Last updated: Feb. 14, 1997
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_La Nascita del Redentore_ (oratorio)

libretto: Gregorio Giacomo Terribilini (approx. 1740)

music: Pasquale Anfossi (1780)

formerly set to music by Antonio Bencini (1740)
as _Gesù nato_ 


P A R T E  P R I M A

Osea
Laban, che fai? Non senti 
di festosi concenti 
il bosco risuonar? Dai chiusi ovili 
trasser le greggi fuori, 
i vigili Pastori. Ai prati in seno 
saltano le caprette, 
per l'odorose erbette 
van pascendo le agnelle.
Già fuggiron le stelle, 
s'avanza il nuovo Sol, langue l'Aurora, 
e ancor tu dormi, e non ti desti ancora?

	Senti i garruli augelletti
	salutare i rai nascenti;
	mormorar i ruscelletti,
	l'aure liete a sussurrar.

Labano
Osea, mi sgridi a torto. Io soglio, amico, 
l'Aurora prevenir, ché un lungo sonno 
alla nostra umil vita assai sconviene.

Osea
Ma l'alba questa volta 
ti prevenne, o Laban ...

Labano
	Taci, e m'ascolta.
Fra i notturni silenzi 
nella capanna mia posai le membra, 
ma il sonno atteso invano 
i lumi non mi chiude in dolce oblio: 
passo desto la notte, infin che quella
nel mezzo giunta del suo corso appena, 
una luce serena 
entrar vegg'io, che stupido mi rese 
e la capanna di splendore accese. 
Confuso io balzo in piè; fuor del tugurio 
esco all'aperto, e veggo (oh meraviglia !) 
squarciato della notte il fosco velo, 
di fulgore vestirsi e terra e cielo.

Osea
Laban! Forse sognasti.  Io credo appena 
i tuoi detti veraci. 

Labano
Non ho sognato, Osea. M'ascolta, e taci. 
Come dalla marina
sorge il novello sole, 
da Betlemme vicina  
la gran luce sorgea, che intorno poi 
spiegò soavemente i raggi suoi.
A sì strano portento 
sento l'alma ingombrar da un sagro orrore 
e fra gioia e stupore 
suonar per l'aria queste voci io sento:

	Spezza pur le tue catene,
	di Sionne o vaga figlia;
	già serena le tue ciglia
	la primiera libertà.

	Nato è alfin il Sommo Bene;
	pace all'uomo e gloria a Dio,
	che dal serpe iniquo e rio
	liberò l'Umanità.

Non più dal ghiaccio stretto 
ravviso il fonte allor, ma l'onde chiare 
spedir libere al mare, 
e scorgo, ad onta d'Aquilon gelato, 
carco di frondi il bosco e d'erbe il prato.

Osea
Tutta la notte il sonno 
aggravò gl'occhi miei; questa non vidi 
luce che mi narrasti. I colli, i campi,
che lasciai disadorni in su la sera, 
cangiati in primavera 
mirai poc'anzi l'alba, e meraviglia 
mi fè tosto inarcar ambe le ciglia.

Labano
Tutto non dissi ancor. Odi, e in entrambi 
s'accresca lo stupor. Presso alla torre 
ove Giacobbe pascolò gli armenti, 
cinta di rai lucenti 
scese candida nube 
di Salomin sull'antro.  Oh avventurato  
Pastor! (gridai), cui tanto ora comparte 
il ciel de' doni suoi ...

Osea
Non vedi? Salomin s'appressa a noi. 

Labano
Ha un non so che nel volto, 
che mortal non mi sembra.

Osea
	Al suo pensiero
forse si palesò qualche mistero.

Salomino
Labano, Osea; che vidi! Oh vista! Oh notte! 
Oh Madre!  Oh Figlio! Oh Amor! Felici noi!

Osea
Disvela i sensi tuoi.

Labano
	Parla, favella.

Salomino
Apportator son io d'alta novella. 
Cinto d'umano velo
il Divin Figlio è nato. Infra l'orrore 
d'un'antro io l'adorai. Su poco fieno 
egli si giace; e del rigor del verno
per difendersi in parte, 
or della Madre al bel seno beato,
di due giumenti or si riscalda al fiato.

Osea
Che dici! È nato dunque 
il promesso ad Abramo,
ad Isacco, a Giacobbe?

Labano
Quello da' nostri voti ognor chiamato?

Salomino
Sì, v'inondi il piacer, sì: quegli è nato.

