ADMETO
Re di Tessaglia
Dramma per musica in tre atti HWV 22
Prima rappresentazione: Haymarket Theatre, Londra, 31 gennaio 1727
Rappresentanti: Admeto: Senesino, Alceste: Faustina Bordoni, Ercole: Giuseppe Maria Boschi
Orindo: Anna Dotti, Trasimede: Antonio Baldi, Antigona: Francesca Cuzzoni
Meraspe: Giovanni Battista Palmerini
ADMETO
Venga l'eroe, ma prima dimmi: Trasimede
che fà?
ORINDO
Delira per dipinta bellezza.
ADMETO
Dunque anch'egli è in tormenti?
ORINDO
Al par di te, Signore.
ADMETO
Sai la bella qual sia?
ORINDO
Da vicin mai non vidi l'effigie di colei,
per cui sospira. Sire, Alcide qui giunge.
ADMETO
Il tuo affetto cortese m'incatena, e ad
amarti il cor mi muove. Quando partir
risolvi?
ERCOLE
Al nuovo giorno.
ADMETO
Pria d'uscir dalla Reggia pregoti far di nuovo
a me ritorno.
ERCOLE
E verrò ad avvisarti, ove m'invio.
Brama d'immortal gloria mi punge il cor
più che non fece un guardo della mia Iole,
o di Cupido il dardo.
ADMETO
Ahimè, Regina!
ALCESTE
Sire, mio Re, mio ben, mio sposo!
ADMETO
Oh, duolo tormentoso! Soccorretemi, oh Dei!
ALCESTE
Son i martiri tuoi tormenti miei. Soccorri,
Apoll', soccorri all'acerbe mie pene!
Tu che tra' Numi solo, fisico immortal sei,
sana il mio duolo!
LA STATUA (APOLLO)
Risanarti non puoi, se alcun per te non muore
de' più prossimi tuoi.
ADMETO
Stravagante portento!
ALCESTE
Deh, rallegati, Admeto! Già che per me
la sorte apre alla tua salute il ciel le porte.
ADMETO
Sen' lasci al ciel la cura, e non si tema.
(Si addormenta.)
ORINDO
Perchè il Nume ...
ALCESTE
Ti acqueta! Chiuse ha il Rè le palpebre in
dolce oblio. Vi sarà chi per te morrà, ben mio.
MERASPE
Dà tregua, o Principessa, ai sospiri del
core, a' tuoi lamenti; e desta nel tuo sen
dolce conforto.
ANTIGONA
Meraspe, oh Dio! Il genitore è morto!
MERASPE
Chi contradir può mai ciò che il Ciel vuole?
ANTIGONA
Or procuriamo intanto, per dar qualche
sollievo a' miei tormenti d'introdurci Reggia;
Ma se alcun ti richiede nuova dell'esser mio,
cela il mio trono; dì che tua figlia,
e pastorella sono.
MERASPE
Farò quanto m'imponi; alfin tu spera, che
non sempre fia sorte a noi severa!
ADMETO
Ercole, dal tuo aspetto vienmi in questo momento
raddoppiata la gioia, ed il contento.
VOCE DI DENTRO
Oh barbaro destino!
ORINDO DI DENTRO
Oh caso fiero!
VOCE ED ORINDO
Colpo crudo e severo!
ADMETO
Quali voci son queste? Udisti, Ercole?
ERCOLE
Udii, flebili e meste risuonar alte strida.
ADMETO
Narrami, oh Dio, che di funesto apporti.
ORINDO
Ciò che per gran dolor muta la lingua
raccontarti non può, mira e del pianto
apri le fonti a gli occhi.
(Qui s'apre il proscenio, e si vede presso una
fonte Alceste svenata col ferro nel petto.)
ADMETO
Oh Dei! Che veggio?
ERCOLE
Oh Cieli!
ORINDO
Leggi su questo foglio prima del suo morire
quali note amorose per te scritte lasciò.
