Dmitrij Ivanovich Bortnianskij (1751-1825)

Alcide

opera in tre atti

libretto di P. Metastasio

Personaggi:

Alcide, giovane, che sta al Bivio davanti alla scelta della via di vita -- soprano

Fronimo, suo aio, ossia la personificazione del Senno -- tenore

Edonide, ossia la dea del Piacere -- soprano

Aretea, ossia la dea della Virtù -- soprano

Ninfe, Genni, Amori -- seguito d'Edonide

Eroi, Eroine, Geni -- seguito d'Aretea

Sacerdoti e Sacerdotesse del tempo della Gloria

La scena si rappresenta nei dintorni dell'antica città greca Tebe negli anni mifologiche.

Atto primo

Scena I

1. Recitativo d'Alcide e di Fronimo

La scena rappresenta una folta selva di alti alberi, tra i quali si vedono le rovine delle grandiose construzioni antiche. La selva in prospettiva si divide in due strade: la sinistra è piana e fiorita, la destra è rocciosa e deserta. A destra entra il giovane Alcide, sequendo Fronimo, suo aio.

Alcide: A che fra queste opache solitudini ignoti i passi erranti, Fronimo, andiam volgendo?

Fronimo: È tempo, Alcide, che di tante ch'io sparsi reggendoti finor, cure e sudori, frutto alfin si raccolga. Il Re dei Numi Giove, il tuo genitor, vuol che al cimento oggi si esponda il tuo valore, ed io alcimento ti guido.Ah! tu seconda il favor degli Dei, le speranze del mondo, i voti miei!

Alcide: Qual' è? Spiegati.

Fronimo: Ascolta. In due fra lor del tutto opposte strade. Qui tu lovedi, Alcide, il cammin si divede. Ognum, che nasce, indirizzare i passi dee per una di queste, ed è ciascuno arbitro della scelta. E se felice, o misero per sempre, e se poi degno, o di spregio, o di lode altri si rende da questa sola elezion dipende.

Alcide: E ben! Dunque m'addita la via migliore. Esecutor m'avrai de' saggi tuoi consigli, qual m'avesti finor pronto e contento.

Fronimo: Solo elegger tu dei questo è il cimento.

Alcide: Che dici? Al maggior uopo abbandonarmi vuoi?

Fronimo:

Si, Alcide. È tempo, che d'anni alfine,

e di saper matura la tua raggion ti guidi,

e che il fren di te stesso a te si fidi.

Alcide: Ma un tuo consiglio almen...

Fronimo: Se vuoi consigli, cercali nei tuo cor. Da si bel fonte, finchè limpido resti, li avrai grandi e sicuri. Io parto, e tutto spero, Alcide, da te. Tu non ignori, qual sangue hai nelle vene; quali e sempi hai sugli occhi; il mondo, il cielo, il publico desio quando essigon da te. Pensaci, addio.

2. Aria di Fronimo

Pensa, che questo istante

del tuo destin decide.

Ch'oggi rinasce Alcide

per la futura età.

Pensa che adulto sei,

che sei di Giove il figlio,

che merto e non consiglio

la scelta tua sarà.

Scena II

3. Recitativo d'Alcide

In qual mar di dubbiezze Fronimo, m'abbandona! Il primo dunque, il più difficil passo nel cammin della vita muover solo io dovrò! Ma Giove è padre, Fronimo è amico, è non m'avranno esposto a rischio, che non sia superabil da me. Si quell'innata e libera ragion ch'ora è mia guida. L'uno e l'altro sentier vegga e decida. Questo agevole e ameno col tremolar dei fiori, col mormorar dell'onde, col vaneggiar d'un'odorosabetta. Par che voglia sedurmi e non m'ai letta.

L'altro alpestre, scosceso, erto e selvaggio, degno d'un'alma audace, par che voglia atterirmi, eppur mi piace. Si, questo si scelga, e se mai fosse l'altro il miglior? Per ingannar altrui non composte i Numi si potenti lusighe, al chiaro invito ceder convien, quindi si vada...Oh, dio, non so per qual cagione il piè non mi seconda, il cor s'oppone. Che fo? Chi mi consiglia? Il tempo stringe. La dubiezza s'acresce; oso, pavento, voglio, scelgo, mi pento e il cor intanto par, che cominci a palpitarmi in petto. Questo debole affetto, questi palpiti ignoti, ah, forse sono rimproveri del Ciel! Da me negletto così forse il suo sdegno ei mi palesa. Ah, si, dal Cielo incominciam l'impresa.