Osea
E qual terra felice 
il Sovrano del Cielo in sé contiene?

Labano
Ov'è, tu me'l palesa; ov'è il mio bene? 
Forse Sionne ingrata
la cuna gli negò ricca di gemme?

Salomino
Povero più di noi  nato è in Betlemme.

Osea
Pastori, or mi sovviene 
ciò che l'Avo, sedendo a parca cena, 
a me narrar solea 
con favella dal pianto accompagnata: 
Betlemme avventurata, 
(sì il buon vecchio dicea) no, tu non sei 
fra le città di Giuda 
la più vile città; da te quel forte 
condottier d'Israele 
sorger dovrà ... Felici voi nipoti, 
a cui saranno aperte 
del consiglio di Dio le vie segrete, 
e la salvezza universal vedrete.

	Pace suonar dovranno
	gli antri, le rupi, i monti,
	e verseranno i fonti
	rivi di dolce umor.

	Abiterà sicura
	col lupo l'agnelletta,
	non temerà la pura
	colomba semplicetta
	l'augello insidiator.

Così dicendo il vecchiarel piangea, 
ed alte cose in suo pensier volgea.

Salomino
Quanto l'Avo predisse, e quanto un giorno 
i Profeti cantar presso il Giordano, 
tutto, tutto s'avvera. Il tempo è giunto 
del gaudio universal: partì la guerra, 
scesa è la pace ad abitar la terra.

Labano
Pastor! Da' detti tuoi, dal gran mistero 
la mia mente è sorpresa.

Osea
Deh, con labbro sincero 
quanto vide il tuo ciglio a noi palesa.

Labano
È noto, o Salomino, 
che insoliti splendori, 
che concenti canori 
alla notte turbar l'ombre, i silenzi.

Salomino
Labano, onde ciò sai?

Labano
	Li vidi io stesso, 
io stesso li ascoltai stupido e desto; 
ad Osea li ridissi.

Salomino
	Udite il resto. 
Presso il gregge vegliando 
stavan meco Giabele e il bruno Aggeo: 
quando su noi rotando 
scese lucida nube, il grembo aperse, 
e un angel puro agli occhi nostri offerse.
Il maestoso oggetto 
noi colmò di spavento. Ah non temete,
(isse lo spirto alato) Io dalle sfere 
vengo, d'alto piacere 
felice apportator. È nato, è nato, 
d'umana spoglia adorno, 
il Salvator promesso.  Ite, o Pastori, 
all'umile Betlemme. Entrati appena, 
in un presepe accolto, 
sul fien, fra panni avvolto, 
quel caro fanciullin primi vedrete, 
e del Regio Natal nunzi sarete. 
Disse e, dolce cantando, un vago stuolo 
d'Angeli in aria apparve, 
s'unì con quelli il messaggiero, e sparve.

Si destar in quel momento
vari affetti nel mio core
di speranza, di dolore,
di contento e di pietà.

Io sperai dal Nume Infante
il perdon de falli miei,
ché maggior di colpe tante
risplendea la sua bontà.

Labano
Oh quanto fosti, oh quanto 
favorito dal Ciel!

Osea
	Sì bella sorte 
non giunsi a meritar.

Salomino
	Alla partenza, 
dopo annunzio sì grande, 
i compagni affrettai. Tolse dal nido 
due tortorelle Aggeo, dai rami  tolse 
freschi pomi Giabele, io dalla greggia 
un candido agnellin: poveri doni 
al Celeste Signor.  Giunti in Betlemme 
con frettolosi passi 
ne ferì le pupille, 
l'orecchio ne ferì, luce, armonia. 
Dal Fanciullino uscia 
fuor dell'antro la luce, e dentro, e intorno 
l'armonia risuonava 
delle angeliche voci. In atto umile 
nel cavo sasso entrati,  
al Fanciullo, alla Madre, al suo Custode 
rendemmo onor. Intanto il Pargoletto 
dolcemente ridea, 
fisso ver noi tenea 
lo sguardo vezzosetto, 
e dir sembrava in suon tacito e pio:
"Sospiro il vostro cor, vi dono il mio".

Labano
Salomino, non più, ch'io già mi sento 
per dolcezza mancar l'anima in petto. 
Il Divin Fanciulletto 
ad adorar men volo.

Osea
	A te compagno 
nel cammino io sarò.

Salomino
	Con voi desio 
a quelle ritornar mura beate.

