_La Nascita del Redentore_ (oratorio) libretto: Gregorio Giacomo Terribilini (approx. 1740) music: Pasquale Anfossi (1780) formerly set to music by Antonio Bencini (1740) as _Gesù nato_ P A R T E P R I M A Osea Laban, che fai? Non senti di festosi concenti il bosco risuonar? Dai chiusi ovili trasser le greggi fuori, i vigili Pastori. Ai prati in seno saltano le caprette, per l'odorose erbette van pascendo le agnelle. Già fuggiron le stelle, s'avanza il nuovo Sol, langue l'Aurora, e ancor tu dormi, e non ti desti ancora? Senti i garruli augelletti salutare i rai nascenti; mormorar i ruscelletti, l'aure liete a sussurrar. Labano Osea, mi sgridi a torto. Io soglio, amico, l'Aurora prevenir, ché un lungo sonno alla nostra umil vita assai sconviene. Osea Ma l'alba questa volta ti prevenne, o Laban ... Labano Taci, e m'ascolta. Fra i notturni silenzi nella capanna mia posai le membra, ma il sonno atteso invano i lumi non mi chiude in dolce oblio: passo desto la notte, infin che quella nel mezzo giunta del suo corso appena, una luce serena entrar vegg'io, che stupido mi rese e la capanna di splendore accese. Confuso io balzo in piè; fuor del tugurio esco all'aperto, e veggo (oh meraviglia !) squarciato della notte il fosco velo, di fulgore vestirsi e terra e cielo. Osea Laban! Forse sognasti. Io credo appena i tuoi detti veraci. Labano Non ho sognato, Osea. M'ascolta, e taci. Come dalla marina sorge il novello sole, da Betlemme vicina la gran luce sorgea, che intorno poi spiegò soavemente i raggi suoi. A sì strano portento sento l'alma ingombrar da un sagro orrore e fra gioia e stupore suonar per l'aria queste voci io sento: Spezza pur le tue catene, di Sionne o vaga figlia; già serena le tue ciglia la primiera libertà. Nato è alfin il Sommo Bene; pace all'uomo e gloria a Dio, che dal serpe iniquo e rio liberò l'Umanità. Non più dal ghiaccio stretto ravviso il fonte allor, ma l'onde chiare spedir libere al mare, e scorgo, ad onta d'Aquilon gelato, carco di frondi il bosco e d'erbe il prato. Osea Tutta la notte il sonno aggravò gl'occhi miei; questa non vidi luce che mi narrasti. I colli, i campi, che lasciai disadorni in su la sera, cangiati in primavera mirai poc'anzi l'alba, e meraviglia mi fè tosto inarcar ambe le ciglia. Labano Tutto non dissi ancor. Odi, e in entrambi s'accresca lo stupor. Presso alla torre ove Giacobbe pascolò gli armenti, cinta di rai lucenti scese candida nube di Salomin sull'antro. Oh avventurato Pastor! (gridai), cui tanto ora comparte il ciel de' doni suoi ... Osea Non vedi? Salomin s'appressa a noi. Labano Ha un non so che nel volto, che mortal non mi sembra. Osea Al suo pensiero forse si palesò qualche mistero. Salomino Labano, Osea; che vidi! Oh vista! Oh notte! Oh Madre! Oh Figlio! Oh Amor! Felici noi! Osea Disvela i sensi tuoi. Labano Parla, favella. Salomino Apportator son io d'alta novella. Cinto d'umano velo il Divin Figlio è nato. Infra l'orrore d'un'antro io l'adorai. Su poco fieno egli si giace; e del rigor del verno per difendersi in parte, or della Madre al bel seno beato, di due giumenti or si riscalda al fiato. Osea Che dici! È nato dunque il promesso ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe? Labano Quello da' nostri voti ognor chiamato? Salomino Sì, v'inondi il piacer, sì: quegli è nato. Osea E qual terra felice il Sovrano del Cielo in sé contiene? Labano Ov'è, tu me'l palesa; ov'è il mio bene? Forse Sionne ingrata la cuna gli negò ricca di gemme? Salomino Povero più di noi nato è in Betlemme. Osea Pastori, or mi sovviene ciò che l'Avo, sedendo a parca cena, a me narrar solea con favella dal pianto accompagnata: Betlemme avventurata, (sì il buon vecchio dicea) no, tu non sei fra le città di Giuda la più vile città; da te quel forte condottier d'Israele sorger dovrà ... Felici voi nipoti, a cui saranno aperte del consiglio di Dio le vie segrete, e la salvezza universal vedrete. Pace suonar dovranno gli antri, le rupi, i monti, e verseranno i fonti rivi di dolce umor. Abiterà sicura col lupo l'agnelletta, non temerà la pura colomba semplicetta l'augello insidiator. Così