4. Aria d'Alcide

Dei clementi, amici Dei,

che il mio cor vedete appieno

io vi chiedo un sol baleno

che rischiari il mio pensier.

Senza voi dubbioso e lento sento

il cor languirmi in seno,

ed equal con voi lo sento

ogni impresa a sostener.

5. Recitativo d'Alcide

Grazie, o Numi del Ciel, gli effetti io sento già del vostro favor. Già sgombra è l'alma delle dubbiezze sue. Franco e sicuro arbitro di me stesso, io già mi veggo, quell'aspezza mi alletta e quella eleggo.

Mentre Alcide volge i passi verso la strada rocciosa, dalla strada opposta si sentono i dolci suoni di flauti e di cetre. Egli si volta e, vedendo Edonide che s'avvicina lentamente, la guarda.

Ma qual per la foresta dolce armonia risuona? Chi la move? Onde vien? Là dà quei ra mi parmi... Oh, Numi del Ciel! Che amabil volto, che lusinghieri sguardi, che vezzo seduttor! Qual s'offre mai di grazia, di beltà, d'arte e diluso, spettacolo leggiadro agli occhi miei? Che fa? Che vuol? Chi sarà mai costei... Chiedasi... No. Differirebbe un vano talento giovanil quel grande istante che il mio destin decide.

Scena III

6. Aria d'Edonide

Edonide:

Ferma, Alcide, arresta i passi,

Fra quei tronchi, fra quei sassi,

ah, non porre incauto il piè.

Alcide di nuovo si reca alla strada destra, ma attratto dal canto d'Edonide si ferma.

Alcide:

Oh, come sa trovar le vie di quei core di quel soavi accenti la grazia allettatrice!

Edonide:

Se felice esser tu vuoi,

del tenor dei giorni tuoi

il pensier confida a me.

Alcide:

Ed io non parto ancora?

Ah! Colpa è una dimora,

che alle nobili imprese il fil recide

Edonide:

Ferma, Alcide, arresta i passi,

Fra quei tronchi, fra quei sassi,

ah, non porre incauto il piè.

8. Aria d'Alcide

Mi sorprende un tanto affetto,

non ricuso, non l'accetto,

ma domando all'alma oppressa

qualche istante a respirar.

Son confuso, e in sen mi sento

fra il contento e lo stupore,

la ragione opposta al core

agitarsi e vaccillar.

Mi sorprende un tanto affetto,

non ricuso, non l'accetto,

ma domando all'alma oppressa

qualche istante a respirar.

9. Recitativo d'Edonide

Di qual ragion mi parli, semplice che tu sei? Non è ragione, se incomoda s'oppone ai moti del tuo cor. Questa dottrina da me sola s'impara. Onde se tanto hai di ragion desio, segui mi pur; la tuo ragion son io.

10. Aria d'Edonide

Ah! Non credi, amato bene,

che il mio labbro parla invano.

Questo core e questa mano

ti sia pegno di mia fè.

Non sdegnar, le mie catene

riconosci la tua sorte,

e godrai fino alla morte

ogni ben vicino a me.

Se disprezzi il mio consiglio,

saria sempre un infelice.

Ah! L'affanno mio predice

che pernar dovrò per te.

11. Recitativo d'Alcide e d'Edonide

Alcide: Son grandi in ver le tue promesse.

Edonide: E grandi saran gli effetti. Assai tardasti, andiamo quindi del tuo destino i favori a goder. Questo è il cammino.

Alcide: Ma quel cammin dove conduce?

Edonide: Al porto d'ogni umana tempesta. Al primo, al chiaro d'ogni felicità fonte natio del piacer alla Reggia, al regno mio.

Alcide: Di codesta tua Reggia, perdonami, io non posso formami idea, che mi seduca.

