e la corona al crine.

EG.: 	Come suol la navicella
	tra le Sirti e la procella
	sospirar l'amato lido,
	tal si lagna il tuo bel cor.
 
	Gran nocchiero è il dio di Gnido,
	ma nel mare della spene
	a fugar l'aure serene
	move i nembi reo timor.	(da capo)


Scena III

Sivenio e Zidiana.

SIV.: Ne' miei lumi, o reina,
legger ben puoi la comun sorte e 'l danno.
ZID.: (a parte) Cominci da costui l'opra e l'inganno.
(forte) Nel regio sposo, o duce,
molto perdei. Pur, se convien ne' mali
temprar le pene e raddolcir il pianto,
sol col mio re, non mio consorte ancora,
una fiamma s'è spenta
ch'illustre mi rendea, ma non contenta.
SIV.: Ahimè, che più non lice all'amor mio
a quel d'una regina alzar i vanni.
ZID.: I miei voti seconda, e tua mi giuro.
SIV.: Come?
ZID.: Serbami un trono
che il Ciel mi diede, e non soffrir, se m'ami,
che abbietta io serva, ove regnai sovrana.
Altri m'abbi regina,
tu m'abbi sposa. A che tacer? Che pensi?
SIV.: Non ascriver, s'io tacqui, il tacer mio
a rimorso o a viltà. Facile impresa
m'è una guerra svegliar dubbia e feroce;
ma agli estremi rimedi
tardi s'accorra, e giovi
tentar vie più sicure e men crudeli.
ZID.: Quai fien queste?
SIV.: Conviene
Cino anche trar nelle tue parti.
ZID.: Egli arde
per me d'amore.
SIV.: E per Teuzzon di sdegno.
ZID.: L'odio dunque l'irriti.
SIV.: E l'amor lo lusinghi, o mia regina.
ZID.: Mal può, perché ben ama,
gli affetti simular l'anima mia.
SIV.: La prim'arte in chi regna il finger sia.
ZID.: Fingasi, se ti piace; e tu con Cino
primo l'opra disponi, offri, prometti.
Io, poco avvezza, intanto
seguirò l'arti; ma te sol, mio caro,
tutta fida, amorosa,
sposo e re abbraccerò, regina e sposa.

	Tu, mio vezzoso,
	diletto sposo,
	mi sii fedele,
	e son contenta.

	Mio sia quel core,
	e del nemico
	destin crudele
	l'ira e il furore
	non mi spaventa.	(da capo)

[La partitura offre a questo punto un'aria alternativa di Zidiana (Caro
adorato bene), cassata da Vivaldi].

Scena IV

Sivenio e Cino.

SIV.: Signor, te appunto io qui attendea.
CIN.: Gran duce!
SIV.: Poss'io scoprirmi alla tua fede?
CIN.: Impegno
nel segreto il mio onor. Parla, t'ascolto.
SIV.: Del re l'infausta morte
è periglio comun: molti e molti anni
noi regnammo con lui. Teuzzon, suo figlio,
ci riguardò come nemici, e in noi
a gran colpa imputò l'amor del padre.
CIN.: E' vero; ma impotente è l'odio nostro.
SIV.: Siegui i miei voti, e preveniamo i mali.
CIN.: Ne addita il modo.
SIV.: Allor ch'è vuoto il soglio,
sai che non basta al più vicino erede
il titolo del sangue.
Vuol la legge, e vuol l'uso
che lo confermi, in chiare note espresso,
il real testamento, e che deporsi
deggia in sua mano il regio impronto; or ambi
Troncon morendo a nostra fè commise.
D'ambi a nostro piacer possiam disporre,
e tor con arte il regno
a chi per noi tutto è livore e sdegno.
CIN.: Ma come il foglio aprir, come il real[e]
carattere mentirne?
SIV.: Consenti all'opra, e n'assicuro i mezzi.
CIN.: In chi cadranno i nostri voti?
SIV.: In quella
che del tuo amor fu meta.
CIN.: Nella regina?
SIV.: Appunto.
Poi farò sì che del favor eccelso
ella il premio ti renda in farti sposo.
CIN.: (a parte) Qual assalto, o mio cor!
SIV.: Pensa, e trionfa
d'un inutil timore;
e soddisfa egualmente
nel tuo illustre destin l'odio e l'amore.

	In trono assiso
	ben vince amore
	con frode e core
	fiera beltà;
	e s'egli prega,
	pregando lega
	la crudeltà.

	Di quel nemico
	trionferà
	fè lusinghiera
	non più sincera,
	dando l'assalto
	con cuor di smalto
	che fingerà.	(da capo)


Scena V

Cino solo.