dicendo il vecchiarel piangea, ed alte cose in suo pensier volgea. Salomino Quanto l'Avo predisse, e quanto un giorno i Profeti cantar presso il Giordano, tutto, tutto s'avvera. Il tempo è giunto del gaudio universal: partì la guerra, scesa è la pace ad abitar la terra. Labano Pastor! Da' detti tuoi, dal gran mistero la mia mente è sorpresa. Osea Deh, con labbro sincero quanto vide il tuo ciglio a noi palesa. Labano È noto, o Salomino, che insoliti splendori, che concenti canori alla notte turbar l'ombre, i silenzi. Salomino Labano, onde ciò sai? Labano Li vidi io stesso, io stesso li ascoltai stupido e desto; ad Osea li ridissi. Salomino Udite il resto. Presso il gregge vegliando stavan meco Giabele e il bruno Aggeo: quando su noi rotando scese lucida nube, il grembo aperse, e un angel puro agli occhi nostri offerse. Il maestoso oggetto noi colmò di spavento. Ah non temete, (isse lo spirto alato) Io dalle sfere vengo, d'alto piacere felice apportator. È nato, è nato, d'umana spoglia adorno, il Salvator promesso. Ite, o Pastori, all'umile Betlemme. Entrati appena, in un presepe accolto, sul fien, fra panni avvolto, quel caro fanciullin primi vedrete, e del Regio Natal nunzi sarete. Disse e, dolce cantando, un vago stuolo d'Angeli in aria apparve, s'unì con quelli il messaggiero, e sparve. Si destar in quel momento vari affetti nel mio core di speranza, di dolore, di contento e di pietà. Io sperai dal Nume Infante il perdon de falli miei, ché maggior di colpe tante risplendea la sua bontà. Labano Oh quanto fosti, oh quanto favorito dal Ciel! Osea Sì bella sorte non giunsi a meritar. Salomino Alla partenza, dopo annunzio sì grande, i compagni affrettai. Tolse dal nido due tortorelle Aggeo, dai rami tolse freschi pomi Giabele, io dalla greggia un candido agnellin: poveri doni al Celeste Signor. Giunti in Betlemme con frettolosi passi ne ferì le pupille, l'orecchio ne ferì, luce, armonia. Dal Fanciullino uscia fuor dell'antro la luce, e dentro, e intorno l'armonia risuonava delle angeliche voci. In atto umile nel cavo sasso entrati, al Fanciullo, alla Madre, al suo Custode rendemmo onor. Intanto il Pargoletto dolcemente ridea, fisso ver noi tenea lo sguardo vezzosetto, e dir sembrava in suon tacito e pio: "Sospiro il vostro cor, vi dono il mio". Labano Salomino, non più, ch'io già mi sento per dolcezza mancar l'anima in petto. Il Divin Fanciulletto ad adorar men volo. Osea A te compagno nel cammino io sarò. Salomino Con voi desio a quelle ritornar mura beate. Labano Ecco m'invio. Salomino Ti seguo... Osea Il piè fermate. Laban dal chiuso ovile il tuo gregge digiun di te si lagna; all'aperta campagna lo traggi fuor, del pastorello Alete l'abbandona alla cura in sì bel giorno. Labano Approvo il tuo pensier. Vado, e ritorno. Dalla spelonca annosa uscite, o pecorelle, per quella valle ombrosa l'erbette a pascolar. Osea Segui pur, Salomino, segui a narrar quanto vedesti. Salomino Io vidi, a terra riverenti, vidi un giumento in quel presepe e un bue; fortunati ambedue perché scelti dal Cielo al grand' onore di riscaldar col fiato il lor Fattore. Osea E che facea la Madre al Fanciullin d'appresso? Ragionami di Lei. Salomino Ne parlo adesso. Vidi su paglia e canne al destro lato, vicina al Parto amato seder la Genitrice. O quanto è bella, e umil! Osea Madre felice! Salomino Or al seno pietosa il Figlio suo stringea, baciandolo amorosa col suo latte il pascea. Or adagiato in cuna l'adorava suo Dio con quei celesti messaggieri di pace, ed or benigna tenea i pensieri intenti di noi pastori ai mal formati accenti. Stava al sinistro lato, ad un sasso appoggiato, un Uom tenero sì, che sembra Padre, ma Custode è al Fanciul, Sposo alla Madre. Coll'anima su gli occhi mira il dolce Bambino, e piange, e gode, e appar nel volto suo quant’ha nel core pietà, letizia, riverenza, e amore. Osea D’entrambi i nomi ancora non mi svelasti, o Salomin. Salomino S'appella Maria la Verginella; il casto Sposo Giuseppe ha nome: entrambi della Casa Real del buon Davidde. Osea Un nodo sì gentil mai non si vidde. Salomino Ma l'amico Labano par che tardi il