Edonide: Ed io posso ad un cenno, se vuoi, fra queste piante farti della mia Reggia l'immagine apparir.

Alcide: Che! Offrir puoi tanto? E quali arti, e quali modi...

Edonide: Non più. Siedi mi al fianco osserva e godi.

12. Coro

Edonide conduce Alcide da parte e fa sederlo accanto. Secondo il suo cenno sull'oscura scena apparisce la reggia del Piacere, le cui pareti sono intrecciate di verdure, frutta e di fiori. Sulla scena tra le fontane e grotte attraversate dai ruscelli Geni e Ninfe dal sequito della Dea del Piacere che danzano.

Alme incaute che solcate

della vita il mar infido,

questo il porto, questo il nido,

quest' è il Regno di piacer.

Van desio d'onor,

di lode non v'abbagli, v'ingani,

non perdete il fior degl'anni,

finchè tempo è di goder.

E la vita appunto un fiore

da goder ne in sul mattino,

sorge vago, ma vicino,

a quel sorgere è il cader.

13. Danza degli spiriti

Atto secondo

Scena I

14. Recitativo d'Alcide e d'Edonide

Con i primi suoni della musica marziale Geni e Ninfe, cessando la danza, si ritirano con paura in fondo alla scena.

Alcide: Qual nobil suono è questo, de' sopiti miei sensi gradito eccitattor?

Edonide: Ohimè! Fuggasi. È questo de' tuoi rischi il più grande, e tu nol sai.

Si dilegua l'apparenza della reggia del Piacere. Edonide e Alcide di nuovo sono al Bivio. Sulla strada rocciosa appare Aretea ossia la Virtù. Edonide prende Alcide per mano, cercando di portarlo via con sè.

Scena II

15. Cavatina d'Aretea

Aretea:

Ah! Che fai? T'arresta, Alcide.

A sequir quell' orme infide.

Non lasciarti lusingar.

Edonide:

E sì attento l'ascolti?

Ah! Negl' ingiusti oltraggi miei

qual piacer mai ritrovi?

Aretea:

Or ti giovi esser accorto.

Quel nocchier promette il porto,

ma vi porta a naufragar.

Si, promette il porto

ma vi porta a naufragar.

Di nuovo Edonide tenta di portar via Alcide.

Edonide:

Più non udirla, amico, seguimi,

andiam già dubitasti assai.

Aretea:

Ah! Che fai? T'arresta, Alcide.

A sequir quell' orme infide.

Non lasciarti lusingar.

16. Recitativo d'Aretea e d'Edonide

Aretea: Da quelle, Alcide, violente lusinghe a diffenderti impara. In tuo soccorso ecco Aretea. Da lei t'invola, e meco sul buon cammino orme sicure imprimi.

Edonide: Se sconsigliato a seguitar t'impregni le traccie di colei, mai più di pace non sperar un momento, e ti vedrai sempre anelante, e stanco l'invidia appresso e la fatica al fianco.

Aretea: È ver, della rivale piacevole, è la scuola, faticosa è la mia. Ma son d'entrambe vari gli effetti e inaspettati. Io cambio la fatica in piacer, la mia nemica ogni piacer fa divenir fatica.

Edonide: Magnifiche parole solo ostenta Aretea. Mai bei diletti io ti mostrai della mia regia.

Aretea: Ed io i penosi travagli della palestra mia a mostrarti son pronta. In di vedrai, quai dall'a nime grandi difficili io domando illustri prove.

Edonide: Ah! No... mi trema il cor, fuggo altrove.

Scena III

17. Recitativo d'Alcide e d'Aretea

Alcide: Perchè da noi tremando Edonide s'invola?

Aretea: Ah, figlio, un'alma già fra giagi avvilita, vinta dall'ozio e a strascinare avvezza le molli del piacer lente catene, neppur l'idea del mio sudor sostiene.

Alcide: E pure ardita a sostener la gara...

Aretea: Non più. Siedi al mio fianco; osserva e impara.

Aretea conduce Alcide da parte. Secondo il suo cenno il Bivio si transforma in una maestosa reggia della Virtù ornata delle statue che incarnano vari vizi (la superbia, l'ipocrisia, l'invidia) e virtù. In fondo alla scena e ai lati cisono i bassorilievi con rappresentazione delle future imprese d'Alcide. Gli atteggiamenti e le danze di Eroi, Eroine e Geni, seguaci della Virtù, esprimono una serena tranquillità.