CIN.: Innocenza, ragion, vorrei che ancora
in quest'alma regnaste;
ma s'ora deggio in sacrificio offrirvi
l'ambizïon, l'amore e la vendetta,
perdonatemi pur: mi sono a core,
più che i vostri trofei, le mie ruine,
e mi siete tiranne, e non regine.

Taci per poco ancora,
ingrato cor spietato,
e lascia che favelli
di fido amante il cor.

Al bel che t'innamora
ritornerai costante,
tanto più grato amante
quanto più traditor.	(da capo)

 
Scena VI

Luogo de' sepolcri.
Teuzzone, poi Zelinda con seguito.

TEUZ.: Ove giro il mesto sguardo
trovo pena e trovo orrore.

Zelinda, oh Dio, Zelinda,
tanto in vano aspettata
e tanto sospirata,
pur qui ti rivedrò. Sei lune, e sei
corsero già dal giorno
che nel tartaro cielo io ti lasciai.
Vieni, che qui doglioso,
sposa e amante t'attendo, amante e sposo.

[A questo punto la sola partitura reca un duetto fra Teuzzone e Zelinda (Che
amaro tormento), seguito da un breve recitativo di Teuzzone (E' impossile, o
cara) - entrambi cassati da Vivaldi].

ZEL.: O sposo, o dolce
di quest'alma fedele unica speme;
o felice momento
che dilegui il mio affanno e il mio spavento.

TEUZ./ ZEL.: (a due) Lega pietoso amore
		con bel nodo alma ad alma, e core a core.

ZEL.: Ma qual dolor v'ha, che non lascia intero
alla tua gioia il corso?
TEUZ.: Negar nol so: il Genitor mi tolse
empia immatura morte: ah, tu perdona
s'ora divide i suoi tributi il ciglio
tra gl'uffici d'amante e quel di figlio.
ZEL.: Del tuo duol degno è il padre.
TEUZ.: Or or con sacra
pompa verrà qui alla sua tomba il regno
per onorarne il funeral primiero.
ZEL.: Io, se v' assenti, ad ogni sguardo ignota
ne osserverò la strana pompa e 'l rito.
TEUZ.: Poi, quando alzato m'abbia
al comando sovrano
col pubblico voler quello del padre, 
vieni sposa, ed accresci
del fausto dì col tuo bel volto i rai.
In offrirti le porpore...
ZEL.: Eh, Teuzzone;
tutto, tutto il mio orgoglio
è regnar sul tuo cor, non sul tuo soglio.

Scena VII

Teuzzone, Zidiana,Cino, Sivenio, Egaro.
Popoli e soldati cinesi dalla città con insegne reali, spoglie guerriere,
stendardi, ombrelle.

CORO: 	Da gl'Elisi ove posate
		risorgete, alme reali,
		e il maggior de' vostri figli,
		ombre avite, ombre immortali,
		d'onorar non vi sdegnate.

TEUZ.: Perché l'ora più fausta al tuo riposo
splenda, o mio genitore, arda e consumi
queste la viva fiamma
figlie di puro sol candide perle.
ZID.: Io vi getto l'amare
memorie del mio amore.
CIN.: Ed io le ricche
spoglie de' tuoi trionfi.
SIV.: Io d'ostro...
EG.: Io d'oro...
SIV.: ...spargo la vampa...
EG.: e il sacrificio onoro.

CORO: 	Da gl'Elisi ove posate
		risorgete, alme reali,
		e il maggior de' vostri figli,
		ombre avite, ombre immortali,
		d'onorar non vi sdegnate.

Scena VIII

Zidiana, Sivenio e  Cino.

SIV.: (piano, a Zidiana) D'arte e d'inganno ecco, reina, il tempo.
ZID.: (piano, a Sivenio)  Ma te non turbi intanto
un geloso timor. Già sai ch'io fingo.
CIN.: (a parte) Siete in porto, o miei voti,
se l'aureo scettro e il caro bene io stringo.
ZID.: Cino, l'amor, con cui m'è gloria al fine
ricompensar tua fede, 
io non vorrei che interpretassi a fasto.
Ragion mi move ad accettar la destra
che mi ferma sul trono.
Godrò d'esser regina
per esser tua. Da quel poter, cui piacque
innalzarmi agli Dei,
cader senza tua colpa io non potrei.
CIN.: Per una sorte onde m'invidii il Cielo
non ricuso cimenti;
o cadrò esangue, o tu sarai reina.
ZID.: Oh, come dolce allora
fia l'abbracciarti!
SIV.: (piano, a Zidiana) O Dio, troppo amorosa
seco favelli.
ZID.: (piano, a Sivenio) E' tutto inganno, il sai.
CIN.: Miglior sorte in amor chi può aver mai?
ZID.: Più non s'indugi; andiamo, o Prence, e svelto
cada di mano al fier Teuzzon lo scettro.
SIV.: Lascia ch'io teco adempia
il dover di vassallo.
CIN.: Anzi d'amico.
SIV.: Mio re t'adoro.
CIN.: In amistà t'abbraccio.
ZID.: (a parte) E due cori così prendo ad un laccio.