ADMETO
Che leggo? Ahi, lasso!
"Adorato Consorte, per dar a te salute a me
dò morte."
Toglietemi da gli occhi così tragico oggetto,
o fidi amici; toglietemi la vita e con essa
involate il mio tormento!
ERCOLE
Deh, ricordati, Admeto, che al dominio
nascesti, e alle corone.
(Si chiude il proscenio.)
ADMETO
Ercole, il mio dolor, fatto tiranno,
sforza l'anima, e il core a tributargli
acerbo pianto e affanno.
ERCOLE
Se Rè tu sei, da invitto domina del tuo cor
l'alto dolore!
ADMETO
Da tua robusta mano sol conforto n'attendo,
invitto Alcide: Tu che il varco chiudesti
all'oceano, tu che col tergo fosti stabile
appoggio alle cadenti sfere, e Teseo liberasti
dal baratro infernal, tu solo puoi dall'Erebo
profondo trarne libera Alceste a mondo.
ERCOLE
Vedi, s'io t'amo, o Sire; voglio per
consolarti scender a Dite, e in quella Reggia
accesa in tal giorno tentar sì dura impresa.
(Parte.)
MERASPE
Dà tregua, oh Principessa, ai sospiri del cor,
a' tuoi lamenti, odi quai lieti avvisi dalla cittade
in questo dì t'apporto.
ANTIGONA
E che nuove son queste?
MERASPE
È sano Admeto, e s'è svenata Alceste.
ANTIGONA
La cagion?
MERASPE
Non l'intesi.
ANTIGONA
Ciò fia ver? Come il sai?
MERASPE
Così per la città parla tutta la gente;
spera, spera, chisà, or che vedovo è il
Re, che col mirarti non ritorni ad amarti.
ANTIGONA
Colà dunque n'andiamo.
MERASPE
Ci vieta il gir più oltre turba di cacciatori,
che vien da quella parte.
ANTIGONA
Ritiriamci in disparte.
MERASPE
Trasimede è costui.
ANTIGONA
Ben lo conobbi.
MERASPE
Di te il principe acceso? Buon mezzo affè
per introdurti in corte.
ANTIGONA
Lascia a me oprar.
MERASPE
T'assista amica sorte.
(Si avanzano.)
TRASIMEDE
Ahimè! Numi! Che miro? Di costei nel
sembiante stupefatto ravviso d'Antigona
l'immago, e il proprio viso.
MERASPE
Va cauta nel celarti.
ANTIGONA
Taci, non dubitar.
TRASIMEDE
Tu, dunque vivi, Antigona, mia vita, sospirato
mio ben, mio cor, mia luce?
ANTIGONA
Che vaneggi, Signor? Non ti conosco: di
questo folto bosco provera abitatrice, figlia
son io di quel pastor, che miri.
TRASIMEDE
Più che le luci affiso,
in quel tuo vago viso ingannato ne resto.
ANTIGONA
Signor, qual tu ti sia?
TRASIMEDE
Prencipe sono.
ANTIGONA
E come tal t'inchino.
TRASIMEDE
Questi ossequi ricuso da te Antigona mia.
Lasso! Che dico! Scusami, pastorella,
io son deluso. Qual è dunque il tuo nome?
ANTIGONA
Rosilda.
TRASIMEDE
E tu?
MERASPE
Fidalbo.
TRASIMEDE
Già che avezza tu sei a trattar con le piante,
se col tuo genitore alla corte verrai,
tu del giardin real l'assunto avrai.
MERASPE
Figlia, non ricusar sì buon partito.
ANTIGONA
Aggradisco l'invito.
TRASIMEDE
(ad uno de' suoi seguaci, il quale parte.)
E tu raccogli in tanto
gli sparsi cacciatori qui d'intorno
chè alla Reggia io ritorno.