Scena IV

18. Coro

Se bramate esser felici,

alme belle è in questa schiera

l'innocente, la sincera,

la fedel felicità.

Quel piacer fra noi si gode,

che contenta e non offende,

che resiste alle vicende

della sorte e della età.

Qui la sferza del rimorso,

qui l'insulto del timore,

qui l'acusa del rosore.

Come affligga il cor non sa.

Quando Alcide si alza con impeto dal suo sedile, il coro tace, la tanza si cessa. Aretea cerca di trattenerlo.

Scena V

19. Recitativo d'Aretea e d'Alcide

Aretea: Dove, Alcide?

Alcide: A mischiarmi fra quella schiera illustre.

Aretea: Aspetta, e al ciglio non fidarti così. Questi non sono che apparenze istruttive, onde tu possa deliberar di nulla ignaro.

Alcide: Ormai sono istrutto abbastanza, a seguir l'orme tue pronto son io.

Aretea: Sei pronto?

Alcide: Ah! Si.

Aretea: Dunque eseguisci, addio.

20. Aria d'Aretea

Tu vedrai che virtù non paventa,

l'onda lenta del pallido Lete.

E che indarno d'invidie segrete

la circonda l'instabile età.

Che sicura fra tanti nemici

si rinforza nel duro cimento,

come al soffio di torbido vento,

vasto incendio più grande sifa.

Aretea parte e si dilegua l'apparenza della sua reggia. Alcide di nuovo è al Bivio.

Scena VI

21. Recitativo d'Alcide

Oh, dio! Già dalmio sguardo si dilegua la fortunata Reggia, che mai risolverò l'usato ardire. Ohime, perchè mi lasci in abbandono? Parto, resto. Che fò? Confuso io sono.

22. Aria d'Alcide

Dove ando? Son desto.

O sono queste i dee sognate errori!

Bella dea, che m'innamori,

perchè fuggi oh, dio, da me?

Ah! Lasciato in abbandono

dal mio solo astro sereno,

dubbio il cor mi gela in seno,

mi vacilla incerto il piè.

Dopo la replica della prima parte dell'aria Alcide prende posto fra le due strade.

Scena VII

23. Recitativo di Fronimo e d'Alcide

Fronimo: Come! Ozioso Alcide così riposa ancor fra queste piante!

Alcide: Ah! Caro Padre, ah guante immagini diverse, opposti inviti... sappi...

Fronimo: Tutto già so. Ma tu fratando di notizie sì belle perchè ancor differisci a far buon uso? Forse timido sei?

Alcide: No, son confuso.

Fronimo: Ah! Sciogliti da questo neghittoso stupore. Hai già d'intorno gl'inviti del piacere, avrai frapoco dela vigile invidia gl'insulti a perti, e le nascoste frodi da combattere ancor. Se vincer vuoi, opera alfine. Assai pensasti, e assai t'insegnò la mia scuola, che il tempo fugge, e le vittorie invola.

24. Aria di Fronimo

Come rapida si vede

onda in fiume, in aria strale,

fugge il tempo e mai non riede

per le vie che già passò.

E a chi perde il buon momento,

che gli offerse il tempo amico,

è castigo il pentimento,

che fuggendo ei gli lasciò.

Scena VIII

25. Recitativo d'Alcide

Oh! Quale a quei pungenti rimproveri paterni intollerante brama d'onore il cor m'infiamma! Andiamo, è tempo d'eseguir. La vostra aita. Ora, oh dei, non negate a chi v'imita.

Da due parti della scena appaiono Geni. Geni della Virtù portano diversi arnesi scientifici e militari, quelli del Piacere vari oggetti di lusso. Nel pronunciare l'ultimo verso Alcide accompagnato dai Geni della Virtù si reca alla strada rocciosa. Geni del Piacere gli impediscono il passo. Alcide tenta di superare l'ostacolo. Geni spariscono, fra i lampi e lo strepito delle saette la scena si riempie di larve e di mostri.