(a Cino) 	Sarò tua, regina e sposa.
(a Siveno) 	Non temere, ch'io l'inganno.
(a parte) 	So ben io qual fa per me.

(a Cino) 	Ama pur, bocca amorosa
(a Siveno) 	Sebben fingo, io non l'adoro;
(a parte) 	ma se fingo so perché.	(da capo)


Scena IX

Zelinda sola.

ZEL.: Udiste, o Cieli, udiste; e che far posso,
donna sola e straniera in tal periglio?
Suggeritemi, o Dei, forza e consiglio.
Per non solite vie tentar conviene
la comune salute.
Miei fidi, si taccia
la sorte mia; voi nella reggia il passo,
cauti e occulti v'aprite. Ove fia d'uopo,
al vostro braccio avrò ricorso. Argonte
solo mi segua ove m'inspira il Cielo,
e verran meco ardir, costanza e zelo.
	Partono i soldati e resta uno.

	La timida cervetta,
	che fugge il cacciator,
	va errando per timor
	per la foresta.

	Tal io colma d'affanni,
	in mezzo a tanti inganni
	errando vado ognor,
	confusa dal timor
	che il sen m'infesta.	(da capo)


Scena X

Anfiteatro preparato per la dichiarazione del nuovo imperatore, con trono
reale, popolo spettatore e sedili.
Zidiana, Teuzzone, Cino, Sivenio ed Egaro. Popolo e soldati.

SIV.: Pria che del morto re l'alto si spieghi
voler sul nuovo erede,
serbar le prische leggi ognun qui giuri.

ZID.: Alma bella che vedi il mio core,
sarà eterna la fè che prometto.

TEUZ.: Anche estinto,  mio padre diletto,
m'avrai figlio d'ossequio e d'amore.

SIV.: Col mio labbro giura il campo.
CIN.: Giura Cino, e giura il regno.
	(vanno a sedere)

Questo, o principi, o duci,
chiuso dal regio impronto,
è del morto Troncon l'alto decreto;
gia l'apro e leggo, udite:
	(legge)	
"Noi, della Cina imperator, Troncone,
vogliamo - e serva di destin la legge -
che dopo noi sovra il Cinese impero
passi la nostra autorità sovrana
in chi n'ha la virtù. Regni Zidiana.
TEUZ.: (si leva con impeto) Zidiana?
CIN.: A chiare note,
leggi, Troncone ei stesso scrisse.
TEUZ.: Il padre?
...Regni Zidiana.
SIV.: Ed a Zidiana, o prence,
è supremo voler ch'io porga il sacro
riverito sigillo.
Ubbidisco, o regina, e adoro il cenno.
CORO:  Viva Zidiana, viva.
Zidiana scende sul trono.
ZID.: Cinesi, i re temuti
non fa il sesso, ma il core.
Norma delle mie leggi
sarà il pubblico bene. A' vostri sonni
veglieran le mie cure;
pia, giusta, e tale insomma
che non abbia a pentirsi
del suo amor, di sua scelta, il re mio sposo.
Cercherò sol nel vostro il mio riposo.
EG.: Magnanimi pensieri!
CIN.: Io primo in grado
gl'altri precedo, e voi,
gran ministri del regno,
meco giurate e vassallaggio, e fede.
EG.: Sieguo l'invito, e l'umil bacio imprimo.
SIV.: Dell'armi io primo duce
rendo a' minori esempio,
e in bacio riverente il giusto adempio.
CIN.: (a Teuzzone) Principe, a che più tardi? 
Suddito della legge
tu pur nascesti; a giurar vieni, e vieni...
TEUZ.: Che vassallo? Che fede?
Cinesi, i Numi invoco,
di quel trono usurpato alme custodi,
che voi siete ingannati ed io tradito.
In che errai? Quando offesi
la chiarezza del sangue, 
l'amor paterno e le speranze vostre?
Ah, che solo m'esclude
l'altrui perfidia; e ch'io lo soffra? E voi
lo soffrirete? Il Cielo,
protettor di ragione e d'innocenza,
meco sarà, meco sarà virtude,
meco ardir, meco fè.
Chi del giusto è amator segua il suo re.

	Come fra' turbini
	scendono i fulmini,
	fra le stragi e le ruine
	sul tuo crine
	questa spada, empio ribelle,
	tutta sdegno piomberà.