MERASPE
Signor, se quindi parti
sarem tosto alla Reggia ad inchinarti.
MERASPE
Non sì tosto lo vidi,
che io conobbi, e ti conobbe ancora.
ANTIGONA
Il ritratto vagheggia,
e somiglianza in me più l'innamora;
ma il crudo Admeto, o Dio! per me vorrei
che così rispondesse a' voti miei.
MERASPE
Spera; la speme nostra è quasi in porto:
Non ti stancar, fa cuore,
dopo gli affanni ancor viene il conforto.
Fine dell'Atto primo
ALCESTE
Alcide, Alcide?
ERCOLE
Alceste?
ALCESTE
Pietà de' miei tormenti.
ERCOLE
Per te discesi in queste soglie ardenti.
Segue la Sinfonia; Ercole discende nella
voragine, percuote con la clava le Furie, che
tormentavano Alceste, le quali impaurite
fuggono a volo per l'aria, e la conduce fuori
dell'inferno, facendola montar seco per le
rupi; si chiude la gola, e poi così
tardamente sparisce.
ALCESTE
Liberator pietoso.
ERCOLE
Regina liberata,
ritorniamo al tuo sposo.
ALCESTE
Dalla morte alla vita io son rinata.
ORINDO
Non t'affligger, o bella,
che servi alle tue voglie
già mille cori avrai; e il primo
ad amarti io sarò.
ANTIGONA
Amarmi? o questo nò!
ORINDO
Sì rigida! perchè?
(Accenna di vezzeggiarla.)
ANTIGONA
Frena la destra audace.
ORINDO
Tanto rigor?
ANTIGONA
Cotanto ardir?
ORINDO
Incolpa la tua beltade.
ANTIGONA
Indegno,
tu cerchi amor, e incontrerai lo sdegno.
ANTIGONA
Signor, grazie ti rendo
de' tuoi regi favori.
TRASIMEDE
Mio bellissimo foco,
tu sei dolce cagion de' miei dolori.
ANTIGONA
A chi parli?
TRASIMEDE
Al mio bene.
ANTIGONA
A quel dipinto?
TRASIMEDE
No, no, a quello che io miro,
Ahi! l'altro è estinto.
ORINDO
Or so, perchè mi sprezza:
Ella ama il Prence, e l'amor mio non cura.
TRASIMEDE
Sì, sì, più che vi miro
(guardando Antigona)
Sospirate vaghezze sì, voi siete,
che l'anima m'ardete:
d'una beltà dipinta,
qual conforto sperar posso al mio duolo?
Vanne Antigona al suolo,
(Getta il ritratto, ed Orindo ascosamente
lo raccoglie, e parte.)
A te, a te mi volgo,
splendor di mie pupille,
bella effigie animata,
cara Antigona amata.
ANTIGONA
Fuggirò col partir la tua follia.
TRASIMEDE
Ferma Antigona mia.
ADMETO
Come l'avesti?
ORINDO
Immerso nel suo duolo,
vanne Antigona al suolo,
ei disse, e la gettò: io non veduto,
la raccolsi, e qui venni.
ADMETO
Assai di lei più vago,
ha il volto suo questa bizzarra immago;
d'Antigona non è, che Trasimede
un tempo già l'effigie sua mi diede.
ORINDO
Forse di qualche bella,
ch'ha d'Antigona in nome egli sarà.
ADMETO
E si sprezza così tanta beltà?
Vanne Orindo, ed osserva,
come facesti, il Prence; e torna,
quando credi saper di lui.
ORINDO
Legge è il commando.
(Parte.)
ADMETO
Dove mi trasportate
Vanità di pensieri!
Ad Alceste tornate,
E col pensier mirate
Tra l'ombre il mio bel sole.
Deh torna o invitta prole
Del Monarca del Ciel;
Tornami, oh Dio!
Alceste il mio tesor,
L'idolo mio.
MERASPE
A lui ti scuopri.