ritorno. Osea Pur non è sì lontano del fido Alete il rustico soggiorno. Forse del gran Natale di capanna in capanna andrà spargendo la novella. Salomino Altrui del lieto avviso apportatore io fui. Osea Ma, oh Dio! Salomino Sospiri Osea! Che mai t'avvenne? Osea Finor non mi sovvenne preparar qualche dono. Al nato Infante tortore, e pomi e un agnellin recaste, pegni d'amor, di fede. Salomino Tu reca a lui quanto da te richiede. Se il tuo core a Lui tu doni, ciò gli basta, e il Divo Infante altro più non vuol da te. Osea Ah, che il cor fu al Figlio eterno troppo ingrato ed incostante; degno, o Dio, di Lui non è. Salomino Presso a Lui tutto arderai. Osea Ah d'amor m'accenda il cor. Osea e Salomino E l'oggetto ognor sarai, Dio Bambin, del nostro amor. Salomino Mia speranza. Osea Mio diletto. Salomino Non sdegnarmi. Osea S'ei m'accoglie. Salomino Sì, t'accoglie il Divin Bene. Osea Ah d'amor mi accenda il cor. Osea e Salomino E l'oggetto ognor sarai, Dio Bambin, del nostro amor. Oggi il giusto al Cielo inviti, al perdono il peccatore, e ad ognun tu doni il core con eccesso di pietà. Salomino Osea, qual suono d'incerate canne s'ode per l'aer vano? Osea Ecco stuol di pastori, ecco Labano. Di rose e di ligustri, che qui sorser fra l'erbe, spoglio in fretta il terren. Salomino Presto li aduna, del Santo Nume a inghirlandar la Cuna. Labano Io vi riveggo, o amici. A me s'uniro compagni nel cammin questi che ho intorno, de' boschi abitatori. Salomino Ogni dimora si tronchi ormai. Solleciti partiamo. A Betlemme, a Betlemme! Labano Andiamo! Osea Andiamo! Labano E per la via frattanto seguiam lieti, o compagni, il nostro canto. Coro È sceso in terra a noi chi pasce l'Agne, chi d'erbe veste il prato, il sol di lume. Lasciate, o pastorelli, le campagne, venite ad adorare il nato Nume. PARTE SECONDA Salomino, Osea e Labano e Coro di Pastori Salomino Labano, Osea, compagni, godete: alfin siam giunti. Ecco (oh stupore!) ecco il povero albergo, che nel suo sen contiene del mondo la speranza, la delizia del Cielo, il nostro bene. Mirate pur fin dove dall'eccelsa sua gloria lo trasse amor sotto mortale ammanto; poi, se vel soffre il core, frenate il pianto e gli negate amore. Deh, mirate: a noi non venne fra le nubi, i tuoni, i folgori, non de' venti sulle penne con tremenda maestà. Ma velò di spoglia frale i sovrani raggi suoi, ma veder si fa tra noi pien d'affetto e d'umiltà. Labano Or, che all'antro m'appresso, m'arresta un sagro orrore. Osea Avvicinarsi il piè non osa. Ah, che a ragion pavento! Son reo. Pietà, mio Dio. Labano Perdono, o mio Signor. T'offesi anch'io. Salomino Coraggio, amici. Il Fanciullin pietoso non sgrida, non minaccia, ma i falli oblia, ma il peccator abbraccia. Osea Tu, Salomino, cui benigno il Cielo spesso gli arcani affida, noi timorosi innanzi a Dio tu guida. Salomino Vada lungi il timor. Con piè sicuro appressatevi all'antro ed accogliete intorno al core insieme sensi di fè, di carità, di speme. Labano Quella, che or or dal fieno sottrae l'amato pegno, umile Donna, e bella, è la sua dolce Genitrice? Salomino È quella. Giuseppe il suo Custode è quell'Uomo gentil, che forse ha viste cinquanta volte biondeggiar l'ariste. Osea Già s' avvide Giuseppe di noi pastori. Colla man sinistra ne invita ad adorar il Sol divino. Sostien candido lino colla destra ... Ah mirate: or con paterno affetto terge l'umide luci al Pargoletto. Voi fin le lagrime, per farvi amare, versar volete, pupille care. No, non piangete, ch'io v'amerò. Le calde stille sì, sì, frenate. Un guardo tenero in me fissate: care pupille fedel sarò. Salomino Mia vita, mio tesoro, son di nuovo al tuo piè. Prosteso a terra io m'umilio, e t'adoro. Tu con occhi clementi questi mira de’ boschi abitatori, gli affetti accogli, ed i selvaggi onori. Osea Signor, dal Ciel scendesti per richiamarmi a te, come pastore la sua richiama fuggitiva agnella. Deh, Signor mio, per quella pietà che ti vestì d'umana salma, mi perdona, e dall'alma le reliquie de' falli toglimi: ognor saranno a me d'orrore oggetto, e in un d'affanno. Ricevi, o mio diletto, questo cor che mi chiedi. A te