Labano
Ecco m'invio.

Salomino
	Ti seguo...

Osea
	                Il piè fermate. 
Laban dal chiuso ovile 
il tuo gregge digiun di te si lagna; 
all'aperta campagna 
lo traggi fuor, del pastorello Alete 
l'abbandona alla cura in sì bel giorno.

Labano
Approvo il tuo pensier. Vado, e ritorno.

Dalla spelonca annosa
uscite, o pecorelle,
per quella valle ombrosa
l'erbette a pascolar.

Osea
Segui pur, Salomino, 
segui a narrar quanto vedesti.

Salomino
Io vidi, 
a terra riverenti, 
vidi un giumento in quel presepe  e un bue; 
fortunati ambedue 
perché scelti dal Cielo al grand' onore 
di riscaldar col fiato il lor Fattore.

Osea
E che facea la Madre 
al Fanciullin d'appresso? 
Ragionami di Lei.

Salomino
	Ne parlo adesso. 
Vidi su paglia e canne al destro lato,  
vicina al Parto amato 
seder la Genitrice. 
O quanto è bella, e umil!

Osea
	Madre felice!

Salomino
Or al seno pietosa 
il Figlio suo stringea, 
baciandolo amorosa 
col suo latte il pascea. 
Or adagiato in cuna 
l'adorava suo Dio con quei celesti 
messaggieri di pace, ed or benigna 
tenea i pensieri intenti 
di noi pastori ai mal formati accenti. 
Stava al sinistro lato, 
ad un sasso appoggiato, 
un Uom tenero sì, che sembra Padre, 
ma Custode è al Fanciul,  Sposo alla Madre.  
Coll'anima su gli occhi 
mira il dolce Bambino, e piange, e gode, 
e appar nel volto suo quant’ha nel core 
pietà, letizia, riverenza, e amore.

Osea
D’entrambi i nomi ancora 
non mi svelasti, o Salomin.

Salomino
	S'appella 
Maria la Verginella; il casto Sposo 
Giuseppe ha  nome: entrambi 
della Casa Real del buon Davidde.

Osea
Un nodo sì gentil mai non si vidde.

Salomino 
Ma l'amico Labano 
par che tardi il ritorno.

Osea
Pur non è sì lontano 
del fido Alete il rustico soggiorno. 
Forse del gran Natale 
di capanna in capanna 
andrà spargendo la novella.

Salomino
	Altrui 
del lieto avviso apportatore io fui.

Osea
Ma, oh Dio!

Salomino
	Sospiri Osea! Che mai t'avvenne?

Osea
Finor non mi sovvenne 
preparar qualche dono. Al nato Infante 
tortore, e pomi e un agnellin recaste, 
pegni d'amor, di fede.

Salomino
Tu reca a lui quanto da te richiede.

Se il tuo core a Lui tu doni,
ciò gli basta, e il Divo Infante
altro più non vuol da te.

Osea
Ah, che il cor fu al Figlio eterno
troppo ingrato ed incostante;
degno, o  Dio, di Lui non è.

Salomino
	Presso a Lui tutto arderai.

Osea
	Ah d'amor m'accenda il cor.

Osea e Salomino
	E l'oggetto ognor sarai,
	Dio Bambin, del nostro amor.

Salomino
Mia speranza.

Osea
		Mio diletto.

Salomino
Non sdegnarmi.

Osea		S'ei m'accoglie.

Salomino
Sì, t'accoglie il Divin Bene.

Osea
Ah d'amor mi accenda il cor.

Osea e Salomino
	E l'oggetto ognor sarai,
	Dio Bambin, del nostro amor.
	Oggi il giusto al Cielo inviti,
	al perdono il peccatore,
	e ad ognun tu doni il core
	con eccesso di pietà.

Salomino
Osea, qual suono d'incerate canne 
s'ode per l'aer vano?

Osea
Ecco stuol di pastori, ecco Labano. 
Di rose e di ligustri,
che qui sorser fra l'erbe, 
spoglio in fretta il terren.

Salomino
	Presto li aduna, 
del Santo Nume a inghirlandar la Cuna.

Labano
Io vi riveggo, o amici.  A me s'uniro 
compagni nel cammin questi che ho intorno, 
de' boschi abitatori.

Salomino
	Ogni dimora 
si tronchi ormai. Solleciti partiamo. 
A Betlemme, a Betlemme!

Labano
	Andiamo!

Osea
	Andiamo!