ANTIGONA
Io vado.
(S'inginocchia a' piedi del Re.)
Signor; già che la sorte a me ti guida,
umil qual sono anch'io, bramo inchinarti:
qui nel Real Giardino,
di questi fior la cura a me fu data.
ADMETO
Ergiti, o bella;
approvo in te la scelta.
(La solleva da terra.)
ANTIGONA
Ahi! troppo,
troppo mi onori, o Sire.
(Admeto osserva il ritratto, e poi Antigona.)
TRASIMEDE
Che vedo! tra le braccia
del Re la bella mia!
ADMETO
Dimmi, chi sei?
ANTIGONA
Rosilda m'appello
e figlia son di quel pastore.
(Accennando Meraspe.)
ADMETO
Conosci questa effigie?
ANTIGONA
Sì, mio Signor; la vidi in mano a Trasimede:
Questa è quella, per cui egro d'amor delira;
e d'Antigona morta la perdita fatal piange,
e sospira.
ADMETO
Che parli tu d'Antigona?
ANTIGONA
Racconto quanto so.
ADMETO
La vedesti?
ANTIGONA
Su le Trojane Arene già tempo è,
il piè portai; vidi quella infelice,
e l'ammirai.
ADMETO
Come sai, che di lei sia
Trasimede acceso?
ANTIGONA
Lo sò, perchè sovente Antigona mi chiama,
perchè forse assomiglio a quel ritratto;
e la sua fiamma scopre e il suo tormento.
ADMETO
Che ascolto? Ah Trasimede,
il tuo fallo comprendo,
la tua fiamma discuopro,
e la tua frode intendo.
D'Antigona invaghito
da Troja mi portasti
l'effigie d'altra donna, e m'hai tradito.
ANTIGONA
Nume del ciel, che sento!
TRASIMEDE
L'immago, che poc'anzi al suol gettai
la mia frode ha svelata:
Fatto ben io, che resti al Re involata.
(Parte.)
ADMETO
Se l'aura tu respiri,
degli Elisi beati, Antigona condona
il mio commesso errore:
Al tribunal d'amore non m'accusar d'ingrato
m'ingannò Trasimede.
ANTIGONA
Ah scellerato!
ADMETO
Stimi Antigona morta?
ANTIGONA
In mezzo alle armi
da ferro ostil restò svenata in corte:
ma se viva qui fosse, or che disciolto sei,
seco celebreresti i promessi imenei?
ADMETO
Non so ciò che farei.
(Parte.)
ANTIGONA
Non so ciò che farei?
Dunque sì poco m'amasti, traditor?
MERASPE
O Principessa,
perchè non ti scopristi?
ANTIGONA
Perchè ancor non è tempo.
MERASPE
Forse nociva a te fia la tardanza?
ANTIGONA
In mar d'affanni assorta,
Meraspe, io vedo già la mia speranza.
ALCESTE
Ercole; del mio core
vo' scoprirti gli arcani.
Sappi, che questi arnesi
vestirmi fece gelosia d'amore.
Se il consorte adorai,
tu il vedesti, e lo sai.
Or, che mercè della tua destra invitta
dall'abisso alla luce io son tornata,
vo' scoprir, se nel cor del mio consorte
ver me spento è il suo amor con la mia morte.
ERCOLE
Credimi, che doglioso il tuo fatto deplora,
e il nome tuo và proferendo ogn'ora.
ALCESTE
Se il mi piange dirò,
ch'egli è il primo marito,
che vedovo restando
fra tormentose voglie
s'abbia veduto a lacrimar la moglie.
ERCOLE
Ah, come al tuo apparir, tosto il vedrai,
nascergli d'improviso la gioia al core,
e al mesto labbro il riso.
ALCESTE
Deh; contentati Alcide pria di me,
ricondurti entro la Reggia
ove giunto dirai, che in van per me calcasti
le vie d'abisso, e che non mi trovasti.