lo dono: non me lo render più. Con labbro amante lascia, ch'io baci imprima sulle nude tue piante; indi con pochi fiori, che dal prato recai, lascia ch'io formi ornamento alla cuna ove tu dormi. Labano Deh per questa, ch'io bacio, tenerella tua man, per questo pianto figlio del mio dolor, pietà ti prenda di me vil servo, o Dio; non rammentarti delle ignoranze mie, né de' miei primi giovanili errori. Rammentati, che adesso inverso i rei delle misericordie il Dio tu sei. Peccai. Deh mi cancella le iniquità dal cor. Fa che in lui piova la tua Grazia, e il rinnova; sicché innocente alfin sia di te degno, e offrirlo io possa a te d'amore in segno. Non più tra’ sassi ascosa, ma sovra fiori e fronde la serpe al sol si posa; lascia l' antiche spoglie a quell'amico ardor. In faccia a te, mio Dio, tutto mi spoglio anch'io d'ogni passato error. Salomino Madre, pietosa Madre, che fra le donne sei benedetta e beata, i nostri voti porgi al gran Figlio or che, al tuo seno accolto, fisso ti guarda, t'accarezza e ride, e di pace i pensier con Te divide. Labano Io due bianche colombe dono a te, pura Madre. Han queste il vanto d'altri mostrar nelle lor piume espresso il bel candore in tua bell'alma impresso. Salomino Labano, Osea, diam loco ai compagni pastori che nell'angusto speco bramano entrar. Osea Sì, ciascun vegga e adori in questo dì giocondo d'Israel la salute, anzi del mondo. Labano Entrate amici. Offra ciascuno i doni, che recò dalle selve, e il cor ne sia oggi il dono primier. Tu, Salomino, or che siam fuor dall'antro al celeste Bambino innalza con la voce inni sonanti. Salomino Che vuoi, che vuoi ch'io canti? Se al mio pensier dolente si fa presente l'avvenir funesto, io veggo questo fanciullin beato segno all'ingrato perfido Israele. Popol crudele! Nol conosci, e passi superbo, e il lassi in un presepe umile, lo prendi a vile, lo persegui adulto, e fra il tumulto colle pietre in mano brami inumano al tuo Signor la morte! Ahimè! Ritorte, spine, chiodi e croce, sentenza atroce e ria, bevanda amara Sion prepara al suo Fattor, che tanto versa di pianto per pietà di Lei! Già tra due rei veggo il Divino Agnello dal suo rubello popolo trafitto. Leggo lo scritto al sommo di quel legno, e l'Uom sì degno, tinto di pallore, chinando il volto ... Ah mi si spezza il core. Per l'orror di un tanto scempio fugge il sole e langue il giorno, si divide il vel del tempio, trema il suolo e mugge il mar. Pien d'orror fra l'empie squadre, già versato a rivi il sangue, io lo veggo in man del Padre la grand'Anima esalar. Osea Salomino, che parli! Labano E un mar d'affanni sovra quell'innocente scaricar si dovrà! Salomino Gli eccessi udite di sua bontà. Con questi affanni Ei vuole del Sommo Padre offeso per noi l'ira placar. Già diè principio a soddisfar per noi. Bambino ancora ha nell'idea presenti ognor i suoi tormenti, e pena ognora. Se di latte si pasce, gli stanno in mente ingrata mirra e fiele. Pensa al bacio crudele d'un traditor, se il bacia la gran Madre. [...] Se veglia, mira nelle paglie le spine, nella cuna la croce. Se dorme (oh Dio) nel sonno mira effigiata la sua morte atroce. Osea Oh, eccesso di pietà! Labano Divino Amore quanto sei grande! Salomino Ma com'ombra al giorno, le immagini dolenti si dileguan da me. Già la memoria dell'augusto Natal mi fa il sereno alla mente tornar, la gioia al seno. Dall'amato Bambino prendiam congedo, o amici; indi contenti andianne in pace a custodir gli armenti. Osea Da te parto o Signore; ma se va lungi il piè, resta il mio core. Labano Addio mia speme. Dalle ingorde fiere, dall'erbe velenose salva le pecorelle. I parti loro più pingui ogn'anno a te recar vogl'io nel tempio di Sion. Salomino Mia vita, addio. Maria, Giuseppe, al Santo Pargoletto, che noi lieto mirò, grazie rendete. Voi scorte ne sarete nel vïaggio mortal infino al Cielo, ove senza uman velo il sembiante vedrem del nostro Dio. Partiam compagni. Salomino, Osea, Labano Anime belle, addio. Coro Il Nume di Sion lodate, o Genti; loda Israele il Dio de' Padri tuoi, poiché rivolse al mondo i rai clementi e la sua verità nacque fra noi. FINE