Labano
E per la via frattanto 
seguiam lieti, o compagni, il nostro canto.

Coro
È sceso in terra a noi chi pasce l'Agne,
chi d'erbe veste il prato, il sol di lume.
Lasciate, o pastorelli, le campagne,
venite ad adorare il nato Nume.



PARTE SECONDA

Salomino, Osea e Labano e Coro di Pastori

Salomino
Labano, Osea, compagni, 
godete: alfin siam giunti. Ecco (oh stupore!) 
ecco il povero albergo, 
che nel suo sen contiene 
del mondo la speranza,  
la delizia del Cielo, il nostro bene. 
Mirate pur fin dove 
dall'eccelsa sua gloria 
lo trasse amor sotto mortale ammanto; 
poi, se vel soffre il core, 
frenate il pianto e gli negate amore.

Deh, mirate: a noi non venne
fra le nubi, i tuoni, i folgori,
non de' venti sulle penne
con tremenda maestà.

Ma velò di spoglia frale
i sovrani raggi suoi,
ma veder si fa tra noi
pien d'affetto e d'umiltà.

Labano
Or, che all'antro m'appresso, 
m'arresta un sagro orrore.

Osea
	Avvicinarsi 
il piè non osa. Ah, che a ragion pavento! 
Son reo. Pietà, mio Dio.

Labano
Perdono, o mio Signor. T'offesi anch'io.

Salomino
Coraggio, amici. Il Fanciullin pietoso 
non sgrida, non minaccia, 
ma i falli oblia, ma il peccator abbraccia.

Osea
Tu, Salomino, cui benigno il Cielo 
spesso gli arcani affida,
noi timorosi innanzi a Dio tu guida.

Salomino
Vada lungi il timor. Con piè sicuro 
appressatevi all'antro 
ed accogliete intorno al core insieme 
sensi di fè, di carità, di speme.

Labano
Quella, che or or dal fieno 
sottrae l'amato pegno, 
umile Donna, e bella, 
è la sua dolce Genitrice?

Salomino
	È quella. 
Giuseppe il suo Custode 
è quell'Uomo gentil, che forse ha viste 
cinquanta volte biondeggiar l'ariste.

Osea
Già s' avvide Giuseppe 
di noi pastori. Colla man sinistra 
ne invita ad adorar il Sol divino. 
Sostien candido lino 
colla destra ... Ah mirate: 
or con paterno affetto 
terge l'umide luci al Pargoletto.

Voi fin le lagrime,
per farvi amare,
versar volete,
pupille care.
No, non piangete,
ch'io v'amerò.

Le calde stille
sì, sì, frenate.
Un guardo tenero
in me fissate:
care pupille
fedel sarò.

Salomino
Mia vita, mio tesoro,
son di nuovo al tuo piè. Prosteso a terra 
io m'umilio, e t'adoro. 
Tu con occhi clementi 
questi mira de’ boschi abitatori, 
gli affetti accogli, ed i selvaggi onori.

Osea
Signor, dal Ciel scendesti 
per richiamarmi a te, come pastore
la sua richiama fuggitiva agnella. 
Deh, Signor mio, per quella 
pietà che ti vestì d'umana salma, 
mi perdona, e dall'alma 
le reliquie de' falli 
toglimi: ognor saranno 
a me d'orrore oggetto, e in un d'affanno. 
Ricevi, o mio diletto, 
questo cor che mi chiedi. A te lo dono: 
non me lo  render più. Con labbro amante 
lascia, ch'io baci imprima 
sulle nude tue piante;
indi con pochi fiori,  
che dal prato recai, lascia ch'io formi 
ornamento alla cuna ove tu dormi.

Labano
Deh per questa, ch'io bacio, 
tenerella tua man, per questo pianto 
figlio del mio dolor, pietà ti prenda 
di me vil servo, o Dio; non rammentarti 
delle ignoranze mie, 
né de' miei primi giovanili errori. 
Rammentati, che adesso inverso i rei
delle misericordie il Dio tu sei. 
Peccai. Deh mi cancella 
le iniquità dal cor. Fa che in lui piova
la tua Grazia, e il rinnova;
sicché innocente alfin sia di te degno, 
e offrirlo io possa a te d'amore in segno.

Non più tra’ sassi ascosa,
ma sovra fiori e fronde
la serpe al sol si posa;
lascia l' antiche spoglie
a quell'amico ardor.