ERCOLE
Alla trista novella
l'eccessivo dolor potria svenarlo.
ALCESTE
Sarò presta al soccorso
e a risanarlo.
ERCOLE
Già che così t'aggrada,
parto, Alceste, a servirti.
ALCESTE
Starò poco a servirti.
TRASIMEDE
Incolpa, o bella, incolpa
in te la somiglianza,
che d'Antigona porti,
e non l'offese mie, non i miei torti.
ANTIGONA
Quest'è l'amor, la fede
che ad Antigona serbi?
TRASIMEDE
O rimproveri giusti, o mia mancanza!
Per vana somiglianza
dovrò rendermi infido?
Resta in pace Rosilda, e se t'offesi
di già pentiti i sensi miei son resi.
(I soldati lasciano Antigona, ed ella
si ritira.)
ALCESTE
O caro Admeto! chi è costei,
che ascolto?
ANTIGONA
Amor lo sà, quanto, o mio ben,
t'adoro: Lasciate, ch'io vi baci,
adorate sembianze, ond'io mi moro.
ALCESTE
Costei sopra il ritratto
del Rege mio consorte và
gemendo così per darmi morte.
ANTIGONA
Chi m'osserva?
ALCESTE
Un guerriero
che le tue voci udì.
ANTIGONA
Chi è trafitta d'amor, parla così.
ALCESTE
Resisti, o cor!
Deh, dimmi:
Ami tu quell'aspetto?
ANTIGONA
Io l'amo, è vero,
e se ben mel contese
il destino severo,
spero che un dì la sorte
mel conceda in consorte.
ALCESTE
Questo è troppo! Chi sei?
ANTIGONA
Dell'esser mio non posso
darti notizia alcuna;
sol ti dirò, ch'io sono
uno scherzo del fato e di fortuna.
ALCESTE
E dove abiti?
ANTIGONA
In corte.
ALCESTE
Mai non la vidi.
A' tetti tuoi ritorna.
ANTIGONA
Addio.
ALCESTE
Va in pace; ah no!
Fermati, ascolta, dimmi:
Ami il Tessalo Re?
ANTIGONA
Di lui m'accesi.
ALCESTE
E speri tu di conseguirlo in sposo?
ANTIGONA
Più non mi chieder, no, più dir non oso.
Fine dell'Atto secondo.
ADMETO
Che lagrime son quelle
che col nome d'Antigona confondi?
MERASPE
Questo mio core afflitto,
d'un oltraggiato onore;
la vendetta ti chiede,
o Sire invitto.
Incognita masnada ...
ADMETO
E che mai sia?
MERASPE
Rosilda m'involò.
ORINDO
Io le lor colpe attesto
che le vidi, e lo sò.
MERASPE
Ma! che dico Rosilda?
Antigona è colei, che fu involata;
non permette l'offesa,
ch'io la tenga,
Signor, più a te celata.
ADMETO
Come? Antigona è viva?
MERASPE
È viva, sì.
ADMETO
Oh fortuna, che intendo!
MERASPE
Dopo la gran sconfitta
da Ilio fuggì, e meco qui si trasse;
figlia mia poi si finse,
ed or che il fato t'ha di moglie
privato, la misera sperava, col divenir
tua sposa tra felici contenti
dar tregua a' suoi tormenti.
ADMETO
Destin, che udir mi fai!
Ergiti pure, Orindo;
(Meraspe si leva da terra.)
Vanne con questa scorta
a rintracciar d'Antigona i vestigi
e qui con essa i rei ben tosto apporta.
ORINDO
Deggio pria dirti, o Sire,
ch'è la voce comun, ch'Ercole invitto
sia da Stige tornato.
ADMETO
È solo o accompagnato?
ORINDO
Alcun seco non è.
ADMETO
Vanne, ubbidisci, poi ritorna a me.
(Orindo parte.)