	E l'orgoglio,
	atterrato a' piè del soglio,
	le mie glorie segnerà.	(da capo)



Scena XI

Zidiana, Cino, Sivenio ed Egaro.

CIN.: Custodi, il contumace
s'arresti, anzi s'uccida.
ZID.: S'uccida?
SIV.: Sì, che puote
esser reo di più mali
l'indugio del comando.
ZID.: O Dei!
EG.: Regina,
vacilla il tuo destin s'egli non cade.
SIV.: Il tuo primo periglio è la pietade.
Ite veloci ad eseguire il cenno.

Scena XII

Zelinda e suddetti.
 
ZEL.: Fermate, iniqui, e non osate a' danni
del vostro re volger le spade e l'ire.
E tu, donna, se brami
regnar felice, or non voler che il regno
da una colpa cominci.
CIN.: (a parte) Che ardir!
EG.: (a parte) Che volto!
SIV.: O tu, che osi cotanto,
non so se d'ira o da follia sospinta,
parla: chi sei?
ZEL.: Tal sono,
che risponder non degno ad uom sì iniquo.
SIV.: Non la esenti al castigo
il poco senno, il debil sesso. A forza
tosto...
ZEL.: Guardami, e temi
d'offender nel mio seno
le Deità più sacre. Io, che ad Amida
son vergine diletta,
tutto so, tutto vedo, e l'opra mia
quasi raggio del sol vien di là sopra. 
SIV.: In van...
ZID.: Sivenio, il Cielo
mai non si tenti, e in chi i doni ne vanta
si rispetti l'audacia anche del vanto.
Vanne, ed a me costanti
tu del campo fedel conferma i voti.
Della reggia in difesa
Egaro vegli. Cino,
tu osserva il prence, e quanto 
egli tenta previeni; indi le pompe
di questo giorno a noi sì sacro, in cui
nacque col maggio il mondo,
sia tua cura dispor. La comun pace
e me stessa confido al vostro affetto.
EG.: Ubbidirò qual deggio.
CIN.: Pria che la fè mancherà l'alma in petto.

	Mi va scherzando in sen
	un placido seren
	che mi lusinga il cor,
	e mi consola.

	Già certo, il mio goder
	fa bello il mio piacer,
	e tutto il mio timor
	all'alma invola.	(da capo)

ZID.: Sivenio, in te confido
la più forte ragion di mie speranze,
ché quanto caro sei, tanto sei fido.

SIV.: 	Non paventa giammai le cadute
	chi, fedele seguace d'amore,
	vanta in petto coraggio e valor.

	E se cade, cadendo da forte,
	l'avversa sua sorte
	incontra con fasto,
	né [mai] teme di morte l'orror.	(da capo)


Scena XIII

Zidiana e Zelinda.

ZID.: Tu, s'egli è ver che tanto
giungi addentro ne' cori, e tanto vedi,
chiaro saprai s'altro più tema il mio
che di Teuzzon la morte e la ruina.
ZEL.: Regna sovra i tuoi sensi, e sei regina.
ZID.: Ah, che dentro di noi
freme il nostro tiranno.
ZEL.: Ragione imperi, ed il tiranno è vinto.
ZID.: Impotente ragion!
ZEL.: Sì, dove il cieco
desio di dominar regge a sua voglia.
ZID.: O il tutto non intendi, o il peggio taci
di mia viltà.
ZEL.: Quando gli errori in parte
dissimulo d'un core,
assolvo il volto tuo da un gran rossore.
ZID.: Ah, sii pietosa, o donna,
come sei saggia: vanne,
và, ten priego, a Teuzzon; digli che alfine
l'ire deponga, digli
che non ricusi in dono
ciò che in retaggio ei chiede.
Regni, ma per me regni, e l'abbia a grado.
ZEL.: Che?
ZID.: Renda...
ZEL.: Siegui!
ZID.: Amor, Zidiana, il regno.
Ohimè...
ZEL.: Taci e sospiri?
ZID.: (a parte) O silenzio, o sospiro
vergognoso e loquace!
Và, digli... Ah, che assai dissi!
S'intende un cor, quando sospira e tace.

Scena XIV

Zelinda sola.
 
ZEL.:
Mio core, io non m'inganno; una rivale
scopro nella regina,
né mai con pace una rival si trova.
Ma non sarei sì amante
se non fossi gelosa. In traccia io vado
del mio Teuzzon. Lontano
dai cari lacci onde m'avvinse amore
non sa vivere il core.

	Ti sento, sì ti sento
	a palpitarmi in sen,
	speranza lusinghiera.

	E dice al mesto cor:
	qual rapido balen
	cangerà il tuo martor;
	costante spera.	(da capo)

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