26. Ariososo d'Alcide

Stelle! Ah! Quale improvvisa caligine profonda il sol ricopre!

Che fu? Come in un punto tutto l'orror della tartarea notte qui l'Erebo versò.

Come fra queste dense tenebre e nere i passi regolar?

Folgori ardenti mi stridon d'ogni intorno.

Ovemi volgo? Veggo armate di fiamme orride

schiere di sfingi, d'altre larve e di chimere.

27. Coro

Spiri d'orror in ogni lato.

Stridan pur le fiamme intorno.

E s'ingombri questo giorno

di spavento e di terror.

Alcide:

Fiere larve, deh, cessate!

Per chè il cor mi lacerate

con sí barbaro rigor?

Coro:

Oh, mortale sventurato!

Qual crudel irata sorte

che ti guida all' aspra morte,

nel soggiorno dell' orror.

Alcide:

Ah! Ti ravviso, ilvido mostro infame.

Tormento di te stesso, inciampo degli eroi.

No, la minaccia, dei funesti portenti in cui ti fidi,

empio, non basta ad avvilir gli Alcidi.

Servon gl'insulti tuoi di sprone al mio valore.

I tuoi contrasti utili io renderò.

Si, già listessa maligna luce

ad atterrirmi accesa m'apre il cammin.

No. Non sperar ch'io voglia. Se perir si dovesse,

intentate lasciar le vie contese,

bello è'l perir nell'onorate impresse.

Con ultime parole Alcide impugna il brando e, superando i mostri, penetra sulla strada della Virtù. La scena si fa chiara ed egli si trova davanti al tempio della Gloria, verso il quale portano numerosi scalini. Al centro dell'interno si vede la figura del Nume, ai lati dell'esterno le statue della Storia e della Poesia. Di sopra la Gloria con il Tempo incatenato ai suoi piedi. Sulla scena fra le palme e gli allori stanno Eroi, Eroine e Geni della Virtù.

28. Danza delle Furie

Atto terzo

Scena I

29. Coro

Vieni, Alcide al bel soggiorno

destinato alle grand' alme,

e trionfi fra le palme,

il tuo fior di gioventù.

Scena II

30. Recitativo d'Edonide e d'Alcide

Edonide: Ah, soffri, invito Alcide, nell'illustre cammin, che già sciegliesti Edonide compagna.

Alcide: Ed osa in questo sacro della gloria eccelso tempio il passo Edonide introdur?

Edonide: Sì, ma più l'istessa Edonide non è. Regnar pretesi ora ambisco ubbidir. Virtù mi regga, mi raffreni ragion, purchè dal fianco d'Alcide, io non mi scosti. Io teco a parte sarò d'ogni fatica; io, se ti piace, sotto l'elmo guerriero sudar saprò. Le meritate lodi dal mio labbro udirai, del mondo ammirator. Dal labbro mio potrai gl'inni votivi dei popoli ascoltar resi felici. Sol da tuoi benefici e ad ogni impresa, che ordirà la tua mente, in pace, o in campo sarò sempre d'aita, e mai d'inciampo.

31. Aria d'Edonide

Io di mia man la fronte

t'adornerò d'allori,

tergerne i bei sudori

con la mia man saprò.

Piane le vie scoscese,

certe le dubbie imprese,

piacevoli gli affanni

sempre ti renderò.

32. Recitativo d'Alcide e d'Aretea

Alcide: L'odi, Aretea?

Aretea: L'odo, mi piace, e devi quelle offerte accettar.

Alcide: Come! E tu vuoi, che s'abbandoni Alcide del piacer al desio?

Aretea: Del cielo un dono non men, che la raggione, è il desio del piacer. Ma i doni uniti separar non convien. Denno a vicenda secondarsi fra lor. Quella prudente sceglie e misura, anima l'altro, e quindi stimolo han le belle opre soccorso e premio. Ed a gran torto il cielo di tirannia s'accusa, quando il dono è castigo, a chi ne abusa.

33. Coro

Alme belle, fuggite prudenti

quel piacer che produce tormenti.

Alme belle, sofrite costanti,

quei tormenti, onde nasce il piacer

Fine