Qual'è tuo nome vero?
MERASPE
Io son Meraspe.
ADMETO
Ben te udii ricordar:
La tua richiesta adempita sarà;
ma in corte resta.
ADMETO
Tra le braccia ti accolgo;
e qual novella d'Alceste mia m'arrechi?
ERCOLE
Tra gli orrori più cechi
dell'impero Tartareo il piè portai;
ma tra quell'ombre invano
Alceste tua cercai.
Fra l'alme a Giove amiche goder
deve gli Elisi, ove il Tonante,
a me negando il passo, non mi permesse
il poter gir più innante.
ADMETO
Cara Antigona mia,
pugnano a tuo favore il ciel,
la sorte e amore.
ERCOLE
Par che nulla si turbi al finto avviso.
ADMETO
Grazie ti rendo, Alcide,
di quanto per me oprasti;
il tuo invitto valor sempre ammirai
e appresso tante illustri
tue famose fatiche anco
aggiungere di più questa potrai.
(Parte.)
ERCOLE
Parte il Re, nè rimiro
segno alcun di tristezza in lui
raccolto; nè pure un sol sospiro
trasse al mio dir, nè si turbò nel volto.
Che vicende son queste?
Ah! con ragion vive gelosa Alceste.
ALCESTE
Labbro vile ed indegno,
ch'a un effigie real tenti accostarti,
io dovrei castigarti;
ma perchè tu rubasti con sacrileghi
baci qualche piccolo raggio
di maestade a questa regia immago;
perciò con cor devoto
venerar a me tocca anche l'indegno
error della tua bocca.
ALCESTE
Temerari, che fate?
A me catene? a me?
ORINDO
Così comanda il Re,
pronto ubbidisci.
ANTIGONA
Impara ad oltraggiarmi
con aspra villania;
si castiga così la tua pazzia.
(Disdegnosa gli toglie di nuovo dalle mani
il ritratto.)
ORINDO
Ferma, signor, che fai?
ERCOLE
E tanto ardire avete
d'incatenar nobil campion sì degno?
ORINDO
Il Re così comanda.
ERCOLE
Olà sciogliete
(I soldati sciogliono Alceste.)
gli empi legami, ed ad Admeto dite,
ch'io rispondo di lui; su via partite.
(Parte Orindo con le guardie.)
ALCESTE
Non mi conobbe Orindo
sotto il guerriero arnese;
ma penetrar non seppi
l'alta cagione, onde prigion me rese.
ERCOLE
Portati, Alceste, in corte,
e stupita vedrai negli affetti mutato
il tuo consorte.
ALCESTE
Come?
ERCOLE
S'io non m'inganno,
temo, che tu gli scuopri
nuovo incendio al cor nato
a tuo danno.
ALCESTE
Questa nuova m'uccide;
o da qual fonte son prodotti
i miei guai?
ERCOLE
Vieni in corte, e il vedrai.
ALCESTE
Ah! con ragione il core
da gelosia crudel vien tormentato;
ma con giusto rigore io schernir la
saprò, Admeto amato.
TRASIMEDE
E come?
MERASPE
Per la corte una voce s'è sparsa
ch'oggi Admeto la prende in sua consorte.
TRASIMEDE
Misero Trasimede!
MERASPE
Ma vedi, ella qui viene:
Meglio da lei sapremo
l'evento del suo fato.
(Antigona entra.)
ANTIGONA
Qui vengo a rivederti, Admeto amato.
MERASPE
Antigona felice e fortunata,
dopo fieri contrasti la tua sorte
crudel s'è al fine placata.
TRASIMEDE
Antigona tu sei?
ANTIGONA
Sì, quella sono.
TRASIMEDE
Concedi a me'l perdono
delle trascorse offese.
ANTIGONA
Odio serbar non so per il germano
dell'idol mio che adoro.
TRASIMEDE
Ed è ver che mi lasci?