In faccia a te, mio Dio,
tutto mi spoglio anch'io
d'ogni passato error.

Salomino
Madre, pietosa Madre, 
che fra le donne sei 
benedetta e beata, i nostri voti 
porgi al gran Figlio or che, al tuo seno accolto, 
fisso ti guarda, t'accarezza e ride, 
e di pace i pensier con Te divide.

Labano
Io due bianche colombe 
dono a te, pura Madre. Han queste il vanto 
d'altri mostrar nelle lor piume espresso 
il bel candore in tua bell'alma impresso.

Salomino
Labano, Osea, diam loco 
ai compagni pastori 
che nell'angusto speco 
bramano entrar.

Osea
	Sì, ciascun vegga e adori 
in questo dì giocondo 
d'Israel la salute, anzi del mondo.

Labano
Entrate amici. Offra ciascuno i doni, 
che recò dalle selve, e il cor ne sia 
oggi il dono primier. Tu, Salomino, 
or che siam fuor dall'antro 
al celeste Bambino 
innalza con la voce inni sonanti.

Salomino
Che vuoi, che vuoi ch'io canti?
Se al mio pensier dolente 
si fa presente l'avvenir funesto, 
io veggo questo fanciullin beato 
segno all'ingrato perfido Israele.
Popol crudele! Nol conosci, e passi 
superbo, e il lassi in un presepe umile, 
lo prendi a vile, lo persegui adulto,  
e fra il tumulto colle pietre in mano 
brami inumano al tuo Signor la morte!
Ahimè! Ritorte, spine, chiodi e croce, 
sentenza atroce e ria, bevanda amara 
Sion prepara al suo Fattor, che tanto 
versa di pianto per pietà di Lei! 
Già tra due rei veggo il Divino Agnello 
dal suo rubello popolo trafitto. 
Leggo lo scritto al sommo di quel legno,
e l'Uom sì degno, tinto di pallore, 
chinando il volto ... Ah mi si spezza il core.

Per l'orror di un tanto scempio
fugge il sole e langue il giorno,
si divide il vel del tempio,
trema il suolo e mugge il mar.

Pien d'orror fra l'empie squadre,
già versato a rivi il sangue,
io lo veggo in man del Padre
la grand'Anima esalar.

Osea
Salomino, che parli!

Labano
	E un mar d'affanni 
sovra quell'innocente 
scaricar si dovrà!

Salomino
	Gli eccessi udite 
di sua bontà. Con questi affanni Ei vuole 
del  Sommo Padre offeso 
per noi l'ira placar. Già diè principio 
a soddisfar per noi. Bambino ancora 
ha nell'idea presenti 
ognor i suoi tormenti, e pena ognora.
Se di latte si pasce, 
gli stanno in mente ingrata mirra e fiele. 
Pensa al bacio crudele 
d'un traditor, se il bacia la gran Madre.  
	[...] Se veglia, mira 
nelle paglie le spine, 
nella cuna la croce. 
Se dorme (oh Dio) nel sonno 
mira effigiata la sua morte atroce.

Osea
Oh, eccesso di pietà!

Labano
	Divino Amore 
quanto sei grande!

Salomino
	Ma com'ombra al giorno, 
le immagini dolenti 
si dileguan da me. Già la memoria 
dell'augusto Natal mi fa il sereno 
alla mente tornar, la gioia al seno. 
Dall'amato Bambino 
prendiam congedo, o amici; indi contenti 
andianne in pace a custodir gli armenti.

Osea
Da te parto o Signore;
ma se va lungi il piè, resta il mio core.

Labano
Addio mia speme. Dalle ingorde fiere, 
dall'erbe velenose 
salva le pecorelle. I parti loro 
più pingui ogn'anno a te recar vogl'io 
nel tempio di Sion.

Salomino
	Mia vita, addio. 
Maria, Giuseppe, al Santo Pargoletto, 
che noi lieto mirò, grazie rendete. 
Voi scorte ne sarete 
nel vïaggio mortal infino al Cielo, 
ove senza uman velo 
il sembiante vedrem del nostro Dio. 
Partiam compagni.

Salomino, Osea, Labano
	Anime belle, addio.

Coro
Il Nume di Sion lodate, o Genti;
loda Israele il Dio de' Padri tuoi,
poiché rivolse al mondo i rai clementi
e la sua verità nacque fra noi.


	                   FINE

Initial input by Carlo Vitali, HTML coding by Lyle Neff