Ah cieli, io moro.
ANTIGONA
Prence; deh ti consola;
amo, chi sempre amai; da me t'invola.
TRASIMEDE
Cruda, perfida, ingrata;
così dunque mi lasci? ah! sì, spietata,
tu mi vedrai morir, se non ottengo
quella, ch'io tanto bramo.
ANTIGONA
E che ci posso far? Meraspe;
andiamo.
(Vuol partire.)
MERASPE
Datti pace, signor.
TRASIMEDE
Da me, tu parti?
ANTIGONA
Sì, lo sposo m'attende.
TRASIMEDE
S'egli a me ti contende,
saprà punire il cielo l'oltraggio
ch'ambi fate all'alma amante;
e poi tu mi vedrai spirarti avante.
ALCESTE
Occhi miei che mirate!
ANTIGONA
Sospirato idolo mio.
TRASIMEDE
Più soffrir non poss'io.
ADMETO
Dolce foco gradito.
ALCESTE
Cari vezzi d'amor, gentil marito.
ADMETO, ANTIGONA
Alma mia, dolce ristoro
Io ti stringo/Io t'abbraccio in questo sen.
Dolce e caro è ogni martoro,
Se ritrovo il caro ben.
(Trasimede va per ferire Admeto, ed
incontrandosi con Alceste, ella gli toglie
il ferro di mano; ed egli parte inosservato.)
ALCESTE
Fermati, iniquo.
ADMETO
Ah traditore?
Contro me tanto ardir? Olà!
ADMETO
Sia arrestato costui.
ANTIGONA
Ah scellerato.
(Le guardie circondano Alceste per
condurla via.)
ALCESTE
Dalla Regia presenza
empi non mi togliete.
ADMETO
A me lo conducete.
Che miro, ah ciel!
ALCESTE
Di che stupisci ingrato?
Temi forse infedel, che questa destra
che per darti salute, con un colpo
dal sen l'alma si trasse, contro te
infellonita machinato in tal punto
abbia a tua vita?
ADMETO
Veglio, sogno o vaneggio!
Alceste!
ANTIGONA
Alceste? Oh Dei!
Sua consorte è costui.
ALCESTE
Ombra o Re qui non vengo;
Alceste io sono: Mentii spoglie virili.
ERCOLE
Ed io miei detti.
ALCESTE
Così a fingere teco io lo pregai,
e qui a tempo arrivata di serbarti la vita,
di mano a Trasimede questo ferro involai.
ADMETO
Ah! Dov'è l'empio?
ALCESTE
Fuggì.
TRASIMEDE
No, no, signor, son qui;
castiga pur castiga un mostro
di furore, agitato da amore.
(S'inginocchia.)
ADMETO
Oggi è giorno di gioia,
non si funesti, no,
con l'altrui morte.
(Lo leva da terra.)
Io ti perdono. In me vuol sol la sorte
che rimanga il dolore in tanta gioia.
Antigona, Alceste: Oh cielo! o stelle!
Chi di voi seguirò?
Qual di voi lascierò?
ALCESTE
Antigona è costei! Numi, che ascolto?
ANTIGONA
No, signore; ad Alceste
devi la vita; ad ella io devo ancora
la vita tua, che preservò due volte:
si conservi fra noi salda memoria
d'un atto illustre. Alceste,
cede a un fervido amor, l'amor di gloria.
(Prende Alceste per mano, e la presenta
ad Admeto.)
ALCESTE
Generosa rivale.
ADMETO
Chi vide mai alma più bella in terra?
ANTIGONA
Stringi la sposa Admeto;
indi saper mi basta, che non è amor,
quel che a virtù contrasta.
ALCESTE
La gioia in me si avanza.
TRASIMEDE
Comincia a ravvivarsi in me speranza.
CORO
Se un core è contento
Non sa più bramar.
Nè fa più il tormento
Un alma penar.
Fine.